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Talk show (quasi) morto

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“I dati di ascolto dei talk show confermano in modo inequivocabile la continua e progressiva disaffezione dei telespettatori per questo format. In particolare calano vistosamente gli ascolti dei dibattiti politici, meglio tra politici, spesso del tutto impreparati, incapaci di ascoltare, di non interrompere, di non gridare, di non offendere (persone e logica). Ma, intanto, le tv, tutte, continuano a riempire i palinsesti di talk show, nonostante il calo degli ascolti e della pubblicità. Perché si insiste nel percorrere una strada sbagliata? La spiegazione è semplice. I talk show costano poco. Uno studio, quattro poltrone, un tavolo, un conduttore (pagato), tanti invitati (non pagati) un pubblico generalmente passivo e plaudente, comandato a distanza. Tutto qui. Rapportata alle ore (a volte interminabili!) di trasmissione, la spesa è irrisoria, irrilevante. E in periodo di vacche magre, segnato dal crollo della pubblicità, si ricorre al facile mezzo di riempire i palinsesti con dibattiti, dibattiti,dibattiti non preoccupandosi del fatto che questi programmi fanno registrare ascolti (cioè televisori accesi!) sempre più bassi e quasi insignificanti. Ma non è solo un problema di costi; a ben vedere anche la “qualità” televisiva di moltissimi programmi contribuisce notevolmente all’insuccesso dei talk show. E se i telespettatori “scappano” dai salotti tv, vuol dire che hanno maturità e capacità critica. Un segnale positivo tra i tanti inquietanti e preoccupanti del rapporto tra tv e utenti.”

Questo affermazione di Luca Borgomeo presidente dell’Aiart, l’associazione di telespettatori cattolici, e “quasi” vera. I talk show non se la passano bene, ma le grandi corazzate reggono, in alcuni casi migliorano, chi soffre sono i nuovi programmi di informazione. Vediamo nel dettaglio. Ballarò di Giovanni Floris fa schizzare la malaticcia Rai3 sempre intorno al 14%. Ancora più evidente il balzo di La7 con Servizio Pubblico di Michele Santoro che vanta una media quest’anno di 11,6% (2,46 milioni): il canale veleggia a 3,6 nell’arco di una giornata. Anche Porta a Porta di Bruno Vespa su Rai1 non ha subìto danni né dal riesumato Matrix di Canale 5 né dal probabile logorio (esordì nel ‘96): i telespettatori sono identici al 2012, lo share indica un -0,3%, nulla. Bene Otto e Mezzo di Lilli Gruber: +0,5%. Un paio di punti mancano a Piazzapulita di La7 e Quarto Grado di Rete4. Quinta Colonna di Paolo Del Debbio, su Rete 4, mantiene un 4,6% (1,24 milioni). Il Virus di Nicola Porro su Rai2, che secondo l’azienda poteva ambire al 7-8%, nonostante gli spostamenti in calendario, vede il 4% come un miraggio. Gianluigi Paragone, ex notte fonda di Rai2, s’è trascinato La Gabbia su La7, modesto (non fallimentare) 3,7%. Che tempo che fa di Fabio Fazio, rientrato al fine settimana dopo il pessimo esperimento il lunedì, ha buttato via mezzo milione di italiani: da 11,8% a 10,6.

È ancora presto quindi per celebrare il funerale dei talk show, ma gli italiani stanno incominciando a cambiare canale, finalmente…..

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Il Network di Grillo

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Tra le tante leggende che aleggiano attorno alla figura politica di Beppe Grillo c’è n’è una che andrebbe smontata. Ed è quella che l’ascesa del movimento politico legato al comico genovese, il Movimento 5 Stelle, sia dovuta solo all’utilizzo di Internet e che la sua fortuna elettorale sia nata con un innovativo metodo di comunicazione. Che all’origine del fenomeno ci sia cioè un metodo tutto centrato, come teorizzato da Gianroberto Casaleggio, guru e deus ex machina del movimento, sul web. La genesi del fenomeno Grillo, invece, è differente.

La sua immagine è stata costruita e cementata nel tempo da una vera e propria fabbrica del consenso che è partita certamente dal web, ma ha utilizzato, per il grande salto, soprattutto televisione e carta stampata. Con la creazione, alla fine, di un vero e proprio network ambientale legato e diretto in base a un’unica strategia. Per capire la costruzione di un’opera fortificata nel corso degli anni bisogna ridisegnare il perimetro di quello che sino a ieri eravamo abituati a considerare come un normale network dell’informazione. Partendo dai criteri economici comuni, consideriamo un network di informazione quello che, in maniera diretta o indiretta, fa capo ad un unico soggetto proprietario. Ad esempio: il gruppo l’Espresso, quotato in Borsa, è nelle mani di De Benedetti, News Corp, invece, ha come principale azionista Rupert Murdoch. Questo modello, applicato all’informazione, prevede enormi investimenti, e vista la capitalizzazione corrente rende pressoché impossibile la formazione di nuovi gruppi editoriali di dimensioni adeguate per competere sui mercati.

