Gli italiani non si vogliono separare dal contante. Siamo ancora il Paese con il più basso tasso di utilizzo di sistemi di pagamento elettronici.
Ultimi nella Ue per uso di carte e bancomat. Ancora oggi molti esercenti si rifiutano di essere pagati con il Pos.
Italia ultima in Europa sui pagamenti elettronici
Gli italiani pagano in contante. Ogni volta che possono. Usano banconote e monete per l’86% della loro spesa. La media europea di uso di bancomat, carte di credito e altri strumenti è del 74%.
Di contro, invece, nell’uso degli Atm siamo imbattibili: fra i cinque Stati europei definiti “big five” (Germania, Italia, Regno Unito, Francia e Spagna), il nostro è quello con la crescita più elevata nel ricorso agli sportelli. Dal 2006 al 2008, i prelievi in Italia sono aumentati dell’8,9%, passando da 97,6 alla cifra record di 193,6 miliardi di euro.
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Contante circolante in italia
Secondo un’indagine effettuata dall’Osservatorio community cashless society di The European House – Ambrosetti, su 85 economie, in Italia continua ad aumentare il contante in circolazione: tra il 2008 e il 2017 il contante in circolazione in Italia è passato da 127,9 a 197,7 miliardi di euro, con un aumento del 3,8% solo l’anno scorso.
Il risultato è che il rapporto fra denaro contante e Prodotto interno lordo è fra i peggiori d’Europa: nel 2017 ha toccato il record storico dell’11,6%, contro una media Eu del 10,1%.
Inoltre, due terzi degli italiani vanno abitualmente in giro con più di 20 euro in tasca. In Europa lo fa solo il 47% delle persone.
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Meno contante contro l’evasione
Un minore uso del contante avrebbe un impatto significativo per la ripresa e la modernizzazione dl nostro Paese. L’utilizzo di forme di pagamento che lasciano una traccia digitale viene considerato una garanzia contro l’evasione fiscale (132 miliardi l’anno i redditi nascosti), la corruzione e il riciclaggio di denaro sporco.
Secondo le stime dell’osservatorio di Ambrosetti, allineandosi alla media europea dei pagamenti elettronici l’Italia potrebbe fare emergere 40 miliardi di attività “sommerse” e 4 miliardi di euro di gettito Iva.