Le Lavatrici, un complesso di quattro edifici e oltre 370 appartamenti prefabbricati che dominano la collina di Genova, come molti altri ecomostri made in Italy, rappresentano fedelmente un ventennio molto tetro di questo Paese, caratterizzato da abusivismo, corruzione e degrado. Basti pensare che negli ultimi 20 anni l’Italia ha perso il 15% delle campagne e oltre il 56% delle coste italiane è cementificato. Continue Reading
Liguria
La Liguria del cemento, c’era una volta la vista mare
Liguria, terra di mare, di montagne e di turismo ma anche un territorio che negli anni è stato divorato da colate di cemento, frutto di politiche criminali. Continue Reading
Liguria
È la Liguria terra leggiadra.
Il sasso ardente, l’argilla pulita,
s’avvivano di pampini al sole.
È gigante l’ulivo. A primavera
appar dovunque la mimosa effimera.
Ombra e sole s’alternano
per quelle fondi valli
che si celano al mare,
per le vie lastricate
che vanno in su, fra campi di rose,
pozzi e terre spaccate,
costeggiando poderi e vigne chiuse.
In quell’arida terra il sole striscia
sulle pietre come un serpe.
Il mare in certi giorni
è un giardino fiorito.
Reca messaggi il vento.
Venere torna a nascere
ai soffi del maestrale.
O chiese di Liguria, come navi
disposte a esser varate!
O aperti ai venti e all’onde
liguri cimiteri!
Una rosea tristezza vi colora
quando di sera, simile ad un fiore
che marcisce, la grande luce
si va sfacendo e muore.
Vincenzo Cardarelli, Poesie, 1936
#Genova: Vergognatevi corrotti, criminali e incapaci
Dieci morti nel 1953, quarantaquattro nel 1970 con duemila sfollati, due nel 1992, tre nel 1993, uno nel 2010, sei nel 2011, un altro ieri… Ed avanti così, se non cambia qualcosa, nuovi morti domani, dopodomani, dopodomani l’altro.
Quei fiumi che esplodono perché non ce la fanno a contenere la pioggia. Nella loro “pancia” non c’è più spazio, quello è servito all’uomo per costruire, cementificare, deviare. Un mare di parole affoga anche l’emergenza di queste ore. Genova ha divorato spazio, costruita sul disastro di se stessa. Ma la colpa non è mai di nessuno.
La versione del sindaco Marco Doria, al centro delle polemiche perché mentre cominciava l’inferno era al Teatro Carlo Felice ad assistere all’opera “Una furtiva lacrima” (guarda il caso): “Nessuno ci aveva preavvertito che certe cose avrebbero potuto accadere nella giornata di ieri. Non avendo avuto informazioni in questa direzione, il nostro sforzo è stato quello di affrontare l’emergenza in tempo reale, comportandoci come se ci fosse uno stato di allerta 2 (elevata criticità, il più grave, ndr), anche se non era stato ancora proclamato“. La versione del governatore e cementificatore Claudio Burlando è simile: “Tutta colpa del nostro modello previsioni, è la prima volta che sbaglia. Ieri sera (giovedì, ndr), mentre fino al bollettino delle 18, che indicava un’attenuazione dei fenomeni, realtà e modelli corrispondevano, alle 21 si è verificata una divaricazione tra il modello e quello che è accaduto in realtà“.
Certo come al solito il disastro dell’alluvione di Genova non è colpa dei politici mafiosi e cementificatori di Destra-Sinistra-Centro, ne’ della protezione civile, ne’ del mancato allarme, ne’ dell’Arpal, Parpal, Pipital etc…. la colpa è della pioggia autorigenerante con scappellamento a bomba d’acqua, come Antani senza ombrello…
Ma poi si scopre che dai primi mesi del 2012, e cioè da due anni e mezzo, il settore di Protezione civile ed Emergenze della Regione Liguria, di cui Arpal fa parte, non ha un dirigente responsabile. Nell’ente che “vanta” una sensibile concentrazione di capi, il calcolo parla d’un dirigente ogni 13 dipendenti, a reggere le sorti del dipartimento cruciale, è un “vice”, pur universalmente riconosciuto “capace”: Stefano Vergante.