Il network ambientale. Ma c’è un’altra via per raggiungere lo scopo. Creare una rete tra soggetti affini che si rilanciano i rispettivi contenuti. Senza intrecci azionari diretti o indiretti, se non minimi, senza accordi commerciali che prevedano posizioni di cartello. Il quadro normativo italiano, che considera solo gli aspetti societari e contrattuali, non prevede una simile fattispecie. La legge che regola l’editoria, dunque, mal si concilia con le nuove tecnologie di rete, che sono sempre più integrate tra loro con strumenti non solo interattivi e dinamici (per esempio i social network) ma in cui vi è una partecipazione diretta del pubblico nel fare la notizia (pensiamo allo street journalism o ai blog), che utilizza tutti i sistemi, dallo scritto all’audio al video alle immagini, e soprattutto che li integra, rendendo alle volte complesso definire cosa sia «televisione» da cosa sia giornale in senso tradizionale intesi. Dunque, al di fuori dei sistemi conosciuti e tradizionali, la nostra legge non prevede costrizioni particolari. E se questo è un bene per la capacità di creare network, non è detto che lo sia per la trasparenza del contenuto dell’informazione. Ed è qui che il sistema editoriale che fa riferimento a Grillo e gestito dalla Casaleggio e associati si muove. In compagnia di chi? Del giornale il Fatto Quotidiano e della televisione di Santoro, Servizio Pubblico. Come si costruisce un sistema non tradizionale, «un network ambientale»? Il punto di partenza è la ricerca ed individuazione di un pubblico di riferimento. In Italia non è stato molto difficile. La crisi sistemica della nostra politica, ingigantita da quella economica, ha saldato una base di scontenti che prima di allora era spalmata e senza guida. L’impresa, ovviamente, ha richiesto intelligenza e professionalità, tuttavia alla fine si è catalizzato il malcontento e il pubblico di riferimento è stato trasformato in «base permanente», solida, quantificabile e valorizzabile. Il pubblico è audience, e in questa ottica genera risorse, che servono per rafforzare e finanziare il network. Per la prima volta quel pubblico si è sentito parte integrante di un progetto. L’aggancio al network di Grillo è avvenuto con delle tecniche basilari nel mondo dell’informazione web. Le più diffusa è quella del rilancio dei rispettivi contenuti, in maniera da effettuare un travaso «spontaneo» più o meno fisso di lettori da un portale all’altro. È normale che ciò avvenga ad esempio tra soggetti facenti capo ad uno stesso gruppo editoriale, in maniera dichiarata, come ad esempio la Repubblica, che rilancia su carta e sul web contenuti de l’Espresso o di Radio Capital. Ed in questi casi al lettore è manifesta sia la linea editoriale sia le testate che il gruppo societario-editoriale di riferimento, ed al mercato è noto anche il soggetto che gestisce le inserzioni, siano esse esplicite o quelle editoriali-redazionali. Più complesso se ciò avviene senza questa stessa linea chiara e dichiarata. Naturalmente questo pubblico non deve uscire dal recinto delimitato. E come si fa? I contenuti del blog del comico genovese sono strutturati in modo da non portare traffico diretto all’esterno. Al massimo può generare accessi a siti a lui riconducibili: TzeTze, Cadoinpiedi, Chiarelettere, Movimento 5 Stelle e i social immediatamente riconducibili alla stessa gestione. Per fare questo si usano regole ferree e precise. Ad esempio: in qualsiasi articolo scritto, commento interno, video o altro contenuto, va evitato di pubblicare link esterni al network, e soprattutto va il più possibile evitato anche solo di citare soggetti esterni. Una seconda via riguarda l’indicizzazione dei contenuti. Basta, ad esempio, lasciare intuire che si parli di qualcuno senza citarlo che il sistema di indicizzazione della rete lo escluda dalle parole correlate. Facciamo un esempio: se Grillo scrivesse la parola Berlusconi, la rete darebbe risultati multipli e non sempre diretti al blog di Grillo; allora basta chiamarlo «psico-nano». E così con espressioni come «PDmenoL», che contribuiscono a non cedere traffico a soggetti che in maniera diretta o indiretta sono comunque attigui e limitrofi. Questa rete di siti Internet ha generato un traffico complessivo di circa 3,5 milioni di accessi al giorno. Non sono poca roba. Il parco siti del gruppo l’Espresso (il più grande in Italia) ha accessi per 5 milioni di utenti al giorno. La differenza è che il gruppo ha un bilancio certificato e visibile che ha prodotto nel 2012 21 milioni di utili. Certo De Benedetti ha anche stampa e radio. E Grillo? Il comico genovese ha sempre detto che non ha giornali né televisioni, e che tutto il suo successo sarebbe da attribuire alla sola rete. Numericamente il suo solo blog tre anni fa generava 300mila accessi. Dopo tre anni si è arrivato a un milione e dato che certe cose in rete non avvengono per caso, come in nessuno strumento o canale di comunicazione, cosa è accaduto?

