Forbes 2016: Bill Gates per la 17esima volta è il più ricco del Mondo

Forbes-uomini più ricchi

Nella classifica stilata dalla rivista americana Forbes, Bill Gates si conferma, per il terzo anno consecutivo, con un patrimonio di 75 miliardi di dollari l’uomo più ricco del mondo. Sale al secondo posto Mr Zara: Amancio Ortega, con 67 miliardi, che supera il re delle telecomunicazioni Carlos Slim, strappandogli la medaglia d’argento. Terzo, con 60,8 miliardi, il guru della finanza Warren Buffett. Mark Zuckerberg entra nella top ten balzando in sesta posizione, preceduto da Jeff Bezos, il fondatore di Amazon.

In Italia lo scettro del più ricco tocca ancora alla signora Maria Franca Fissolo, vedova dell’imprenditore Ferrero di Alba che ha costruito l’impero del cioccolato e inventato la Nutella, che si posiziona al 30esimo posto, con un patrimonio di 22,1 miliardi di dollari. In ascesa anche Del Vecchio, il fondatore di Luxottica risulta 37esimo con un patrimonio di 18,7 miliardi di dollari. Stefano Pessina, tra i protagonisti del settore farmaceutico in veste di ceo di Walgreens Boots Alliance, si piazza 62esimo con 13,4 miliardi di dollari. Al 121esimo posto, Massimiliana Landini Aleotti, a capo del colosso farmaceutico Menarini con un patrimonio di 10,1 miliardi di dollari. Rispettivamente al 188esimo e al 196esimo posto, Silvio Berlusconi (con 6,2 miliardi di partimonio) e Giorgio Armani (con 6,1). Chiudono la classifica italiana Miuccia Prada, moglie dell’aretino Patrizio Bertelli armatore di Luna Rossa, che è 405esima con 4,1 miliardi di dollari, Diego Della Valle che è 1.105esimo con 1,8 miliardi di dollari, mentre Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono al 1.173esimo posto con 1,7 miliardi di dollari.

Curiosità. Nella lista fanno parte 20 proprietari della NBA, 19 della NFL, 10 della NHL e 8 della MLB. Gli USA restano sempre il Paese con il più alto numero di miliardari, segue la Cina, in aumento anche la ricchezza dell’Asia-Pacifico. La trentesima classifica annuale di Forbes include 1.820 miliardari. I Paperoni mondiali contano su una fortuna complessiva di 6.480 miliardi di dollari, 570 miliardi di dollari in meno rispetto al 2015.

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Jeff Bezos, boss di Amazon, è il peggior capo al mondo

Jeff-Bezos-Amazon


Jeff Bezos, numero uno di Amazon, è il peggior capo del mondo. A stabilirlo il voto di oltre 20 mila sindacalisti radunatisi per il congresso mondiale dei sindacati (Ituc-Csi) di Berlino. “Jeff Bezos rappresenta il peggior esempio dei datori di lavoro che stanno promuovendo il modello di business americano. Il nostro messaggio alle multinazionali è che la devono smettere di maltrattare i propri dipendenti”, ha detto Sharan Burrow segretario generale ITUC. Amazon in Germania, tratta i suoi lavoratori come se fossero dei robot, tra l’altro la società non nasconde che tra qualche anno proprio i droni sostituiranno i lavoratori.

Amazon è accusata di evasione fiscale (milioni di tasse evase in Europa passando per Lussemburgo) e di condizioni di lavoro disumane. Ritmi di lavoro massacranti (120/130 articoli prelevati ogni ora), pause pranzo “nette” di soli sei minuti, perquisizioni personali ad ogni ingresso e uscita dal lavoro, musica hard-rock per far aumentare la produttività, preavvisi scritti di licenziamento se nemmeno la musica hard-rock ha fatto aumentare quella produttività, freddo tenuto costante nei capannoni per tenere ‘reattivi’ i dipendenti, oltre venti chilometri percorsi in ogni turno. Questo è lavorare in Amazon.

Tra gli altri candidati per il sondaggio c’erano i nomi di C. Douglas McMillon, amministratore delegato di Wal-Mart, Jamie Dimon di JP Morgan Chase, Loyd Blankfein di Goldman Sachs e Charles Koch delle Koch Industries.