Ed è in questi anni che la Liguria stava ragionando sulla necessità di modificare in modo strutturale i sistemi di segnalazione dell’emergenza. Chi c’era a governare questo processo? Nessuno. Niente capo, una posizione di fatto vagante dal lontano 2010, quando va in pensione lo storico dirigente Guglielmo De Luigi. A dire la verità un sostituto viene individuato, e nominato, in Maria Luisa Gallinotti, prima nella graduatoria degli aventi diritto al posto. Ma non entra mai in sintonia con il diretto superiore e al primo valzer, inizio 2012, la dirigente finisce a occuparsi di emergenza profughi, pur essendo più titolata a gestire il meteo. Da lì in poi non si fa nulla per dotare la struttura di un nuovo dirigente, mentre un capo ci sarebbe voluto eccome. La Protezione civile regionale e Arpal non diventano quel che dovrebbero diventare, e cioè una sorta di unità di crisi permanente, quasi un team pilota in una delle terre più vulnerabili d’Italia. Ad oggi è invece sottodimensionata e in maniera importante: 20 persone, quando gli omologhi settori di altre regioni hanno ranghi molto più nutriti (quasi sempre oltre le 50unità).
E poi c’è l’assurda storia degli appalti per la messa in sicurezza dei due torrenti: il Fereggiano e il Bisagno. I soldi ci sono, e da tempo, ma i cantieri sono fermi da almeno tre anni, data dell’ultima alluvione. Solo ad agosto sono state avviate le procedure di gara per lo scolmatore di Fereggiano, un appalto da 45 milioni di euro. “Speriamo di aprire i cantieri entro la fine del 2014“, ha dichiarato l’assessore regionale Gianni Crivello. La sicurezza può attendere. È però la vicenda del torrente Bisagno (esondò nel 1822, uccise nel 2011 e sta devastando la città in queste ore) la più assurda e scandalosa, i soldi ci sono (35 milioni di euro) ma i lavori sono bloccati dal Tar. Il grande paradosso è che anche quando finiranno i lavori, scrive Legambiente , “e arriveranno alla Ferrovia, si avrà una capacità di 850 metri cubi d’acqua al secondo (ora è di 5-600), mentre l’alluvione del 2011 ha avuto una portata di 1000 metri cubi al secondo”. Tradotto serviranno a poco.
Non c’è soluzione al ridicolo, ma a parte le supercazzole politiche è responsabile dell’alluvione chi ha governato e chi era all’opposizione in tutti questi anni, chi con la Destra stringe le mani delle vittime e con la Sinistra incassa tangenti, chi ha ricoperto la Liguria di cemento, chi ha approvato progetti di porticcioli, chi a trascurato la pulizia dei rivi, chi stanzia miliardi per grandi opere inutili etc. etc…. Vergognatevi penalmente e moralmente!!
Mafia al pesto
Nemmeno la Liguria può essere definita un’isola felice estranea alla malavita organizzata, in quanto anche qui esistono inquietanti insediamenti delle mafie tradizionali italiane e di mafie straniere. La particolare conformazione geografico-economica della Liguria ha attirato ed attira infatti l’interesse di numerose e variegate realtà criminali, che hanno individuato nella regione un paradiso dove poter riciclare le ingenti ricchezze prodotte dalle attività illecite, una piazza tranquilla dove svolgere con sistematicità le più proficue attività di estorsione ed usura, il tutto all’ombra del paravento legale offerto dal casinò di Sanremo. Non solo: il fatto del tutto precipuo che la regione confini con la Francia ed offra un agile attraversamento del confine, ha consentito fin dagli anni ’70 a molti criminali di colonizzare la Costa Azzurra e di fondare le basi logistiche per la gestione di importanti latitanti sfruttando un rapporto di amicizia con la criminalità marsigliese.
E` noto che l’arrivo a nord di alcuni soggetti organici alle cosche è legato al provvedimento che negli anni ’50 ha mandato al confino alcuni soggetti sospettati o condannati per gravi fatti e comunque inseriti in contesti mafiosi, con la prospettiva di sradicarli dal territorio ove avevano esercitato la loro influenza, e che invece ha determinato all’opposto il radicamento degli stessi nei nuovi luoghi ove si era pensato di isolarli. Inoltre, è altrettanto noto che diverse presenze calabresi e siciliane risalgono alla rinascita economica del Paese nell’immediato secondo dopoguerra, allorchè in tutto il nord si è trasferito un notevole numero di immigrati attirati dall’attività di ricostruzione di strutture ed infrastrutture e dalla possibilità di lavorare nella vicina Francia.
“Le infiltrazioni mafiose sono forse il pericolo maggiore che sta correndo questa regione in questo momento: le organizzazioni criminali hanno scelto una via di estrema prudenza: sono molto silenziose. Sono organizzazioni che non hanno trasferito su questo territorio le fenomenologie mafiose e il comportamento tipico delle regioni di origine: lavorano sotto traccia, sembrano prevalentemente interessate ad acquisire un ruolo nell’economia legale, ad infiltrarsi in essa, a condizionare anche la vita complessiva di questa collettivita`, ad esempio attraverso interessi nel mondo delle istituzioni e una partecipazione ai processi elettorali” ; “le famiglie sono attive su tutto ciò che dà un ritorno economico: questo territorio viene utilizzato soprattutto per il ritorno economico che deriva dalla attività di riciclaggio e di mimetizzazione per la stessa possibilità di svolgere attività imprenditoriali nascondendosi dietro il paravento della legalità”. Prefetto dott. Musolino.
