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Torturiamo Renzi

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La Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, ratificata dal nostro paese nel 1988, prevede che ogni stato si adoperi per perseguire penalmente quegli atti di tortura delineati all’art. 1 della Convenzione stessa. Sono passati oltre 26 anni, ma in Italia il reato di tortura continua a essere un miraggio.

“Gentile Presidente, domani ricomincia, alla Camera dei Deputati, l’iter della discussione del testo di legge che dovrebbe introdurre il reato di tortura nel codice penale italiano. Il testo in discussione non è del tutto coincidente con quanto previsto nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Se la Camera lo modificherà ci ritroveremmo in una situazione di “navetta parlamentare” cui abbiamo già assistito tante volte in passato. L’Italia da oltre 26 anni è inadempiente rispetto agli obblighi internazionali assunti e abbiamo bisogno di una legge che non perpetui l’impunità dei torturatori. La tortura è un crimine contro l’umanità e per questo va perseguita esplicitamente. Come ci ha ricordato ieri la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Diaz, in Italia la tortura esiste ed è praticata. Rimandare ancora l’approvazione di questa legge sarebbe imperdonabile, come sempre imperdonabile è derogare alla tutela dei diritti umani. Due anni fa raccogliemmo migliaia di firme nelle piazze italiane mentre un anno fa lanciammo una petizione sulla piattaforma change che raccolse allora 16.000 firme. Nelle ultime ore le firme sono arrivate a oltre 32.000 e sono in costante aumento. Decine di migliaia cittadini che chiedono al Parlamento di approvare questa legge. Inoltre, oltre 1000 persone in 24 ore hanno risposto al nostro appello su twitter, pubblicando (o ritwittando) il seguente testo “#Diaz Dopo la condanna di Strasburgo @matteorenzi si faccia garante dell’approvazione del reato di #tortura! @AntigoneOnlus”. Noi le chiediamo proprio questo, di farsi garante dell’approvazione del reato di tortura. Nello scorso mese di ottobre l’Italia è stata giudicata sulla tenuta dei diritti e delle libertà dalle Nazioni Unite nell’ambito della Revisione Periodica Universale. 186 raccomandazioni sono state mosse al nostro Paese, tra le quali proprio quella di introdurre il reato di tortura. Di queste 186 raccomandazioni, il Governo italiano ne ha accolte 176, inclusa quella sulla tortura. Le chiediamo di fare quanto nelle sue possibilità per raggiungere questo obiettivo, quindi confidiamo in una sua esplicita presa di posizione pubblica.” Patrizio Gonnella, Presidente Associazione Antigone


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La Cina e il grande business della tortura

strumenti di tortura

La tortura può essere un grande business, un business globalizzato. Secondo una ricerca realizzata da Amnesty International e da Omega Research Foundation ci sono almeno 134 imprese cinesi impegnate nella produzione e nel commercio di strumenti intrinsecamente crudeli e inumani che dovrebbero essere messi al bando. Queste società dell’orrore sono in maggior parte di proprietà statale e stanno vivendo un boom nella Repubblica popolare “fabbrica del mondo”. Il rapporto spiega che erano 28 dieci anni fa, si sono più che quadruplicate. “È un business multimiliardario”, spiega Patrick Wilcken di Amnesty International, che ha lavorato per quattro anni al rapporto, “Pechino ha preso la testa nel segmento più orrendo di questo commercio, dalle catene pesanti per il collo che riducono la circolazione del sangue alle sedie per gli interrogatori, quella sorta di attrezzature di polizia considerate clandestine”.

“Oltre 130 aziende, a fronte di sole 28 di un decennio fa, sono attualmente coinvolte nella produzione e nel commercio di strumenti potenzialmente pericolosi destinati al mantenimento dell’ordine pubblico. Alcuni di essi, come i manganelli elettrici, i bastoni acuminati e i congegni serra gambe, sono intrinsecamente crudeli e disumani e dovrebbero essere immediatamente proibiti. Altri strumenti, che potrebbero avere un utilizzo legittimo come i gas lacrimogeni, le pallottole di plastica e i veicoli antisommossa, vengono esportati dalla Cina in paesi dove vi è il rischio concreto che possano essere usati per compiere gravi violazioni dei diritti umani.