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Io infiltrato dentro Amazon

Amazon

Si infervora il giovane giornalista francese di Le Monde Diplomatique raccontando i suoi tre mesi sotto mentite spoglie. Assunto durante il periodo natalizio come picker in un deposito logistico del colosso americano fondato da Jeff Bezos leader nella vendita on line di libri, articoli di elettronica e quant’altro.

«Volevo fare un’inchiesta sulle condizioni di lavoro dentro Amazon. Ebbene, sono dure e stressanti come racconto nel mio libro. Ma sono perfettamente consapevole di come possano essere simili a quelle di tanti lavoratori in fabbriche tecnologicamente avanzate o in altri settori della logistica. Con mia stessa sorpresa, però, dalla mia esperienza è emerso altro. Ritengo di aver vissuto e lavorato per tre mesi in un avamposto dell’organizzazione sociale del XXI secolo».

Scorrendo le pagine di ““En Amazonie”. Un infiltrato nel “migliore dei mondi”(Kogoi Edizioni), il libro-reportage di Malet che sarà presentato per la prima volta in Italia questo pomeriggio alla Fiera nazionale della piccola e media editoria di Roma, la megamacchina emerge lentamente nella sua inesorabilità.

Perché i ritmi di lavoro massacranti (120/130 articoli prelevati ogni ora), le pause pranzo “nette” di sei minuti, le perquisizioni personali ad ogni ingresso e uscita dal lavoro, la musica hard-rock per far aumentare la produttività, i preavvisi scritti di licenziamento se nemmeno la musica hard-rock ha fatto aumentare quella produttività, il freddo tenuto costante nei capannoni per tenere ‘reattivi’ i dipendenti, gli oltre venti chilometri percorsi in ogni turno, tutto questo e tutto il resto di quello che Malet ha provato sulla sua pelle, come migliaia di lavoratori in tutto il mondo, e ha poi raccontato nel suo libro, non basta a sciogliere il nodo nel quale siamo stretti, non basta a far scorgere la megamacchina.

Il nodo si riassume brutalmente così: il lavoro da una parte, la crisi dall’altra; mille e duecento euro nette al mese da una parte, nulla dall’altra; i circa mille assunti (in ogni impianto) con contratto a tempo indeterminato da una parte, nulla dall’altra.

«In Germania ho conosciuto una donna di 53 anni, rimasta vedova e con i figli a cui badare. La pensione del marito non le bastava e quando ha avuto l’opportunità di lavorare da Amazon non se l’è lasciata scappare. Ma era durissima per lei resistere a quei ritmi, mettersi in competizione con ventenni scattanti che correvano da uno scaffale all’altro. Io – spiega Malet – non voglio che la gente rifiuti il lavoro di Amazon. Quello che spero è che si lotti con i sindacati e con le istituzioni per rendere quel lavoro più sostenibile e giusto».

Nel libro si racconta di «Fabien, assunto con contratto a tempo indeterminato. “Quando lavoravo nei cantieri, non potevo fare progetti, non potevo accontentare i miei figli, erano sempre lavori interinali, piccoli incarichi. Con questo lavoro a tempo indeterminato, ho potuto fare il mutuo per un appartamento” aggiunge modestamente. “Non critico la CGT (il sindacato ndr). Ora abbiamo un comitato aziendale e dei vantaggi che prima non avevamo. Ma, allo stesso tempo, non dimentico che mi pagano lo stipendio alla fine del mese».

Secondo Malet la megamacchina tratteggiata dall’economista e filosofo Serge Latouche molti anni fa come l’intreccio tra ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso si è materializzata nell’organizzazione sociale connaturata in Amazon. Il neopaternalismo che discende dal motto dell’azienda stampigliato su ogni magliettina “Work hard, have fun, make history (lavora sodo, divertiti e fai la storia)”, le serate aziendali al bowling, la cioccolata calda offerta dal clown all’uscita dal lavoro, l’entusiasmo forzato, le grida di gioia e gli applausi con cui viene accolto ogni nuovo assunto, i record di produttività da superare ogni giorno, la difficoltà che hanno tutti i dipendenti a mantenere una vita sociale al di fuori dello stabilimento, tutto converge verso una concezione ideologica del lavoro che riduce progressivamente ma inesorabilmente la dignità del lavoratore.

«È questa la grande novità – conclude Malet -. Non si tratta più di vendita di libri on line , del profitto di Amazon o dei milioni di tasse evase in Europa passando per Lussemburgo e per altri stratagemmi fiscali. Si tratta di un nuovo modello di società che si presenta come severa ma inevitabile, contraddittoria ma, in fondo, divertente».