Architettura di rete. La svolta coincide quando le sinergie di contenuto e di traffico si saldano con il Fatto Quotidiano. Basta dare un’occhiata ai dati di traffico di Alexa relativi ai flussi e agli accessi per farsi un’idea. In un primo tempo ciò avviene attraverso una serie di sinergie tra i giornalisti del Fatto, Chiarelettere, Cadoinpiedi, e soprattutto tramite il passaparola sul sito di Grillo. Attraverso questa cementazione di pubblico, anche il sito del giornale viene individuato come riferimento dal pubblico del blog di Grillo, che non solo interviene in maniera massiccia e crescente, ma che condiziona a livello ambientale la stessa linea editoriale, al punto che lo stesso Grillo che non apprezza alcun giornale dirà che «l’unico decente è il Fatto», e del resto l’unico che lo intervista è il vice-direttore Travaglio. Il secondo passaggio è anche più significativo riguarda la trasmissione Servizio Pubblico che prende il via nell’autunno del 2011. La stessa nasce sulle stesse parole d’ordine di partecipazione diretta del pubblico, e per essere megafono della società civile. Ed ha come ospiti stabili proprio i giornalisti del Fatto. Anche qui: basta vedere le tabelle di «Click-stream» dei relativi siti per verificare da chi ricevono traffico e a chi lo cedono. Se volessimo esaminare questo network secondo le logiche dell’azionariato diretto, come siamo abituati a fare per le aziende, sbaglieremo sia metro che parametro. Il vero patrimonio dei nuovi contenitori della comunicazione è il pubblico acquisito e semmai scambiato. Il patto, per competere, non è tanto sociale o parasociale, legato a un controllo preciso (e verrebbe da dire anche trasparente). Il collante delle strategie di rete nel web è la capacità virale di creare audience e accessi, e questa la si misura in altro modo e con gli strumenti adeguati e propri del web. Certo ci sono tuttavia alcuni elementi «old economy». Ad esempio, tra gli azionisti di Servizio Pubblico o, meglio della società che lo realizza, la Zerostudio’s, figura proprio il Fatto Quotidiano con una quota di azioni nominali pari a 45mila euro. Il Fatto è partecipato da Chiarelettere, ed è amministrato da Cinzia Monteverde, che poi guida anche la «tv» di Santoro. Parlare di «tv» nel caso di Santoro non è fuorviante. Servizio Pubblico è identificata come società di produzione televisiva, e non ha concessioni dirette, limitandosi a «noleggiare» la banda da Sky prima e La7 adesso. Ma il sistema è molto border-line che sfrutta al massimo la vacatio legis per cui da un lato non puoi avere una televisione e un quotidiano ma nulla ti impedisce di produrre un contenuto e non «venderlo» a una televisione bensì noleggiare la banda di trasmissione di quella emittente senza che ciò sia incompatibile con la legge. Anche se di fatto questo configura che per almeno due ore a settimana tu sia a tutti gli effetti una televisione.

