Sempre ho vissuto a Cuba

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Heberto Padilla è uno dei poeti contemporanei più importanti in lingua castigliana. Per Heberto Padilla, “la poesia deve essere, prima di tutto, comunicazione”.

Il suo libro Fuera del juego (1968) non ottiene l’approvazione del governo castrista e diventa il simbolo dei limiti della libertà di espressione del regime. Padilla cade in disgrazia, le autorità cubane lo costringono a un’autocritica pubblica per attività “conterrevoluzionarie”. Nonostante le proteste internazionali da parte d’intellettuali come Susan Sontag, Julio Cortazar, Jean Paul Sartre e Mario Vargas Llosa, i nostri Alberto Moravia e Federico Fellini, Padilla viene tenuto in carcere per 38 giorni. Costretto a ritrattare pubblicamente per poter ottenere gli arresti domiciliari, scriverà in seguito: “Quando a un uomo mettono davanti quattro mitragliatori e lo minacciano di tagliargli le mani se non ritratta, di solito acconsente, anche perché le sue mani sono necessarie per continuare a scrivere”. Soltanto nel 1980 riesce a emigrare negli Stati Uniti dove muore nel 2000 all’età di 68 anni. Continue Reading

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Fidel Castro: “Ci dovete milioni di dollari per l’embargo”

Fidel Castro

“Scrivere è un modo di essere utile se si considera che la nostra umanità sofferente dovrebbe essere più e meglio educata di fronte all’incredibile ignoranza che ci riguarda tutti, ad accezione degli investigatori che cercano nelle scienze una riposta soddisfacente. È una parola che implica in poche lettere il suo infinito contenuto.

Tutti nella nostra gioventù abbiamo sentito parlare alcune volte di Einstein e, soprattutto dopo lo scoppio del bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki, che misero fine alla crudele guerra scatenata tra Giappone e Stati Uniti. Quando quelle bombe furono lanciate dopo la guerra provocata con l’attacco alla base degli Stati Uniti di Pearl Harbor, l’impero giapponese era già sconfitto.

Gli Stati Uniti, il paese il cui territorio e le cui industrie rimasero estranee alla guerra, divenne quello con la maggior ricchezza e il meglio armato della Terra, di fronte ad un mondo devastato e pieno di morti, feriti e affamati. Insieme l’Unione Sovietica e la Cina avevano perso più di 50 milioni di vite, sommate ad una enorme distruzione materiale.

Quasi tutto l’oro del mondo andò a finire nelle casse degli Stati Uniti. Oggi si stima che la totalità dell’oro come riserva monetaria di questa nazione è di 8.133,5 tonnellate di questo metallo. Tuttavia, facendo a pezzi gli impegni assunti a Bretton Woods, gli Stati Uniti dichiararono unilateralmente che non avrebbero onorato l’obbligo di sostenere l’oncia Troy con il valore in oro della loro carta moneta. Questa misura decretata da Nixon violava gli impegni presi dal presidente Franklin Delano Roosevelt.

Secondo un elevato numero di esperti in questa materia, si crearono così le basi di una crisi che tra gli altri disastri, minaccia di colpire con forza l’economia di questo modello di paese. Nel frattempo, Cuba deve il risarcimento del danno equivalente, che ascendono a molti milioni di dollari, come ha denunciato il nostro paese con argomenti e dati indiscutibili nel corso degli interventi nelle Nazioni Unite.

Com’è stato detto con molta chiarezza dal Partito e dal Governo di Cuba, con la qualità di buona volontà e di pace tra tutti i paesi di questo emisfero e dell’insieme dei popoli che formano la famiglia umana e contribuire così a garantire la sopravvivenza della nostra specie nel modesto spazio che ci corrisponde nell’universo, non smetteremo mai di lottare per la pace e il benessere di tutti gli esseri umani, indipendentemente dal colore della pelle o del paese d’origine di ogni abitante del pianeta, così come per il diritto pieno di tutti di possedere o meno un credo religioso.