La realtà territoriale ligure, tradizionalmente impermeabile rispetto all’azione di gruppi criminali orientati a praticarvi forme di controllo e di intimidazione, ha conosciuto una presenza criminale riferibile sia a «cosa nostra», attiva con numerose «decine» sparse sul territorio, sia alla ’ndrangheta calabrese, organizzata attraverso «locali» soprattutto a Genova e nel Ponente Ligure.
Con particolare riferimento alla ’ndrangheta, e` stata accertata l’esistenza di almeno quattro locali: Ventimiglia, Genova, Lavagna e Sarzana. Una camera di controllo a Genova ed una camera di compensazione a Ventimiglia.
Più specificatamente, la presenza mafiosa in Liguria può essere descritta come segue.
Il territorio di Genova
L’attività della criminalità organizzata è qui indirizzata per lo più alla conquista silenziosa di spazi di azione sul territorio. L’assetto dell’organizzazione risulta piuttosto variegato e riferibile sostanzialmente alle seguenti componenti:
– un gruppo di vertice riconducibile a Antonio Rampino e al suo contesto familiare, collegato ad altre realtà criminali;
– un gruppo originario di Mammola e riconducibile al clan Macrì, impegnato nella gestione dei videogiochi e nel narcotraffico;
– la fazione dissidente capeggiata da Domenico Gangemi e Savoca Giuseppe, nel cui ambito si collocano anche Pronestì Salvatore, Barbuto Angelo e Barbuto Francesco;
– la figura di Stefanelli Vincenzo, originario di Oppido Mamertina (RC), impegnato autonomamente nel narcotraffico, con i suoi compaesani orbitanti nell’hinterland milanese.
La provincia di Imperia e il Ponente ligure
Per Ponente ligure si intende la provincia di Imperia, con i comuni di Sanremo, Bordighera e Ventimiglia, confinante con la Francia ed, in particolare, con la Costa Azzurra. In queste zone vi è la presenza storica di forme di criminalità organizzata, prevalentemente la ’ndrangheta ed, in passato, anche la camorra. Imperia è la parte più esposta perchè, già dal 1947, è cominciata la colonizzazione criminale, con le famiglie Morabito, Palamara e Martone su Ventimiglia, collegate alle cosche Piromalli e Alvaro-Palamara, i De Marte, Ventre, Marcianò ed Asciutto. Con riferimento alla ’ndrangheta oggi spicca, per importanza, la famiglia Pellegrino, originaria di Seminara (RC), collegata attraverso vincoli familiari con elementi di spicco della criminalità locale e con la cosca calabrese Santaiti-Gioffrè ed, in particolare, con Barillaro Fortunato. Un breve cenno sulla criminalità che prolifera intorno al casinò di Sanremo impone di menzionare la famiglia di Tagliamento Giovanni, già appartenente al clan della camorra Zazza e Cuomo dagli anni ’80.
Il casinò di Sanremo è una società per azioni partecipata dal Comune di Sanremo e dalla Provincia di Imperia, e rappresenta, come i vicini casinò francesi di Mentone e Montecarlo, uno dei frequenti poli di attrazione per le criminalità mafiose che necessitano di reimpiegare i denari derivanti dalle attività illecite. Complesse indagini svolte nel 2009, oltre ad accertare la responsabilità di due croupier che si appropriavano di ingenti somme di denaro simulando sistematicamente un cambio di fiches per un importo di molto superiore a quello reale, hanno evidenziato la sussistenza di complicità negli organismi di controllo interno e nella amministrazione di vertice della casa da gioco. Risulta infatti accertato che, benchè i due croupier avessero violato tutte le procedure, nessuno degli addetti al controllo della sala regia ha mai sollevato alcuna contestazione: ed effettivamente le indagini hanno accertato il coinvolgimento dei direttore dei giochi del casinò, Giovannini, del suo assistente di direzione Roberto Mento e del direttore amministravo Salvatore Caronia. In particolare, il Mento percepiva una percentuale sulle provvigioni riconosciute dal casinò al porteur (procacciatore di giocatori); arrestato e sottoposto a custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere e furto aggravato in relazione alla gestione dei casinò di bordo delle navi da crociera della società di navigazione MSC, il Mento risultava avere rapporti continuo con Giovanni Tagliamento, già appartenente al clan della camorra napoletana Zaza e Cuomo dagli anni Ottanta.