La massa di Grillo. Dunque è grazie alla televisione e alla sinergia con un quotidiano che il fenomeno Grillo esce dalla rete e diventa «di massa». E ciò riguarda i soggetti, ed ancor più come vengono elaborati e gestiti i contenuti. Se ad esempio il VDay non fosse andato in onda, sarebbe rimasta una manifestazione di piazza, così come tutte le altre che sono seguite. Se ragioniamo in questa ottica possiamo anche scardinare il concetto della non-presenza in tv. Certo, Grillo non va ospite nei talk, ma questo conta in senso negativo o positivo? Se contiamo il minutaggio televisivo in cui Grillo è stato presente nei tg, scopriamo che ha superato quello dei leader, ad esempio del Pd (indagine statistica indipendente di CrossMedia Ltd mediante un controllo a campione di 12 tg e 24 trasmissioni di approfondimento pre elezioni e pre par condicio: Grillo va dal 35% dei tg al 53% negli approfondimenti – alcuni monotematici su di lui). Quanto regge davvero la tesi secondo cui «solo web e niente tv»? Non da ultimo va considerato quanto Grillo usi e riusi i contenuti tv e video, attraverso il proprio blog e soprattutto attraverso un vero e proprio archivio di oltre 4mila contenuti presenti sul suo canale youtube, che se considerassimo i dati dichiarati, ha un pubblico fidelizzato di circa 300mila spettatori e ha avuto uno share di oltre 103milioni di visualizzazioni. Se consideriamo che la tutta la Rai complessivamente arriva a 570milioni e La7 è «ferma» a 46milioni, i conti sono presto fatti. Se però volessimo considerare l’intera architettura di rete, includendo nei numeri di prima, anche il traffico, il pubblico, e le relative interazioni, de Il Fatto Quotidiano e Servizio Pubblico, ci accorgeremo che, complessivamente inteso, il network ambientale raggiunge oltre 5milioni di accessi quotidiani. Per dimostrare questa architettura di rete occorrono dati. Un network di primo livello, solo web, lo si dimostra semplicemente verificando chi materialmente gestisce i siti. Ed in maniera palese sappiamo che la Casaleggio Associati gestisce TzeTze, Cadoinpiedi, Chiarelettere, Beppe-grillo, Movimentocinquestelle, Lacosa, i profili social, tra cui non ultimi il canale Youtube e lo streaming parlamentare… Questo significa, però, anche gestire tutta la macchina di pubblicità diretta (ad esempio le inserzioni «adesense») quella indiretta (ad esempio il merchandising di Grillo, ma anche le affiliazioni come quella con Amazon) ed una terza, mol-to interessante, che riguarda le «campagne dirette», di cui troviamo notizia qui. Anche se dei ricavi e di quanto si incassa, per ora, non abbiamo notizia. Per quanto riguarda invece un network, che potremo chiamare allargato, dobbiamo affidarci un po’ più alla tecnologia ed entrare nel mondo della rete, anche con il lessico e con le relative categorie semantiche. Tutte le attività che abbiamo descritto all’inizio, dal semplice commento ai relink diretti, alle condivisioni social, hanno come obiettivo quello di spostare traffico, e direzionarlo.

Il traffico. Per dimostrarlo ci basta «misurare» il traffico, in termini di provenienza, e in termini di uscita. Utilizzando semplicissime tabelle, espresse in dati percentuali, possiamo facilmente rilevare «da dove» il Blog beppegrillo.it riceva la maggiore percentuale di visitatori. Contemporaneamente possiamo vedere con una tabella parallela «dove vanno» quei visitatori successivamente, ovvero a chi il blog «cede» traffico. Scopriamo ad esempio che moltissimi visitatori «cliccano» sulla pubblicità (unico modo per comprendere tanti click su Google e Amazon in uscita) e possiamo verificare anche che la crescita del sito è essenzialmente data dalla forte attività sui social network. Quanto al resto notiamo come il traffico si muova all’interno del network, mentre certamente prende pubblico, più di quanto non ne restituisca, a repubblica.it e corriere.it. Le stesse tabelle sono state elaborate sugli altri principali siti del network. E questo mostra essenzialmente come si tratti di una strategia unica e precisa e non di una casualità. Facciamo ora un’analisi più profonda. Una sorta di «prova del nove» del fatto che si tratta dello stesso pubblico. Per farlo usiamo le «descrizioni ambientali», ovvero cerchiamo di capire le caratteristiche di chi visita il sito di Grillo e le paragoniamo alla stessa schematizzazione di altri siti di riferimento. Queste tabelle ci mostrano come il pubblico sia lo stesso, sotto ogni punto di vista. Nessun network può dirsi «finito». Non è una questione di non darsi limiti di crescita, ma semplicemente fare i conti con la realtà della competitività sui contenuti, e soprattutto perché maggiore è il pubblico del tuo competitor e maggiori sono i rischi di perdere il terreno acquisito. Se vogliamo avere un’idea, almeno tendenziale, di dove verrà acquisito nuovo pubblico, ci basta vedere la «rilevant list» dei siti che secondo Google e Alexa sono in qualche modo affini alla rete di Grillo: repubblica.it, arsbloggandi.blog.excite.it, unita.it, punto-informatico.it, poliziadistato.it, partitodemocratico.it, lastampa.it, ilsole24ore. com, ilgiornale.it. E quindi non stupisce, ed acquista un senso tecnico preciso, che i contenuti del blog di Grillo (ma anche la linea editoriale de il Fatto o le trasmissioni di Santoro) e le sue posizioni politiche, si spostino su temi come la sicurezza informatica, la legalità in rete, e che vi siano attacchi sistematici alla stampa «canonica». In termini di elettorato chiaramente questo bacino di utenza è nel centrosinistra, e la strategia è quella sin qui vincente, del commento almeno in parte spontaneo a qualsiasi articolo rilevante in termini di letture (indipendentemente dal tema). Strategia ovviamente inimmaginabile in una blogosfera matura, ma perfettamente funzionale in un panorama in cui anche i grandi gruppi editoriali non si dotano di una strategia, e quindi di una struttura, di reazione. Grillo la ha fatto, con stampa e tv.

