Hart, Nobel 2016: “L’euro? È stato un errore, sin dalla fondazione dell’eurozona”

Sentite cosa dice Oliver Hart, professore di Economia presso l’Università statunitense di Harvard e nuovo premio Nobel per l’Economia. Hart, nato nel Regno Unito nel 1948, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa spagnola Efe, boccia la moneta unica e detta anche la strategia per uscirne. L’exit strategy dalla moneta unica indicata da Hart prevede l’istituzione di “una qualche autorità” per permettere ai governi di riacquisire sovranità monetaria. Dopo Paul Krugman, Joseph Stiglitz, Amartya Sen, Milton Friedman, James Mirrless e Christopher Pissarides, arriva il settimo Nobel critico nei confronti della moneta unica. Continue Reading

Condividi:

Italia al bivio, uscire dall’euro o trattare con la Germania

Il consueto editoriale di Münchau sul Financial Times si concentra sulle implicazioni del NO alla riforma costituzionale. Le sue preoccupazioni, al di là del breve termine, sono per la sopravvivenza dell’euro, che vede legata al verificarsi di condizioni estremamente improbabili allo stato attuale. La sua speranza, in conclusione, è che il nuovo premier italiano trovi il coraggio di una svolta necessaria: affrontare il governo tedesco per costringerlo a un’unione fiscale e politica. L’alternativa è un’uscita dall’euro.
Continue Reading

Condividi:
0

Krugman: “Per uscire dalla crisi la Grecia deve abbandonare l’euro”

Grecia-Euro

Alla luce della vittoria del “no” alla troika in Grecia, P. Krugman sostiene che i veri europeisti dovrebbero esultare. Fortunatamente, si è evitato che le istituzioni europee rovesciassero un altro governo democratico, imponendo politiche che loro stesse ammettono fallite. Come sottolinea il Nobel, l’unica plausibile uscita dalla crisi per la Grecia è un’uscita dall’eurozona, uscita per la quale i maggiori costi – la crisi bancaria e finanziaria – sono ormai stati pagati.

“Domenica l’Europa ha schivato un proiettile. Smentendo molte previsioni, gli elettori greci hanno fortemente sostenuto il rifiuto alle richieste dei creditori da parte del loro governo. E anche i più ardenti sostenitori dell’Unione europea dovrebbero tirare un sospiro di sollievo.

Naturalmente, i creditori non la metterebbero in questo modo. La loro versione dei fatti, ripresa da molti nella stampa finanziaria, è che il fallimento del loro tentativo di costringere la Grecia alla sottomissione è un trionfo dell’irrazionalità e dell’irresponsabilità sui buoni consigli dei tecnocrati.

Ma la campagna di sopraffazione — il tentativo di terrorizzare i greci privando le loro banche di finanziamenti e minacciando il caos generale, il tutto con l’obiettivo quasi dichiarato di disarcionare l’attuale governo di sinistra— è stato un episodio vergognoso per un’Europa che afferma di credere ai principi democratici. Se quella campagna fosse riuscita, si sarebbe stabilito un terribile precedente, anche se i creditori avessero avuto ragione.

Per di più, non ce l’hanno. La verità è che i sedicenti tecnocrati europei sono come medici medievali che insistono nel salassare i loro pazienti — e quando il loro trattamento fa ammalare ancor di più i pazienti, essi chiedono di togliere ancora più sangue. Una vittoria del “Sì” in Grecia avrebbe condannato il paese ad altri anni di sofferenza nell’attuare politiche che non hanno funzionato e addirittura, come dice l’aritmetica, non possono funzionare: l’austerità probabilmente riduce il PIL più velocemente di quanto si riduce il debito, quindi tutta la sofferenza non serve a niente. La schiacciante vittoria del “no” offre almeno una possibilità di una via di fuga da questa trappola.

Ma come gestire questa fuga? C’è un modo per la Grecia di rimanere nell’euro? E questo è in ogni caso auspicabile?

La questione più immediata riguarda le banche greche. Prima del referendum, la Banca Centrale Europea ha tagliato il loro accesso a ulteriori fondi, facendo precipitare il panico e costringendo il governo a imporre la chiusura delle banche e i controlli di capitali. La Banca Centrale deve ora affrontare una scelta difficile: se riprendesse il normale finanziamento sarebbe come ammettere che il congelamento precedente era politico, ma se non lo facesse, in pratica costringerebbe la Grecia ad introdurre una nuova moneta.

In particolare, se il denaro non inizia a scorrere da Francoforte (la sede della Banca centrale), la Grecia non avrà altra scelta se non cominciare a pagare salari e pensioni con i.o.u.s, (in inglese I Owe You, ossia “pagherò”, cambiali NdVdE) che sarebbero de facto una valuta parallela — e che potrebbero presto trasformarsi nella nuova dracma

Supponiamo che, al contrario, la Banca centrale riprenda la normale erogazione dei prestiti, e che la crisi bancaria si risolva. Rimane ancora la questione di come rilanciare la crescita economica.