Il Procuratore dott. Cavallone ha definito il Tagliamento «il punto di riferimento per ogni criminale italiano che voglia operare nel settore del narcotraffico. Anche i calabresi, quando intendono operare nella zona di Mentone o Nizza, si appoggiano a Giovanni Tagliamento, che ha assunto una posizione egemone anche da un punto di vista imprenditoriale». Inserito in una pericolosa organizzazione criminale operante in Liguria, e già raggiunto nel 2009 dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale personale e patrimoniale erogata nei suoi confronti dal Tribunale di Imperia, il Tagliamento, in un primo tempo, dagli anni Novanta, si era reso latitante, ma poi nel 2009 è stato arrestato attraverso una rogatoria eseguita con la Francia. La dott.ssa Canepa, in sede di audizione avanti alla Commissione, ha ricordato che il Tagliamento è stato arrestato in seguito ad una indagine molto significativa relativa a speculazioni immobiliari, per le quali lo stesso aveva assunto il ruolo assolutamente defilato del prestanome tipico dei boss, in quanto si era fatto assumere come dipendente di una società francese di costruzioni edili di soggetti calabresi trasferiti a Mentone. La missione eseguita in Liguria ha inoltre esplicitato che strettamente connesso al tema del casinò di Sanremo è quello del gioco legale o illegale, settore che ha destato tale particolare interesse nella criminalità mafiosa, da indurla, come si è visto, a minacciare direttamente alcuni esponenti politici di Bordighera che si erano opposti alla apertura di una sala giochi in un locale di quella città. Sul punto, il Procuratore dott. Cavallone ha infatti riferito che il volume di affari che ruota intorno ad una sala giochi «rimane un grandissimo affare, e ciò ha suscitato il grandissimo interesse della criminalità organizzata; anche se il gioco rimane lecito, il problema è che spesso alcuni soggetti vogliono eliminare gli altri concorrenti ed avere il monopolio esclusivo del settore. La vicenda dei Pellegrino nel Ponente ligure è emblematica di ciò che accade con altre organizzazioni criminali in altre zone nel nostro territorio». Un altro tema importante legato al casinò di Sanremo ed al circuito delle sale gioco, è quello della commissione dei reati di riciclaggio ed usura legata alla necessità di far fronte a perdite di gioco. Il Procuratore dott. Cavallone ha infatti ricordato che «intorno al casinò e alle case da gioco ruotano tutti quei pescecani che sfruttano i momenti di difficoltà di chi non riesce a resistere alla sirena del gioco». Pescecani che trovano così il modo per disfarsi del contante guadagnato illegittimamente (ad esempio dal narcotraffico o da altre attività criminose perpetrate dalla organizzazione criminale), e per farsi promettere in cambio interessi usurari e rilasciare a titolo di promessa di restituzioni cambiali per somme ingenti. Proprio per contenere, se non evitare, la proliferazione di simili personaggi legati a varie forme di criminalità organizzata, presso il casinò di Sanremo è stata collocata di recente una sezione distaccata della Squadra Mobile di Imperia, che valuta, anche se sommariamente, l’affidabilità sociale ed economica dei frequentatori del casinò. D’altra parte, sul territorio ligure sono state rinvenute anche situazioni opposte: vale a dire casi di istituti bancari che hanno rilasciato con estrema facilità credito ad uno o più soggetti e società, sicuri che il credito sarebbe stato onorato: il dott. Cavallone ha riferito trattarsi della Banca di Caraglio del Cuneese e della Riviera dei Fiori, che avrebbe «concesso ad Ingrasciotta Giovanni, legato al boss Matteo Messina Denaro, mutui per centinaia di migliaia di euro praticamente in assenza di qualsiasi garanzia»
Il territorio della provincia del Levante ligure
Di questo territorio fanno parte i Comuni di Lavagna (dove vive da tempo la famiglia ’ndranghetista Nucera, originaria di Condofuri, dedita all’edilizia ed allo smaltimento di rifiuti) e Sarzana (dove vivono le famiglie Romeo-Siviglia, De Masi di Roghudi, Sinopoli e Roccaforte del Greco), cittadine nelle quali l’operazione “Il Crimine” ha individuato due locali di ’ndrangheta, nonchè Chiavari e Sestri Levante. Gli altri reati commessi sono: narcotraffico, racket, gestione illegale dei videopoker, usura e favoreggiamento dei latitanti.
A La Spezia, invece, si registra, da tempo, una capillare azione di penetrazione di «cosa nostra» nelle strutture economiche che ruotano intorno ai cantieri navali.