(Da l’Unità del 22 Maggio 2013)

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Un Governo da approvare, la proposta di Santoro a Grillo e Bersani

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Un governo da approvare è la proposta di Michele Santoro e Servizio Pubblico per un governo istituzionale, che trovi l’appoggio del Partito Democratico e del M5S.

Questa la squadra di governo pubblicata sul sito di Servizio Pubblico:

  • premier Stefano Rodotà. Nato a Cosenza nel 1933, Stefano Rodotà si è laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove attualmente è Professore ordinario di Diritto civile. È stato deputato al Parlamento dal 1979 al 1994, eletto prime nelle liste del PCI (come indipendente di sinistra) e poi in quelle del PDS. È’ presidente dell’Autorità garante per la tutela dei dati personali. Ha tenuto corsi e seminari nelle Università di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo, Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Città del Messico. È inoltre Visiting fellow, presso l’All Souls College dell’Università di Oxford e Professor alla Stanford School of Law, California. È vice-Presidente dell’International Society for Cultural Property; membro del Gruppo di esperti della Commissione dell’Unione Europea per l’etica delle biotecnologie e del Legal Advisory Board for Market Information. Dirige le riviste “Politica del diritto” e “Rivista critica del diritto privato”. Contemporaneamente alla sua attività politica e civile, Stefano Rodotà ha offerto i suoi maggiori contributi teorici in settori come il diritto civile, i diritti individuali e il sistema politico. Negli ultimi anni ha concentrato la sua attenzione sulle libertà e i diritti fondamentali, analizzando le inedite questioni che in questo campo sollevano le innovazioni dell’informatica e della biomedicina;
  • all’Interno Anna Maria Cancellieri. Nata a Roma, 22 ottobre 1943, è un prefetto e funzionario italiano. È Ministro dell’Interno del governo Monti dal 16 novembre 2011;
  • alla Sanità Gino Strada. Nato a Sesto San Giovanni, 21 aprile 1948, è un chirurgo e pacifista italiano, fondatore, assieme alla moglie Teresa Sarti, dell’ONG italiana Emergency;
  • alla Cultura Salvatore Settis. Nato in provincia di Reggio Calabria, 11 giugno del 1941. Conseguita la laurea in Archeologia classica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa nel 1963, prosegue gli studi ottenendo due anni più tardi il diploma di perfezionamento. Lavora come assistente professore nel 1968 presso l’Università di Pisa; l’anno successivo diventa professore incaricato; dal 1976 e fino al 1985 Salvatore Settis è professore ordinario di Archeologia greca e romana. Sempre all’interno dell’Università di Pisa, tra il 1977 e il 1981 ricopre la carica di direttore dell’Istituto di Archeologia e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. A partire dal 1985 diviene docente di Archeologia classica presso la Scuola Normale di Pisa. Negli anni Novanta, dal 1994 al 1999, Settis dirige il “Getty Center for the History of Art and the Humanities” di Los Angeles. Viene eletto direttore della Scuola Normale di Pisa dal 1999 fino al 2010. È inoltre membro del Deutsches Archäologisches Institut, della American Academy of Arts and Sciences, dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Accademia di San Luca, del Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften, dell’Académie Royale de Belgique, dell’Academia Europaea, del Comitato scientifico dell’European Research Council, del Comitato Internazionale per la Salvaguardia della Torre di Pisa, del Consiglio Scientifico dell’Enciclopedia Italiana. Dal 2004 è membro del Comitato dei garanti della Scuola Galileiana di Studi Superiori. In campo culturale e politico, Settis ricopre la carica di presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, quando nel 2008 esplicita il suo pensiero contro la politica di tagli indiscriminati all’Università promossa dal governo Berlusconi; i suoi interventi sulle pagine dei quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, vengono criticati dal neo-ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi: Settis decide così, nel febbraio 2009, di dare le dimissioni. Gli interessi di studio e di ricerca del professor Settis riguardano principalmente la storia dell’arte antica, la storia della tradizione classica e la storia dell’iconografia e dell’arte religiosa europea, dal Medioevo al Seicento;