Non sappiamo se il pessimismo di Malet sia stato scalfito dal sapere che il suo libro è molto venduto soprattutto su Amazon. Lui sorride amaro: «Mossa astuta la loro… A me basta sapere che diversi clienti del sito hanno letto il mio libro e subito dopo mi hanno scritto “il suo è stato l’ultimo libro che ho comprato su Amazon, ho deciso che da oggi tornerò a fare acquisti nella mia libreria di quartiere”».

(Fonte L’Unita)

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Jeff Bezos il Signor Amazon

Jeff Bezos è il fondatore e il Chief Executive Officer di Amazon.com , papà del Kindle e dell’ultima sua creatura il tanto atteso Kindle Fire, scopriamolo in un intervista rilasciata al mensile Wired di Gennaio.

Fire sembra qualcosa in più dell’ennesimo antagonista dell’Ipad.

Si,è vero.Noi abbiamo costruito un media service integrato.L’hardware è un elemento cruciale del servizio,ma è solo una parte.

E costa appena 199 dollari.

Facciamo prodotti di qualità a prezzi competitivi. La nostra azienda è solita operare con bassi margini di guadagno. È nel nostro dna

Per anni, lei ha tessuto le lodi della carta elettronica, l’e-ink, per la lettura,a scapito dei dispositivi retroilluminati. Fire però è retroilluminato. Perché gli utenti di Kindle dovrebbero cambiare?

Dovrebbero comprare entrambi. Quando leggi in forma lunga, non c’è confronto: ci vuole l’e-ink. Che però non va bene per guardare i film; né puoi videogiocare con Android.

Com’ è riuscita Amazon a reinventarsi con tanta coerenza nell’arco degli ultimi 15 anni?

Una delle nostre forze culturali è accettare il fatto che inventare significa anche demolire. È una filosofia non certo amata da una serie di interessi consolidati.

Secondo Eric Schmidt , il presidente di Google, i magnifici quattro in campo tecnologico di oggi sono Apple, Facebook,Google e voi. Anche lei considera Amazon in questi termini?

Queste classifiche sono carine,ma io non avrei escluso Microsoft.Quest’azienda ha realizzato un sacco di cose innovative. Quando vedi una lista come questa ti dovresti chiedere: chi sarebbe entrato in classifica dieci anni fa?E allora rimani con i piedi per terra. Facciamo un salto nel 1980. Lei chi avrebbe predetto fra i magnifici quattro dell’era del personal computer?

L’Ibm.

Giusto. E Intel, Forse. Ma potevamo aggiungere Commodore o Atari. Ogni epoca ha le sue cose spettacolari. È meglio tuttavia che un’azienda non dipenda da oggetti di culto, perché potrebbero non durare. Ci vuole qualcosa di più stabile.

Amazon si è messa a pubblicare libri. Che cosa vi distingue dagli editori tradizionali?

Per cominciare, il prezzo. 9 euro e 99 è il prezzo più alto ragionevole per il cliente.

Alcuni editori non sono d’accordo con lei.

La filosofia di Amazon è pioneristica, e ci piace scompaginare persino la nostra azienda.

Parlando di prezzi,è curiosa la vostra scelta di includere i video streaming nel pacchetto Amazon Prime per Kindle Fire. Perché non li fate pagare a parte? Sono servizi diversi, no?

Ci sono due modi per costruire un’ azienda di successo. Primo, mettercela tutta per convincere i clienti a pagare prezzi alti. Secondo, dare il massimo per permettersi di offrire ai clienti prezzi bassi. Noi siamo gli irriducibili del secondo campo. È complicato ,perché devi eliminare i difetti ed essere molto efficiente. Ma è anche un modo di guardare le cose. Preferiamo avere una base di clienti molto ampia e bassi margini di guadagno, piuttosto che una base ristretta di consumatori e margini più elevati.

Lei ha anche fondato la Blue Origin , una società che si propone di entrare in futuro nel mercato del turismo spaziale. Perché si è buttato in questa iniziativa?

È un impresa in cui sto mettendo tutte le mie energie. Quando avevo cinque anni, vidi in televisione Neil Armstrong passeggiare sulla luna. E così scattò in me la passione per la scienza, la fisica, la matematica, e per le esplorazioni.

E Steve Jobs?Le Manca, suppongo.

Steve è stato un maestro per chiunque sapesse ascoltare, e se ne è andato troppo presto.

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