“Sempre più aziende cinesi stanno facendo profitti col commercio di strumenti di tortura e di repressione, alimentando le violazioni dei diritti umani a livello mondiale” – ha dichiarato Patrick Wilcken, ricercatore su commercio di materiali di sicurezza e diritti umani. “Questo commercio, che procura immense sofferenze, è in pieno boom poiché le autorità cinesi non fanno nulla per impedire alle aziende di esportare questi disgustosi congegni o per impedire che strumenti destinati ad attività di polizia finiscano nelle mani di noti violatori dei diritti umani”.

Le aziende cinesi, la maggior parte delle quali di proprietà statale, stanno conquistando quote sempre più ampie nel mercato globale degli strumenti per il mantenimento dell’ordine pubblico. La Cina è l’unico paese noto nel mondo per la produzione di bastoni acuminati, con punte di metallo disposte lungo la parte terminale o addirittura su tutta la lunghezza dello strumento. Si tratta di oggetti prodotti per torturare e possono causare sofferenza e dolore gravi.

Sette aziende cinesi pubblicizzano apertamente verso i mercati esteri questi prodotti disumani. Di recente, bastoni acuminati prodotti in Cina sono stati usati dalla polizia della Cambogia ed esportati alle forze di sicurezza di Nepal e Thailandia. Dalle ricerche di Amnesty International e Omega Research Foundation è emerso che 29 aziende cinesi pubblicizzano i bastoni elettrici. Questi strumenti consentono facilmente di applicare scariche elettriche multiple dolorosissime su parti sensibili del corpo come i genitali, la gola, l’inguine o le orecchie senza che, a distanza di tempo, restino segni visibili.

Decine di aziende cinesi producono e commerciano strumenti di costrizione come i congegni serra gambe o le sedie di contenimento. Un’azienda produce congegni che serrano il collo: che possono mettere a rischio la vita delle persone limitando la respirazione, la circolazione del sangue e le comunicazioni nervose tra il cervello e il corpo. Sulla base dei materiali realizzati dalle aziende per promuovere le vendite, è stato possibile concludere che parecchie aziende vendono tali strumenti ad agenzie per il mantenimento dell’ordine pubblico di ogni parte del mondo, comprese quelle note per violare regolarmente i diritti umani.

“Non può esservi alcuna scusa per consentire la produzione e il commercio di strumenti il cui scopo principale è quello di torturare o infliggere trattamenti crudeli, disumani e degradanti, atti efferati totalmente vietati dal diritto internazionale. Le autorità cinesi dovrebbero introdurre il divieto di produrre ed esportare questi strumenti” – ha aggiunto Wilcken.

Un’azienda, la China Xinxing Import / Export Corporation – che pubblicizza strumenti quali congegni serra pollici, sedie di contenimento, pistole elettriche e manganelli elettrici – ha dichiarato nel 2012 di essere in rapporti con oltre 40 paesi africani e che il suo commercio con l’Africa era superiore a 100 milioni di dollari Usa. Amnesty International e Omega Research Foundation hanno rinvenuto prove dell’uso di manganelli elettrici di fabbricazione cinese da parte della polizia in Egitto, Ghana, Madagascar e Senegal.

Le aziende cinesi, inoltre, continuano a esportare strumenti che possono essere considerati legittimi allo scopo di mantenere l’ordine pubblico solo se vengono usati secondo gli standard internazionali e se chi li usa sia adeguatamente addestrato e possa rispondere in pieno del suo comportamento. Purtroppo, il rapporto di Amnesty International e Omega Research Foundation cita casi di esportazioni del genere verso paesi in cui vi è il rischio concreto che l’uso di tali strumenti contribuirà a gravi violazioni dei diritti umani.