  • alla Difesa Fabio Mini. Nato l’11 dicembre 1942 a Manfredonia (FG) ed è cresciuto a Pesaro. Diplomato in ragioneria e laureato in Scienze Strategiche, ha conseguito tre corsi di perfezionamento post-laurea di cui due in Scienze Umanistiche presso la “Accademia Agostiniana” dell’Università Lateranense, ed uno in Negoziato Internazionale presso l’Università di Trieste. Completato il corso di studi presso l’’Accademia Militare di Modena nel 1965, ha frequentato la Scuola di Applicazione di Torino ed il Corso di Specialità presso la Scuola d’Arma (Fanteria Meccanizzata). Dal 1975 al 1978 ha frequentato i Corsi di Stato Maggiore presso la Scuola di Guerra, classificandosi primo nella sua classe. Le sue specializzazioni militari includono quelle in missili anti-carro e difesa NBC, Ufficiale addetto alla Pubblica Informazione della NATO, Ispettore CBM per gli Accordi di Stoccolma ed in Operazioni Psicologiche. Ha comandato tutti i livelli di unità meccanizzate, dal Plotone alla Brigata. Il suo ultimo incarico operativo è stato quello di comandante della Brigata “Legnano” durante l’operazione “Vespri Siciliani” contro il crimine organizzato in Sicilia. E’ stato in seguito responsabile della preparazione, addestramento e primo schieramento della Brigata in Somalia. I suoi incarichi di Stato Maggiore comprendono quelli di Ufficiale alle Operazioni (S3) e Difesa NBC presso il 4º Reggimento Corazzato, e di Capo Sezione di Stato Maggiore (G4) presso la Brigata Meccanizzata “Granatieri di Sardegna”. Dal 1979 al 1981 è stato assegnato negli Stati Uniti presso la 4º Divisione di Fanteria a Fort Carson, nel Colorado, dove ha svolto gli incarichi di Ufficiale addetto ai Piani ed Operazioni (G3), Secondo in Comando della Divisione Esercitazioni e Valutazioni (EED) e Capo della Divisione Esercitazioni e Valutazioni/Centro Simulazione Combattimento. Al suo ritorno in Italia ha prestato servizio quale Ufficiale Addetto al Reparto Impiego del Personale dello Stato Maggiore dell’Esercito, Capo dell’Ufficio Studi e Coordinamento dello Stato Maggiore dell’Esercito, Capo dell’Ufficio Pubblica Informazione e Portavoce del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Dal 1993 al 1996 ha svolto l’incarico di Addetto Militare a Pechino, Repubblica Popolare Cinese. Con il grado di Generale di Divisione, ha diretto l’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI). Nel 1999 ha svolto due incarichi concomitanti presso lo Stato Maggiore della Difesa quali Capo dell’Ufficio Generale per le Comunicazioni e la Pubblica Informazione e Capo dell’Ufficio Generale di “Euroformazione”. Ha assunto l’attuale incarico il 31 luglio 2000. A partire dal gennaio 2001, AFSOUTH ha assunto la funzione di Comando Interforze delle Operazioni nei Balcani. Le sue decorazioni comprendono l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (OMRI), la Medaglia al Merito Mauriziana, la Medaglia di Lungo Comando, la “U.S. Army Commendation Medal” e la Medaglia “BA YI” della Repubblica Popolare Cinese. Ha scritto molto su questioni militari, strategiche e geopolitiche. Tra i suoi lavori i libri: “Comandare e comunicare” (Alinari-Firenze, 1989), e “L’altra strategia” (Franco Angeli-Roma, 1998). E’ autore di oltre venti saggi e di molti articoli pubblicati su riviste militari e civili come “La Rivista Militare”, “LIMES” e “Heartland”. Nel 2001 ha curato la versione italiana del libro “Guerra senza limiti”, i cui autori sono i colonnelli della Repubblica Popolare Cinese Qiao Liang e Wang Xiaosui. Ha fondato e continua a dirigere “Newstrategy”, un istituto di ricerca e studio non a scopo di lucro. E’ membro delle Conferenze Mondiali Pugwash e del Comitato scientifico di LIMES. Svolge regolarmente seminari informativi presso le scuole ed i centri di addestramento nazionali dei Servizi di intelligence su questioni strategiche dell’Asia, dell’Estremo Oriente e sul terrorismo e crimine organizzato. Il Ten.Gen. MINI ha assunto il comando delle operazioni di pace in Kosovo a guida NATO (KFOR) il 4 ottobre 2002;
  • agli Esteri Laura Boldrini. Nata a Macerata il 28 aprile 1961. Oggi è la portavoce in Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), organismo dell’Onu che conta 50 milioni di rifugiati assistiti, ma il suo percorso inizia molto lontano, dopo la maturità, in un’azienda di riso in Venezuela, in cui trascorse un periodo di lavoro prima di intraprendere un viaggio lungo tutto il centro America. Si laurea in Giurisprudenza a Roma nel 1985 e, dopo una breve esperienza in Rai, comincia nel 1989 la sua carriera all’Onu, lavorando per quattro anni alla Fao. Dal 1993 al 1998 si occupa del Programma alimentare mondiale (Wfp) come portavoce per l’Italia, compiendo missioni in molti luoghi di crisi, tra cui Jugoslavia, Georgia, Iraq e Afghanistan. L’arrivo all’Alto commissariato per i rifugiati inizia nel 1998. Tanti anche i riconoscimenti ottenuti, tra i quali la Medaglia ufficiale della commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna (1999), il titolo di Cavaliere ordine al merito della Repubblica italiana (2004) e il Premio Consorte del Presidente delle Repubblica (2006). Ultimo, ma soltanto in ordine di tempo, anche il premio di “italiana dell’anno” conferitole dal settimanale Famiglia Cristiana nel 2009;
  • all’Istruzione Milena Gabanelli. Nata a Nibbiano, 9 giugno 1954 è una giornalista e conduttrice televisiva italiana. Opera come freelance collaborando con la Rai a programmi televisivi di inchiesta;
