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Energie Alternative: Le turbine mareomotrici, sfruttare il movimento delle maree per generare elettricità

energia mareomotrice

Circa il 70-80% della superficie terrestre è ricoperto da acqua e i 3/4 sono distribuiti tra gli oceani. I combustibili fossili che usiamo tutti i giorni per creare energia presto saranno completamente esauriti.

Perché, dunque, non sfruttarne l’energia prodotta sfruttando gli spostamenti d’acqua causati dalle maree (o energia mareomotrice)? Continue Reading

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Ma il mare non vale una cicca?

Ma il mare non vale una cicca?

Il 3 e 4 agosto, grazie all’iniziativa di Marevivo, saranno distribuiti su oltre 400 spiagge italiane 100 mila posacenere tascabili: un gesto di responsabilità per proteggere i nostri litorali.

Una fila di mozziconi lunga come oltre 83mila auto, che coprono senza soluzione di continuità la distanza Roma-Bologna, sono state raccolte e risparmiate al mare e alla spiaggia con la campagna “Ma il mare non vale una cicca?”, giunta, quest’anno, alla quinta edizione consecutiva. Posare la cicca nel posacenere piuttosto che abbandonarla sulla sabbia è un gesto semplice per risparmiare ai nostri mari anni di inquinamento: basti pensare che vanno da uno a cinque quelli necessari a smaltire un singolo mozzicone di sigaretta. Anche quest’anno saranno 100 mila i posacenere – tascabili, lavabili e riutilizzabili – distribuiti in occasione della quinta edizione della campagna “Ma il mare non vale una cicca?”, promossa da Marevivo, in collaborazione con JT International SA (JTI) e realizzata con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, del Corpo delle Capitanerie di Porto e il supporto del SIB – Sindacato Italiano Balneari. Testimonial dell’edizione di quest’anno Cesare Bocci, l’attore di cinema e teatro, che ha riscosso grande successo nel ruolo di Mimì Augello ne ‘Il Commissario Montalbano’.

I mille volontari, guidati dall’associazione Marevivo, saranno all’opera lungo gli oltre 8 mila Km di coste italiane il weekend del 3 e 4 agosto per sensibilizzare i bagnanti di oltre 400 spiagge italiane. I 100mila posacenere saranno accompagnati da un opuscolo informativo sui tempi di degrado in mare di alcuni oggetti che fanno parte della vita di tutti i giorni, tra cui lattine, accendini, bottiglie di vetro e di plastica. Stimando circa 6 cicche per ogni posacenere, l’iniziativa eviterà che sulla battigia o in acqua finiscano 600.000 filtri al giorno. L’effetto complessivo delle quattro edizioni passate ha portato, infatti, a quasi dieci milioni di cicche risparmiate finora al mare e alla spiaggia (dato ottenuto calcolando un consumo medio di 12,7 sigarette per fumatore – dati Istituto Superiore Sanità). Utilizzare il posacenere portatile per la raccolta di mozziconi vuol dire anche ridurre i fattori di rischio per la sopravvivenza di cetacei, tartarughe, uccelli marini e pesci che popolano i nostri mari, già messi in pericolo dalle migliaia di rifiuti di vario genere abbandonati ogni anno.