Il rapporto cita, ad esempio, una grande fornitura di equipaggiamento antisommossa giunto in Uganda nel febbraio 2011, nonostante il massiccio ricorso alla tortura e ai maltrattamenti da parte della polizia locale. Due mesi dopo, quegli strumenti vennero usati per stroncare le proteste contro l’aumento dei prezzi. Durante la repressione – che provocò almeno nove morti, oltre 100 feriti e 600 arresti – le forze ugandesi utilizzarono veicoli blindati antisommossa di fabbricazione cinese.

Equipaggiamento antisommossa proveniente dalla Cina è stato impiegato anche dalle forze di sicurezza della Repubblica Democratica del Congo per sopprimere le proteste durante le elezioni del 2011, in cui sono state uccise almeno 33 persone e altre 83 sono rimaste ferite. Le esportazioni sono proseguite anche in seguito.

Il rapporto di Amnesty International e Omega Research Foundation denuncia la carenza dei controlli sulle esportazioni, la mancanza di trasparenza e l’assenza della valutazione sulla situazione dei diritti umani nei paesi destinatari delle forniture.

L’imperfetto sistema cinese delle esportazioni ha permesso al commercio di strumenti di tortura e di repressione di espandersi. È urgente che le autorità cinesi rivedano le norme in materia di commercio per porre fine all’irresponsabile trasferimento di equipaggiamento per il mantenimento dell’ordine pubblico che verrà con ogni probabilità usato per violare i diritti umani” – ha sottolineato Wilcken.

La Cina non è da sola a non controllare efficacemente i trasferimenti di equipaggiamento per il mantenimento dell’ordine pubblico. Il commercio mondiale di questi prodotti è soggetto a scarsi controlli e persino laddove le norme sono più evolute, come negli Usa e nell’Unione europea, sono necessari miglioramenti per colmare le lacune esistenti, proprio mentre nuovi prodotti e tecnologie escono sul mercato.

Alla crescita del commercio internazionale della Cina in strumenti di tortura e di repressione si è accompagnata la costante violazione dei diritti umani all’interno del paese. La tortura e i maltrattamenti, così come l’uso arbitrario della forza rimangono diffusi nelle carceri e nella soppressione delle proteste. Amnesty International ha documentato una lunga serie di forme di tortura fisica in Cina, compreso l’uso dei manganelli elettrici.

Un sopravvissuto alla tortura ha dichiarato: “Loro [i poliziotti] mi colpivano col manganello elettrico sul volto, è quella tortura che la polizia chiama “del popcorn”, perché il viso ti si apre e sembra come il popcorn. Fa una puzza terribile, di pelle bruciata”.

Il rapporto, infine, mette in luce l’ampio abuso degli strumenti meccanici di costruzione nei confronti dei detenuti in Cina. Molti di essi hanno denunciato di essere stati bloccati per i polsi e alle anche e sospesi al soffitto o costretti a rimanere per lungo tempo in posizioni dolorose.

Amnesty International e Omega Research Foundation hanno sollecitato le autorità cinesi e quelle di tutti gli altri paesi a:

  • imporre un’immediata moratoria sulla produzione e il commercio di strumenti intrinsecamente atti a violare i diritti umani;
  • sospendere immediatamente o negare le autorizzazioni a esportare altri strumenti per mantenere l’ordine pubblico laddove vi sia il rischio sostanziale che essi verranno utilizzati per commettere o facilitare gravi violazioni dei diritti umani;
  • istituire norme e prassi per controllare l’esportazione di strumenti di polizia e sicurezza che possono essere usati legittimamente ma che si prestano facilmente all’abuso;
  • porre fine alla tortura e ai trattamenti o pene crudeli, disumani e degradanti, così come all’uso della forza arbitraria e indagare su tutte le denunce relative ad atti del genere per poi portare i responsabili di fronte alla giustizia.
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