  • al Welfare Maurizio Landini. Nato a Castelnovo Ne’ Monti (Reggio Emilia) il 7 agosto 1961. Dopo aver cominciato a lavorare, quale apprendista saldatore, in un’azienda cooperativa attiva nel settore metalmeccanico, Landini è stato prima funzionario, e poi segretario generale della Fiom di Reggio Emilia. E’ quanto si legge in una nota della Fiom, che ha eletto oggi (1 giugno) il nuovo segretario generale. Successivamente, è stato segretario generale della Fiom dell’Emilia-Romagna e, quindi, di quella di Bologna. All’inizio del 2005 Landini è entrato a far parte dell’apparato politico della Fiom nazionale. Il 30 marzo dello stesso anno, è stato eletto nella Segreteria nazionale del sindacato dei metalmeccanici Cgil. Come segretario nazionale, Landini è stato responsabile del settore degli elettrodomestici e di quello dei veicoli a due ruote, conducendo trattative con imprese quali Electrolux, Indesit Company e Piaggio. A questi incarichi, si è poi aggiunto quello di responsabile dell’Ufficio sindacale, che lo ha portato a seguire a stretto contatto con il Segretario generale, Gianni Rinaldini, le trattative per il rinnovo del Contratto dei metalmeccanici nel 2009. Sempre come responsabile dell’Ufficio sindacale, Landini è stato negli ultimi mesi il responsabile della delegazione Fiom nelle trattative per il rinnovo dei contratti nazionali delle imprese aderenti alla Unionmeccanica-Confapi e di quello delle imprese artigiane;
  • alle Politiche agricole Carlo Petrini. Nato a Bra, 22 giugno 1949, fondatore e presidente di Slow Food, scrive per “La Stampa” ed è autore di numerose pubblicazioni. È stato incluso dal settimanale americano “Time” nella classifica 2004 degli Eroi Europei;
  • all’Ambiente Catia Bastioli. Nata a Foligno, 3 ottobre 1957. Scienziata e manager, entra da giovanissima alla Montedison per lavorare sui materiali biodegradabili provenienti da risorse rinnovabili. Assunta poi da dirigente nel 1993 alla Novamont, industria chimica di Novara, ne è infine diventata Amministratore Delegato. Con un progetto ambizioso: fare “chimica vivente per la qualità della vita”, integrando chimica, ambiente e agricoltura. É presidente del Kyoto Club, organizzazione non profit che raccoglie imprese, enti, associazioni e amministrazioni locali impegnati nel raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto;
  • allo Sviluppo Economico Fabrizio Barca. Nato a Torino, 8 marzo 1954 è un economista italiano. Presidente del Comitato politiche territoriali dell’Ocse, è stato nominato ministro per la coesione territoriale del governo Monti il 16 novembre 2011;
  • all’Economia Luigi Zingales. Nato a Padova 8 febbraio 1963, Economista. Professore della Chicago University. Dal 2007 consigliere d’amministrazione Telecom (indicato dai fondi di investimento). Dal 2012, è stato uno dei promotori del movimento politico italiano Fermare il Declino;
  • alla Giustizia Piercamillo Davigo. Nato a Candia Lomellina 20 ottobre 1950. Magistrato. Piercamillo Davigo «è uno dei più brillanti e pungenti esponenti della Procura di Milano». In servizio dal ’78, primo caso importante «l’ufficio Iva di Pavia. Vennero arrestati 29 impiegati su 30 che componevano l’ufficio», si occupò tra l’altro del processo contro il boss Angelo Epaminonda. Divenuto «uno dei più brillanti e pungenti esponenti della Procura di Milano» (Sergio Romano), sollecitato da Gerardo D’Ambrosio, il 23 maggio 1992 entrò nel pool Mani Pulite”: «Lo ammetto con un po’ di vergogna. Pensai: “Qui si passano un sacco di guai”. Ma il giorno in cui dovevo dare la mia risposta ci fu la strage di Capaci, e mi pentii moltissimo di aver pensato di dire di no». «Il più ruvido fra i magistrati del pool» (Maurizio Tortorella), “mente” «che scriveva materialmente le rogatorie laddove Antonio Di Pietro era il braccio investigativo» (Dario Di Vico), noto come “il dottor Sottile” che smentiva ogni virgolettato («se appaiono mie frasi su un giornale, sono pronto a smentirle fin da ora»), gli attribuirono l’intenzione di voler «ribaltare l’Italia come un calzino»: «Non l’ho detto io. Lo disse Giuliano Ferrara. Il quale poi ebbe l’impudenza di sostenere che l’avevo detto io. È finita con una querela». Per anni anni fu oggetto di attacchi furibondi: «Dal ’93 al ’98 ho sporto più di ottanta querele. Nessuna prima e nessuna dopo. Prima ero buono, poi cattivissimo e poi sono tornato buono? Evidentemente ero oggetto di attacchi furiosi per i processi che facevo. Ricordo una trasmissione in cui si sosteneva che io ricattavo il presidente di una sezione del tribunale di Milano per far condannare degli imputati. Sullo sfondo un quadro con due maiali in toga abbracciati e un coltello insanguinato» (da un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti). Già giudice di Corte d’Appello, dal 2005 è consigliere della Corte di Cassazione. Ha scritto il libro La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale (con Grazia Mannozzi, Laterza 2007);
  • alle Pari Opportunità Irene Tinagli. Nata a Empoli, 16 aprile 1974 è un’economista e politica italiana. Laureata alla Bocconi di Milano, è docente all’Università Carlos III di Madrid, specializzata in sviluppo economico, innovazione e creatività, nonché consulente del Dipartimento Affari Economici e Sociali dell’ONU, della Commissione Europea e di diversi enti e governi regionali sia in Italia che all’estero.