In Italia, con un totale di 10,6 milioni di fumatori attivi nel 2012 (Dati ISS 2012), un comportamento attento all’ambiente può generare un effetto positivo a catena: se stimiamo che un fumatore medio usi regolarmente il posacenere, riutilizzandolo una volta svuotato, ben 1,2 milioni di sigarette troverebbero posto ogni giorno tra i rifiuti anziché in spiaggia o per le strade delle città. “Il mare è un elemento fondamentale per la vita dell’uomo. Per questo dobbiamo proteggerlo non solo con serie e costanti politiche di tutela ma anche cercando di promuovere la normalità di piccoli gesti che possono costituire un grande aiuto nella conservazione di un bene così prezioso. Non posso quindi che appoggiare con grande convinzione questa campagna di Marevivo in quanto si pone un obiettivo tanto preciso quanto fondamentale: promuovere nei cittadini comportamenti consapevoli ed ecosostenibili nella gestione e cura del nostro ambiente di vita, qualunque esso sia, mare compreso. Piccole singole azioni per ottenere un grande risultato collettivo”, ha sottolineato il Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando. “Marevivo da sempre porta avanti campagne per promuovere comportamenti sostenibili – spiega Carmen di Penta, direttore generale dell’associazione ambientalista – e ‘Ma il mare non vale una cicca?’ fa proprio questo, cioè ricorda a tutti quanto sia cruciale il ruolo di ciascuno per la tutela dell’ambiente e in particolare del mare. Siamo arrivati ad oltre 400 spiagge coinvolte e riceviamo sempre più richieste di adesione da parte di Comuni, proloco e associazioni sul territorio, formate soprattutto da giovani: per noi è un segnale molto importante. Ad ogni edizione, nonostante migliaia di volontari, di posacenere distribuiti e un impegno crescente, torniamo a chiedere a voce alta: MA IL MARE NON VALE UNA CICCA?” “Tutti dobbiamo assumere comportamenti rispettosi dell’ecosistema e per ottenere questo risultato basta partire dai piccoli gesti quotidiani. Fino ad oggi abbiamo distribuito circa 4 milioni di posacenere tascabili, e intendiamo sviluppare ulteriormente questo programma”, ha dichiarato PierCarlo Alessiani, Presidente e Amministratore Delegato di JT International Italia.

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Il mare un minestrone di immondizia

 

Se fate una passeggiata lungo la spiaggia dopo una tempesta avrete un’idea di quanta spazzatura sta fluttuando in giro per gli oceani del mondo: la sabbia è cosparsa di bottiglie, contenitori di plastica, casse per il pesce, lampadine, flip-flop, brandelli di rete da pesca, legname, sacchetti di plastica, fusti in plastica, imballaggi in polistirolo, scarto di corde, insieme a coni spartitraffico, accendini usa e getta, pneumatici per veicoli, spazzolini da denti e quant’altro. Questi oggetti sono stati casualmente buttati via sia per terra che per mare ed il mare ne diviene il contenitore ideale di accumulo. La scena è la stessa in tutto il mondo. Ma questo potrebbe essere solo graffiare la superficie! Le statistiche sono allarmanti si stima che circa 6,4 milioni di tonnellate di rifiuti fluttuano negli oceani del mondo ogni anno. La stragrande maggioranza proviene da fonti terrestri. Alcuni di questi sono detriti di depurazione che vengono trascinati dai fiumi in mare o dal vento, rifiuti provenienti da  discariche situate sulla costa, altri abbandonati dai vacanzieri incauti e  spensierati che li lasciano sulla spiaggia. L’inquinamento è fatto di dimensioni che non conosciamo bene poiché è difficile arrivare ad una stima accurata della quantità di rifiuti negli oceani costantemente in movimento. Gran parte di essa si degrada molto lentamente.

Bottiglie di plastica e lenze da pesca in nylon sono particolarmente resistenti. Anche se molte materie plastiche si scompongono in frammenti più piccoli, ci vorranno decenni o addirittura secoli (tempi stimati) per farle sparire completamente. Questo perché ora la maggior parte dei rifiuti non è biodegradabile e il suo ostinato rifiuto a decomporsi è incrementato dalla pseudo cultura dell’ “usa e getta”. Il 60 per cento di tutte le plastiche trovate nel 2009 erano usa e getta”: dei “monumenti galleggianti” alla cultura dello spreco.