Durante i negoziati falliti che hanno portato al referendum di domenica, il punto critico centrale era la richiesta della Grecia di una riduzione permanente del debito, per rimuovere le incertezze che gravavano sulla sua economia. La troika — le istituzioni che rappresentano gli interessi dei creditori — ha rifiutato, ma ora sappiamo che un membro della troika, il Fondo Monetario Internazionale, aveva concluso in modo indipendente che il debito della Grecia non può essere ripagato. Cambieranno atteggiamento ora che è fallito il tentativo di deporre la coalizione di sinistra al governo?

Immaginate, per un momento, che la Grecia non avesse mai adottato l’euro, che avesse semplicemente fissato il valore della dracma a quello dell’euro. Cosa suggerirebbero di fare le semplici analisi economiche di base? La risposta, a stragrande maggioranza, sarebbe che dovrebbe svalutare — lasciare scendere il valore della dracma – sia per incoraggiare le esportazioni sia per uscire dal ciclo della deflazione.

Naturalmente, la Grecia non ha più una propria moneta, e molti analisti erano soliti affermare che l’adozione dell’euro era una decisione irreversibile— dopo tutto, ogni accenno di uscita dall’euro avrebbe scatenato una devastante crisi bancaria e una crisi finanziaria. Ma a questo punto la crisi finanziaria c’è già stata, così che i maggiori costi di un’uscita dall’euro sono stati pagati. Perché, allora, non godere dei benefici?

L’uscita greca dall’euro avrebbe lo stesso, grande successo della svalutazione dell’Islanda nel 2008-09, o dell’abbandono dell’Argentina della sua politica un-peso-un-dollaro nel 2001-02? Forse no — ma consideriamo le alternative. A meno che la Grecia non ottenga davvero una grossa cancellazione del debito, e forse anche se la ottenesse, lasciare l’euro offre la sola via di fuga plausibile dal suo incubo economico senza fine.

E cerchiamo di essere chiari: se la Grecia alla fine lascia l’euro, non significa che i greci sono cattivi europei. Il problema del debito della Grecia comporta che ci siano dei creditori irresponsabili tanto quanto dei debitori irresponsabili, e in ogni caso i greci hanno pagato per i peccati del loro governo molte volte. Se non riescono a prosperare all’interno della moneta comune europea, è perché quella moneta comune non offre nessun aiuto ai paesi in difficoltà. La cosa importante ora è fare tutto il necessario per terminare l’emorragia”. Paul Krugman – traduzione vocidallestero

Condividi:
0

Casaleggio: “Se usciamo dall’euro dopo un po’ la lira vale zero”



Un video passato abbastanza inosservato del maggio 2013 e ripubblicato recentemente da scenari economici risulta di fondamentale importanza per capire l’ipocrisia del Movimento a 5 stelle sull’euro: cavalcare a parole i sentimenti popolari contro la moneta unica, ma nei fatti essere contrari all’uscita dall’eurozona. E non è l’opinione di un deputato grillino qualsiasi ma quella del guru, della mente del Movimento: Gianroberto Casaleggio.

Casaleggio nel video spiega a chiare lettere il senso della sua contrarietà all’uscita dalla moneta: “se usciamo dall’euro dopo un po’ la lira vale zero, ammesso che torniamo alla lira”, per Casaleggio infatti la priorità non è la svalutazione competitiva perché “prima bisogna risolvere il problema della corruzione, dell’efficienza, della burocrazia”. Infatti, continua Casaleggio “vi ricordo alla fine degli anni ’80-’90 che non riuscivamo ad andare neanche all’estero, la lira non valeva niente, le vacanze all’estero erano una cosa impossibile, bisogna far sì che il sistema paese diventi competitivo, poi eventualmente si può pensare alla svalutazione competitiva”. Il discorso in sé non è altro che una fotocopia del pensiero del Partito Democratico: bisogna risolvere i problemi (che nessuno nega esistano) in casa nostra, l’Euro non c’entra.

Euroscetticiscmo vero vorrebbe che per riformare il sistema paese sia necessario PRIMA uscire dall’euro in modo da poter creare le condizioni di crescita economica affinché POI si possa riformare il paese. Non si può ridurre la macchina statale se non c’è un mercato che cresce e permette di contenere gli esuberi, non si possono tagliare spese anche inutili se non c’è crescita, non si possono ridurre tasse se non c’è un aumento della produzione industriale.

Questa pietra tombale alle pretese euroscettiche dei grillini non è invece stata pubblicizzata perché il Movimento 5 Stelle intende raccogliere il consenso anti-Euro, ormai maggioritario nel paese, pur volendo rimanere nell’Euro. E a tutti sta bene così.

(Fonte qelsi)

Condividi: