Il consumo di suolo viaggia alla velocità di 4 metri quadrati mangiati ogni secondo, per un totale di 35 ettari al giorno (quasi come 35 campi di calcio), ovvero 250 km quadrati in un biennio. Ogni ettaro di suolo cementificato ci costa dai 36mila ai 55mila euro all’anno.
E il conto da pagare prima o poi arriva, come spiegano i nuovi dati dell’ISPRA con il Rapporto 2016 sul consumo di suolo in Italia: per fronteggiare le conseguenze del consumo di suolo degli ultimi tre anni gli italiani potrebbero pagare dal 2016 in poi oltre 800 milioni di euro. In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 21.100 chilometri quadrati del nostro territorio.
L’Istituto superiore per la protezione ambientale lancia l’allarme: è urgente assicurare un reale contenimento del consumo di suolo, soprattutto nelle aree a rischio idrogeologico o sismico, dando ai Comuni indicazioni chiare e strumenti utili.
In certi comuni medio-piccoli il cemento si è mangiato più della metà del territorio, con casi limite in cui gli spazi verdi sono ridotti a pochi frammenti risparmiati quasi per sbaglio. Il record assoluto va al piccolo comune di Casavatore, in provincia di Napoli, con quasi il 90% di suolo cementificato.
Dal 2012 al 2015 il territorio sigillato è aumentato dello 0,7%, invadendo fiumi e laghi (+0,5%), coste (+0,3%) ed aree protette (+0,3%), avanzando anche in zone a pericolosità sismica (+0,8%), da frana (+0,3%) e idraulica (+0,6%). Nell’anno appena trascorso, 3 regioni superano il 10% di suolo consumato, con il valore percentuale più elevato in Lombardia, Veneto e Campania. In Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia, Piemonte, Toscana, Marche troviamo valori compresi tra il 7 e il 10%. La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta (3%).
Secondo le stime di Eurostat (2016), la quota di territorio con copertura artificiale in Italia è stimata pari al 7,0% del totale, contro il 4,1% della media dell’Unione Europea. L’Italia si colloca al sesto posto dopo Malta (32,6%), Belgio (12,1%), Paesi Bassi (12,3%), Lussemburgo (10,1%) e Germania (7,1%).
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