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Oltre 5 milioni di italiani vivono in zone a rischio alluvioni

Strade invase dall’acqua, campi allagati,, smottamenti, black out.La pioggia, dopo i danni arrecati in Veneto, Liguria, Emilia Romagna, alta Toscana (in particolare le province di La Spezia, Massa e Carrara) sta imperversando nel Centro Italia. Le regioni più colpite oggi dal maltempo sono l’Umbria, la Toscana, il Lazio, minacciate da fiumi in piena e corsi d’acqua esodati.

Frane e alluvioni comportano ogni anno un bilancio pesantissimo per il nostro Paese, sia per le perdite di vite umane che per gli ingenti danni economici. A fronte di ingenti risorse stanziate per il funzionamento della macchina dei soccorsi, per l’alloggiamento e l’assistenza agli sfollati, per supportare e risarcire le attività produttive e i cittadini colpiti e per i primi interventi di urgenza, è evidente l’assoluta necessità di maggiori investimenti in termini di prevenzione, attraverso cui affermare una nuova cultura dell’impiego del suolo che metta al primo posto la sicurezza della collettività e ponga fine a usi speculativi e abusivi del territorio.

Secondo il report redatto dal Ministero dell’Ambiente nel 2008, sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, l’82% del totale. Una fragilità che è particolarmente elevata in regioni come Calabria, Molise, Basilicata, Umbria, Valle d’Aosta e nella Provincia Autonoma di Trento (dove il 100% dei comuni è classificato a rischio), seguite da Marche e Liguria (99%), da Lazio e Toscana (98%). Sebbene in molte regioni la percentuale di comuni interessati dal fenomeno possa essere leggermente inferiore, la dimensione del rischio è comunque preoccupante, come testimonia l’alluvione del 2010 che ha colpito una vasta area del Veneto, regione in cui si registra la percentuale più bassa di comuni interessati da fenomeni di dissesto idrogeologico (pari comunque al 56% del totale) ma in cui evidentemente l’entità del rischio, seppure in aree di estensione più concentrata in alcuni territori, è molto elevata. La superficie delle aree ad alta criticità idrogeologica si estende per 29.517 Kmq, il 9,8% dell’intero territorio nazionale, di cui 12.263 kmq (4,1% del territorio) a rischio alluvioni e 15.738 Kmq (5,2% del territorio) a rischio frana. Oltre 5 milioni di cittadini si trovino ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni. I dati sono contenuti nel rapporto “Ecosistema rischio” fatto da Legambiente insieme alla Protezione Civile.

La stima del numero di cittadini quotidianamente esposti al pericolo di frane e alluvioni testimonia chiaramente come, negli ultimi decenni, l’antropizzazione delle aree a rischio sia stata eccessivamente pesante. Se osserviamo le aree vicino ai fiumi, risulta evidente l’occupazione crescente delle zone di espansione naturale dei corsi d’acqua con abitazioni, insediamenti industriali, produttivi e commerciali e attività agricole e zootecniche. L’urbanizzazione di tutte quelle aree dove il fiume in caso di piena può “allargarsi” liberamente ha rappresentato e rappresenta una delle maggiori criticità del dissesto idrogeologico italiano. Anche gli interventi di difesa idraulica continuano a seguire filosofie tanto vecchie quanto evidentemente inefficaci: in molti casi vengono realizzati argini senza un serio studio sull’impatto che possono portare a valle, vengono cementificati gli alvei e alterate le dinamiche naturali dei fiumi. Soprattutto, troppo spesso le opere di messa in sicurezza si trasformano in alibi per continuare a costruire. 

In 1.121 comuni (l’85% di quelli analizzati in Ecosistema rischio 2011) sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana, e nel 31% dei casi in tali zone sono presenti addirittura interi quartieri. Nel 56% dei comuni campione dell’indagine in aree a rischio sono presenti fabbricati industriali che, in caso di calamità, compartano un grave pericolo oltre che per le vite dei dipendenti, per l’eventualità di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni. Nel 20% dei comuni intervistati sono state costruite in aree a rischio idrogeologico strutture sensibili come scuole e ospedali, e nel 26% dei casi strutture ricettive turistiche o commerciali.

Nonostante l’urbanizzazione delle aree più fragili ed esposte a rischio nel territorio della Penisola sia molto pesante, non si nota purtroppo una seria inversione di tendenza nella gestione del territorio. Complessivamente soltanto il 4% dei comuni italiani intervistati nel rapporto, ha intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni dalle aree esposte a maggiore pericolo e appena nel 2% dei casi si è provveduto a delocalizzare insediamenti o fabbricati industriali.

Le problematiche connesse al rischio idrogeologico non coinvolgono solo i piccoli e medi comuni, ma anche le grandi città e le metropoli. Infatti, tra i capoluoghi di regione e delle due Province autonome, 18 sono considerati a rischio idrogeologico dallo studio del Ministero dell’Ambiente e dell’UPI del 2003 (tutti tranne Venezia, Trieste e Bari).

Questo è il tragico quadro. Una politica di prevenzione è l’unica arma per evitare tragedie. Tutte cose ovvie ma che vengono ricordate solo dopo. Per Simone Andreotti, responsabile Protezione civile di Legambiente, è necessario “cominciare a mettere un freno alla cementificazione” mentre “sulle delocalizzazioni siamo fermi ancora al palo”.

Come riparare l’Italia. Rilanciare l’economia e salvare il territorio con la Blue Economy. Dal dopoguerra spendiamo 5 miliardi di euro all’anno solo per risarcire e riparare i danni dei disastri naturali (alluvioni, frane, terremoti, incendi) e siamo il Paese con più rischi e meno prevenzione del mondo. Il dissesto idrogeologico interessa 6.633 comuni, l’82% del totale, con aree edificate che rischiano di smottare o finire sott’acqua, e negli ultimi tre anni sono triplicati gli eventi estremi e i disastri, dalle Cinque Terre alla Sicilia, in assenza di politiche per la sicurezza che non vanno oltre gli annunci. Eppure si può invertire la rotta, e questo libro ci spiega come. Lanciando la Blue Economy per difenderci dagli effetti dei cambiamenti climatici e prevenire il dissesto, mettere al sicuro ambiente e ciclo dell’acqua.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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