Nonostante il miglioramento degli ultimi anni, il sistema idrico italiano soffre. Sottoterra spesso corrono tubi vecchissimi e le manutenzioni scarseggiano.
Di tutta l’acqua potabile immessa nei 500 mila km di rete di distribuzione italiana, il 41,4% viene sprecato. L’acqua è una risorsa primaria e va come tale salvaguardata. Ma la “Cosa pubblica” continua a ignorare questo grande problema.
Rete idrica italiana? Un colabrodo
Secondo gli ultimi dati dell’Istat, pubblicati il 22 marzo 2018, considerando tutti i comuni capoluogo, su 2,6 miliardi di metri cubi immessi nelle reti di distribuzione, l’acqua potabile erogata (cioè effettivamente consumata da cittadini e luoghi pubblici come scuole, ospedali, caserme e parchi) dal sistema idrico italiano è stata pari a 1,6 miliardi di metri cubi.
La quantità d’acqua potabile andata perduta nel sistema idrico dei capoluoghi corrisponde al 41% del totale, pari a 3,45 miliardi di metri cubi. In media su cinque litri d’acqua immessi in rete, un litro abbondante non arriva al rubinetto. Tutta questa acqua persa basterebbe per 40 milioni di persone.
Allo spreco di acqua si associa anche lo spreco di energia: nel settore civile per ogni metro cubo di acqua si usano 0,78 kWh per le attività di captazione, adduzione, potabilizzazione e distribuzione contro 0,49 kWh al m3 a livello europeo. Poiché il 41% circa dell’acqua prelevata viene dispersa, ciò significa che stiamo sprecando 3,2 TWh e 550 milioni di euro di risorse finanziarie.
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Tubature senza manutenzione da 30 anni
Il 60% delle infrastrutture è stato messo in posa oltre 30 anni fa (percentuale che sale al 70% nei grandi centri urbani) e il 25% di queste supera i 50 anni (arrivando al 40% nei grandi centri urbani).
La rete idrica italiana è costituita per il 33% di plastica, per il 28% di ferro o acciaio, per il 24% di ghisa e per il 12% di cemento, oltre ad altri materiali utilizzati in modo meno massiccio.
Per queste ragioni sempre più frequentemente qualche tubo si spacca, provocando improvvisi allagamenti e di conseguenza le strade cittadine vengono chiuse al traffico.
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Acqua potabile: Dove si spreca di più
Utilitalia, l’associazione delle imprese idriche, energetiche e ambientali, ha analizzato 54 società che servono oltre 30 milioni di persone scoprendo che il tasso medio di dispersione nelle reti idriche al Nord è del 26%, al Centro al 46% e al Sud al 45%.
Le perdite idriche più elevate sono state registrate a Frosinone (75,4%), Tempio Pausania (68,60%), Potenza (68,8%), Campobasso (67,9%), Cagliari (59,3%), Palermo (54,6%) e Bari (52,3%). Perdite gravose e pari ad almeno il 40% anche nelle città capoluogo di regione Catanzaro (49,2%), Firenze (47,1%), Trieste (46,8%), Roma (44,1%) e Perugia (41,4%).
Le più basse invece a Macerata (8,6%), Mantova (11,6%), Pordenone (11,7%), Monza (12,0%), Foggia (12,9%), Udine (13,7%), Lanusei (13,9%) e Pavia (14,8%), che non superano il 15% di perdite.
I dati delle Regioni sono ancora, se possibile, più drammatiche: in Friuli, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia le perdite superano il 60%.
Inoltre, circa l’11% dei cittadini non è ancora raggiunto dal servizio di depurazione. La conseguenza, oltre alla mole di acqua dispersa, è che l’Italia viene presa di mira dall’Europa, che più volte l’ha sanzionata per i ritardi nell’applicazione delle regole sul trattamento delle acque.
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Quanto serve per mettere a posto la rete?
Secondo la Federazione che riunisce le Aziende che operano nei servizi pubblici dell’acqua ci vogliono 5 miliardi per le opere di manutenzione del sistema idrico italiano.
Oggi il rinnovo della rete idrica procede a un ritmo di 3,8 km l’anno. Di questo passo Utilitalia stima che ci vorranno 250 anni prima di aver ristrutturato le migliaia di km di tubi.
Nella legge di bilancio del 2018 il governo ha approvato il “Piano Invasi” e stanziato 50 milioni annui dal 2018 al 2022. Una parte di questi soldi è destinata proprio agli interventi volti a contrastare le perdite delle reti acquedottistiche.
Ma siamo ancora lontani dal livello ottimale di investimenti (80 euro per abitante), necessario per far fronte alla crisi idrica: in Italia si investe ogni anno in questo campo l’equivalente di 30 euro per abitante, in Germania 80 euro, in Francia 90, nel Regno Unito 100.
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