La disoccupazione è una vera e propria una malattia. Come anime in pena, condannate in un qualche girone dantesco, i disoccupati o i precari vivono in un eterno presente, che se li solleva da ogni responsabilità, è solo per condannarli a un’emarginazione mentale e sentimentale, prima ancora che lavorativa.
Giovani senza lavoro
chiacchierano nei bar
in un eterno presente
che non li lascia andar.
Sono convalescenti
curano questo gran male
che li fa stare svegli
senza mai lavorare.
Di notte sono normali,
dormono come tutti gli altri
anche se i sogni sono vuoti
anche se i sogni sono falsi.
Falsa è la loro vita,
finta, una pantomima
fatta da controfigure,
interrotta da prima.