La storia lunga, complessa e affascinante di una canzone-mito. Le sue tante interpretazioni ed esecuzioni, da una ballata del 500 francese fino ad oggi. Buon 25 Aprile!
A Radio Popolare, la radio che ascolto quando sono in casa, hanno chiesto agli ascoltatori quale canzone rappresentasse meglio il 1995. Uno ha risposto Bella ciao. Ma non per la partigianeria, la montagna, la Resistenza. Così, più morbida: “Ciao bella, come stai? Beh ciao, mi ha fatto piacere rivederti, teniamoci in contatto”. È bella ciao in fondo, mica bella addio. Enrico Deaglio, Bella ciao: diario di un anno che poteva anche andare peggio
Che Bella ciao sia la canzone simbolo della Resistenza e dell’antifascismo, si sa. Come si sa che venne intonata ancora in occasione di lotte e proteste sociali, come quelle operaie e studentesche negli anni dell’autunno caldo e del ’68. Che sia stata tradotta in tutte le lingue esistenti tanto da diventare un universale inno alla libertà. Ma resta sempre il dubbio, il sospetto, che ci si dimentichi di che cosa rappresenti davvero Bella ciao. Che cosa racconti, da dove venga e a chi si rivolga, rischiano di perdersi per strada. Occorre, dunque, rievocarne la memoria perché ne resti vivo il messaggio e si rafforzi il senso del suo peregrinare per il mondo.
Certo, quel titolo e quel ritornello, vogliono dire tante cose: bella può essere riferito alla giovinezza che sfiorisce, oppure a una donna che si deve lasciare perché si è costretti a partire. Alla libertà che si perde quando si incontra un tiranno invasore. Continue Reading