L’evasione fiscale rappresenta un maxi-affare, per molti irrinunciabile. Secondo un recente rapporto elaborato dall’Ufficio Valutazione Impatto del Senato insieme all’Università Ca’ Foscari di Venezia, sono oltre 132 miliardi l’anno i redditi complessivi evasi in Italia. Per lo Stato si tratta di una perdita di gettito superiore a 38,5 miliardi l’anno.
Un’evasione fiscale da record che, se introdotta nelle casse dello Stato, permetterebbe di coprire per intero la spesa sanitaria pubblica per un anno, o di rendere tutte le case della penisola a prova di terremoti e calamità.
Ma chi sono i più grandi evasori? A evadere di più le tasse sono i lavoratori autonomi, le cosiddette partite Iva, e chi può contare su rendite immobiliari, ossia sugli affitti. Secondo l’Ufficio Valutazione Impatto del Senato, il mancato gettito per lo Stato ammonta a 38,5 miliardi l’anno: 20,9 miliardi di mancato gettito sono legati ai lavoratori autonomi, 14,7 miliardi alle rendite immobiliari, 2,6 miliardi ai dipendenti.
Il dossier parte dal concetto di under reporting. Ovvero la tendenza dei soggetti intervistati a mentire sui propri redditi nelle rilevazioni demoscopiche, sottostimandoli “nel timore che si possano stabilire collegamenti con quanto hanno dichiarato al fisco”.
E se siamo tutti daccordo sul fatto che l’imposizione fiscale nello Stivale sia davvero troppo pesante (un centinaio di voci tra addizionali, imposte, ritenute, tasse e tributi), questo certamente non giustifica i “furbetti”. Chi nel 740 denuncia entrate tra 20 e 26 mila euro, ne nasconde oltre 13 mila. E chi guadagna oltre 75 mila euro l’anno, in realtà supera quota 106 mila.
A proposito di primati negativi, l’Italia è anche il Paese europeo che detiene il record dell’evasione dell’Iva. Il differenziale fra l’Iva dovuta e quella effettivamente pagata sfiora il 30% e ammonta a più di 40 milardi. L’Italia rappresenta quasi un quarto dell’evasione Iva dell’Unione europea, contro il 15,3% della Francia e il 3,9% della Spagna.