L’uguaglianza di tutti i cittadini alla salute, all’educazione, al lavoro, all’alimentazione, la sicurezza, la cultura, la scienza e il benessere, cioè quegli stessi diritti che proclamammo quando iniziammo la nostra lotta, con quelli che emanano dai nostri sogni di giustizia e uguaglianza per gli abitanti del nostro mondo, è quel che auguro a tutti; a coloro che per condividere in tutto o in parte le stesse idee, e idee molto superiori, ma nella stessa direzione, io dico grazie, cari compatrioti”. Fidel Castro Ruz, editoriale pubblicato su Granma, organo ufficiale del partito comunista – Traduzione redazione Mondo alla Rovescia

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Cuba: Vivere con 15 euro al mese arrangiandosi

Cuba salario statale

A Cuba il salario medio è di 471 pesos al mese (20 dollari, 14,7 euro). Ben sotto la soglia di povertà che è fissata ad un dollaro al giorno per i paesi dell’area. I medici, la principale fonte di reddito del Paese in valuta estera, possono guadagnare 30-40 euro, ma molte persone vivono con soli 10 euro al mese. Tutto questo succede nonostante la parziale apertura all’economia di mercato voluta tempo fa dal presidente Raul Castro. La maggior parte dei lavoratori è costretta a ingegnarsi per integrare le proprie entrate e sbarcare il lunario. Ma intanto le disuguaglianze stanno crescendo.

Tutti gli abitanti dell’isola hanno diritto alla libreta, un carnet di prodotti alimentari sovvenzionati, in vendita a prezzi calmierati, che però non permettono di sfamarsi per più di dodici giorni. Le merci sono distribuite da un certo numero di aziende del quartiere (uno per il latte e le uova, un altro per le carne, un altro per il pane, uno più grande per il cibo secco e tutto il resto, dal caffè al petrolio o sigarette). Ogni negozio ha un dipendente che scrive il valore dato alla famiglia.

La libreta prevede una distribuzione mensile strettamente razionata dei componenti essenziali dell’alimentazione e della vita quotidiana: riso, pasta, fagioli, olio, zucchero, sale, un po’ di caffè e di dentifricio, sporadicamente altri prodotti come la polpa di pomodoro e il pollo. La razione di “proteine” consiste in un miscuglio di carne macinata e farina di soia, sufficiente per quattro hamburger al mese. L’unica salvezza e fonte affidabile di proteine sono le dieci uova fornite.

Per cercare di sopravvivere non resta che l’arte di arrangiarsi. C’è chi si dedica al furto e chi acquista al mercato nero ciò di cui ha bisogno. Così, appena possibile, si cerca di accaparrarsi un pesce, rubato o pescato clandestinamente, una maglietta o un pacchetto di detersivo. C’è chi si porta sempre appresso un sacco di plastica per cogliere al volo eventuali opportunità che si presentassero. È possibile perfino che ci si veda proporre delle mele che, per misteriosi motivi legati all’agricoltura pianificata, sono assenti dall’Avana da mesi.

Il mercato nero è alimentato anche dal via libera, dato ai cubani l’anno scorso, di uscire e rientrare liberamente sul suolo nazionale. I vestiti indossati dai cubani vengono spesso dagli Stati Uniti. Chi per esempio vola a Miami, può tornare con un bagaglio di 30 chili. La mercanzia è venduta porta a porta e anche sul posto di lavoro.

Il governo cubano riconosce che i salari bassi sono un problema “generale” sull’isola, ma ha sottolineato che i cubani non pagano i servizi di base come la sanità e l’istruzione. Il presidente cubano Raul Castro continua a ripetere che “i problemi relativi ai salari sono il principale ostacolo per l’aumento della produttività e dell’efficienza in molto campi, causando demotivazione, apatia e disinteresse per il lavoro, con conseguenti effetti nella disciplina del lavoro e nell’esodo dei lavoratori qualificati verso attività più remunerative, ma meno esigenti dal punto di vista professionale, producendo senza dubbio un processo di sottocapitalizzazione della forza del lavoro, cosa che ha colpito i rami industriali basilari, il Ministero della Costruzione e altri, come anche le sempre più negate promozioni verso posizioni direzionali”.