Circa 260 milioni di tonnellate di plastica vengono prodotte ogni anno, di cui circa il 10 per cento finisce in mare; il 20 per cento di questo è da navi e piattaforme, l’80%, il resto da terra; 46mila pezzi di plastica galleggianti in ogni miglio quadrato di oceano. Un minestrone di immondizia per circa 2.700 chilometri (170 miglia). Da alcuni anni, gli scienziati hanno rivolto sempre più la loro attenzione a ciò che resta dei detriti di plastica. Nel corso del tempo, le plastiche si scompongono in frammenti molto piccoli, noti come “micro-plastiche”: sono state rilevate nelle acque oceaniche, in sabbia e sedimenti dei fondali marini di tutto il mondo. Sia in mare che a terra, l’influsso della luce solare, l’azione delle onde e abrasione meccanica permette di ridurre e degradare gli oggetti in plastica in particelle sempre più piccole. Particelle, tra 20 e 50 micron di diametro, sono più sottili di un capello umano. Una sola bottiglia da un litro produce frammenti abbastanza piccoli da potersi depositare uno per ogni miglio di spiaggia, in tutto il mondo. Le quantità e l’impatto di detriti marini sono significativi e in aumento: la massa di pezzi di plastica è 6 volte superiore a quella dello zooplancton. Hanno una densità inferiore a quella dell’acqua che conduce alla loro galleggiabilità nella superficie del suo strato in cui i contaminanti idrofobi possono essere trovate concentrare fino a 500 volte rispetto all’acqua sottostante. Le micro-plastiche saturano l’acqua e diventando parte tossica dell’ecosistema marino. Le stime relative ai rifiuti in plastica potrebbero essere falsate: la causa principale di questi numeri non corrispondenti a verità potrebbe essere il vento che tende a spingere i rifiuti di plastica sul fondo degli oceani. Una grande presenza di questa tipologia di rifiuti nel fondo marino, a discapito dei numeri che abbiamo attualmente sui rifiuti di plastica in mare. Un grave problema per l’ecosistema che ha anche delle implicazioni tutt’altro che piacevoli sulla catena alimentare.

Tra il 2002 e il 2006 i sacchetti sono risultati il quarto rifiuto più abbondante dopo mozziconi di sigarette e bottiglie. La maggior parte delle plastiche di largo consumo, cioè la frazione che più contribuisce all’inquinamento, tende a galleggiare, ed è negli strati più superficiali che quindi si sono concentrati gli studi, anche perché è lampante il devastante effetto che una semplice busta di plastica può avere sulla fauna marina. Questi materiali cominciano una degradazione chimica e meccanica in grado di ridurli gradualmente alle loro componenti più fondamentali, pronte per l’ingresso nelle reti trofiche. Tranne che per una piccola parte incenerita, ogni pezzetto di plastica fabbricata in tutto il mondo negli ultimi cinquant’anni o giù di lì rimane, intatto o quasi, da qualche parte nell’ambiente . Le plastiche sepolte dove c’è poca acqua, sole, o ossigeno rimarranno intatte a lungo. I ricercatori hanno calcolato che, a seconda dell’influenza del vento sulla zona, la reale quantità di materiale in sospensione può essere addirittura 27 volte superiore nelle zone con venti forti, e nella media totale si stima un difetto di almeno 2 volte e mezzo rispetto al dato reale. Nessuno lo sa, perché “nessuno di plastica” è morto di morte naturale ancora. Un grosso animale senza guinzaglio: in 40 anni aumentato di 100 volte.

Quanti di voi provano una sensazione di benessere alla sola idea del profumo del mare? Eppure il suo profumo e la sua salute iniziano ad essere seriamente compromessi. Pochi sanno dell’entità del grande minestrone che va accumulandosi di anno in anno nei mari di tutto il mondo. Un minestrone galleggiante di plastica grande quasi il doppio degli Stati Uniti, e questo solo nell’Oceano Pacifico. Una massa di rifiuti che galleggia, tenuta insieme dalle correnti sottomarine, che cresce a un ritmo vertiginoso e che costituisce di fatto la più grande discarica del mondo in cui è possibile ritrovare anche materiali risalenti agli anni ’50. Un mostro di plastica assassina composto da quattro principali elementi: polietilene a bassa densità (sacchetti di plastica); polipropilene (tappi di bottiglie); polietilene (bottiglie); polistirolo. Le stime parlano di 300 milioni di tonnellate di plastica vergine realizzate ogni anno. Ebbene, se solo l’1% venisse salvato attraverso una maggiore efficienza e un corretto riciclo, sarebbero già 3 milioni le tonnellate in meno nei nostri mari, che è più o meno la quantità che attualmente galleggia nell’Oceano Pacifico.

(Fonte Wwf)

 

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