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Video: Davigo l’Italia e l’amata prescrizione

Piercamillo Davigo  magistrato italiano, Consigliere della Corte di Cassazione, in questo intervento a Servizio Pubblico fa’ una perfetta fotografia dell’Italia, violentata e stuprata da una classe politica impunita sempre e comunque. Prima o poi sprofonderanno o no nella loro stessa merda questi politici?

Chissà come cambierebbe l’Italia senza l’amata prescrizione, invece sempre e comunque innocenti, allora fatevi giudicare, processare invece di mostrarci le vostre facce di gomma (vedi il Mastella)……ma cazzo Mastella, faccio una previsione alle prossime elezioni ci ritroveremo il Mastella Ministro ….ancora e’ giovane, giusto che faccia un po’ di politica in Italia povero!

La pazienza ancora non e’ finita?

 

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Intervista a Luigi Lusi ex tesoriere de La Margherita

E’ notizia di oggi che l’ex segretario DL Luigi Lusi, accusato dalla procura della capitale di essersi appropriato illecitamente di 13,5 milioni di euro dalle casse del partito guidato da Francesco Rutelli, avrebbe sottratto alle casse del movimento una cifra ben più alta. Che, secondo i pm romani Alberto Caperna e Stefano Pesci, ammonta tra i 18 e i20 milioni di euro, come riportato nel decreto di sequestro preventivo di sei immobili e di due milioni di euro eseguito oggi dalla Guardia di Finanza. Reso necessario in quanto, secondo i magistrati, è forte il rischio di un inquinamento probatorio.

Proprio stasera però, in questa intervista trasmessa da Servizio Pubblico di Michele Santoro, l’ex tesoriere tra le altre cose afferma che “nella Margherita tutti sapevano, questa partita farà saltare il centrosinistra”.

Insomma come al solito incomincia il gioco delle tre carte nel tentativo di nascondere le porcate politiche!

“È difficile sapere cosa sia la verità, ma a volte è molto facile riconoscere una falsità”….. Albert Einstein

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