Non potendo ottenere investimenti stranieri significativi, come la ricapitalizzazione dei principali settori produttivi, l’economia cubana continuerà a muoversi in questo circolo vizioso, che chiaramente danneggia contro l’aumento del potere acquisitivo dei salari, il vero problema che colpisce la popolazione oggi.

I lavoratori più fortunati sono quelli del settore turistico o di altri comparti, che lavorano all’estero e inviano denaro in patria alle loro famiglie. Proprio i visitatori stranieri (2,85 milioni nel 2013) sono una fonte di ricchezza per gli abitanti dell’isola, grazie alle mance in valuta forte, il Cuc (Pesos Convertibili) usato dai turisti, che vale 75 centesimi di euro. Ma non tutti hanno contatti con i turisti, non tutti vivono di furti allo stato, Cuba non è solo Havana o grandi città, c’è tutto il resto dove vive il popolo cubano, senza entrate extra.

E pensare che a Cuba nessuno dice che si stava meglio quando si stava peggio, perché quando si stava peggio, negli anni del Periodo especial (1993-2003), era davvero peggio. Oggi tutti hanno un piatto di gongrì (riso e fagioli) la sera, e un tetto sotto il quale andare a buttarsi, ma soprattutto hanno imparato l’arte di arrangiarsi.

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L’uragano Sandy mette in ginocchio l’America del Sud

L’uragano Sandy, la peggiore tempesta del secolo, negli Stati Uniti ha generato panico, distruzione e morte su New York, Atlantic City e molte altre città americane. Tutti parlano dei danni a New York, ma pochi e perlopiù sui social network, raccontano del disastro provocati da Sandy nei Caraibi. L’America del Sud e le isole dell’Oceano Pacifico sono state messe in ginocchio dalla calamità che ha provocato alluvioni e smottamenti, facendo 69 vittime nei Caraibi, 52 ad Haiti, 11 a Cuba, 2 alle Bahamas, 2 nella Repubblica Domenicana e 1 in Giamaica e a Porto Rico. A Cuba migliaia di residenti e turisti sono stati fatti sfollare dalla protezione civile nazionale che ha fatto il possibile per salvaguardare la vita delle persone. Il Paese è rimasto senza elettricità ed acqua per molti giorni. Il Centro Operazioni Emergenza (COE) della Repubblica Dominicana ha informato che l’uragano Sandy ha causato lo sfollamento di 8755 persone e l’isolamento di 77 comunità. Ci sono 11 province in stato massimo di allerta e 10 in stato di allerta medio. Purtroppo le previsioni, secondo il servizio meteorologico dominicano, prevedono forti piogge con raffiche di vento fino a domani. La situazione è difficile. All’area dell’America del Sud già colpita ad agosto dalla tormenta tropicale Isaac che aveva provocato gravi danni all’agricoltura dei paesi, si aggiungono gli ulteriori problemi creati dall’uragano. Tutto questo non fa che aumentare il rischio di epidemie di dangue e colera, già diffuse in un’America tanto povera, in cui centinaia di bambini muoiono a causa di fame e malattie.

Come aiutare i bambini? In America centro-meridionale molte associazioni onlus e no profit lavorano quotidianamente portando aiuto alla popolazione locale con azioni umanitarie e volontariato. Poiché nei paesi dei Caraibi fame e malattie continuano ad essere causa della mortalità infantile, molte di queste onlus operano sul territorio accogliendo bambini in difficoltà, orfani, abbandonati e privi di cure parentali, ai quali garantiscono cure, cibo affetto attraverso le donazioni di chi ha deciso di sostenere un’adozione a distanza.

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