
Come mettere un freno ai salari esorbitanti che gli amministratori e i manager di società quotate in borsa si fanno versare? Questa, in poche parole, la domanda a cui dovranno rispondere gli aventi diritto di voto in Svizzera domani , decidendo se approvare l’iniziativa popolare per le retribuzioni abusive, lanciata dall’industriale consigliere agli Stati sciaffusano Thomas Minder, o il controprogetto del Parlamento. Thomas Minder si è imposto, a 52 anni, come una figura politica «tardiva». Fino a cinque anni fa, sarebbe stato definito un buon svizzero “alla vecchia maniera”, formato alla scuola della tradizione patriottico-borghese più classica. Cresciuto a Bienne, titolare di un MBA ottenuto negli Stati Uniti, Minder ha fatto carriera come dirigente d’impresa. Detto altrimenti, è l’icona dello svizzero di successo: imprenditore, graduato nell’esercito, conservatore. Dal 2008, il suo profilo è cambiato: è già bello se non è presentato come un feroce bolscevico. Il suo nuovo profilo basta, comunque, a spaventare i borghesi: l’uomo ha deposto un’iniziativa “contro le remunerazioni abusive”.
Negli ultimi anni l’opinione pubblica ha criticato in modo anche aspro il fatto che diverse imprese versassero ai propri dirigenti retribuzioni e liquidazioni molto elevate a prescin dere dai risultati economici conseguiti. In questo contesto è stata lanciata l’iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive». Scopo dell’iniziativa è imporre restrizioni alle imprese quotate in borsa affinché non possano continuare a remunerare i vertici aziendali con somme spropositate. A tal fine, l’iniziativa propone tre nuove disposizioni: le retribuzioni del consiglio d’amministrazione e della direzione devono essere imperativamente autorizzate dall’assemblea generale degli azionisti; il mandato dei membri del consiglio d’amministrazione è limitato a un anno; alcune tipologie di retribuzioni, per esempio le liquidazioni e i premi per le acquisizioni di aziende, sono vietate. Inoltre, chi contravviene a queste regole può essere punito. Il Consiglio federale e il Consiglio degli Stati respingono l’iniziativa: oltre a comportare un eccesso di regolamentazione, essa metterebbe in discussione uno dei capisaldi della piazza economica elvetica, ossia i principi liberali alla base del diritto societario svizzero. Il Consiglio nazionale non ha invece espresso alcuna raccomandazione di voto. Il Parlamento concorda sulla necessità di disciplinare le retribuzioni versate dalle imprese quotate in borsa e ha pertanto adottato un controprogetto indiretto. Sostenuto anche dal Consiglio federale, il controprogetto concretizza con una modifica di legge le principali rivendicazioni dell’iniziativa, ma rispetto a quest’ultima è complessivamente più moderato.
Il progetto in dettaglio. L’iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive» è stata depositata il 26 febbraio 2008. Lo stesso anno il Consiglio federale ha proposto al Parlamento di respingerla e di inserire invece nella revisione del diritto della società anonima – in corso dal 2007 – disposizioni supplementari sulle retribuzioni versate dalle imprese quotate in borsa. Dissentendo su questa proposta del Consiglio federale, nel 2010 il Parlamento ha elaborato diversi controprogetti, tra cui anche disposizioni fiscali concernenti le retribuzioni estremamente elevate. Note come «tassa sui bonus» sia in Parlamento sia nell’opinione pubblica, queste disposizioni hanno trovato il sostegno del Consiglio federale, ma sono state respinte dal Consiglio nazionale. Il 16 marzo 2012, dopo aver prorogato due volte – ogni volta di un anno – il termine per la deliberazione dei controprogetti e dell’iniziativa, il Parlamento ha approvato un controprogetto indiretto che recepisce i contenuti essenziali dell’iniziativa. L’iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive», diretta unicamente contro le imprese quotate in borsa, intende consentire agli azionisti di queste imprese di influire maggiormente sulle retribuzioni del consiglio d’amministrazione, della direzione e dell’organo consultivo. A tal fine propone diverse misure:
• Ogni anno, in occasione dell’assemblea generale, gli azionisti votano l’importo delle retribuzioni da versare al consiglio d’amministrazione, alla direzione e, se del caso, all’organo consultivo. Inoltre, eleggono annualmente il presidente del consiglio d’amministrazione e i singoli membri del consiglio d’amministrazione e del comitato di retribuzione.
• Invece di partecipare di persona all’assemblea generale, gli azionisti possono scegliere di esercitare il proprio diritto di voto avvalendosi dei mezzi di comunicazione elettronica.
• La rappresentanza istituzionale del diritto di voto prevede che gli azionisti possano essere rappresentati dal consiglio d’amministrazione dell’impresa (rappresentanza da parte degli organi) o dalla banca presso la quale hanno depositato i propri titoli azionari (rappresentanza per i titoli in deposito). L’iniziativa popolare chiede di vietare queste forme di rappresentanza e di consentire che il diritto di voto degli azionisti possa essere delegato unicamente a rappresentanti indipendenti dall’impresa, eletti dall’assemblea generale.
L’iniziativa chiede inoltre che gli statuti delle imprese disciplinino, tra l’altro, l’ammontare delle rendite, dei crediti e dei prestiti, il numero dei mandati esterni e il piano economico e di partecipazione dei membri del consiglio d’amministrazione, della direzione e del consiglio consultivo; per i membri della direzione, gli statuti devono altresì disciplinare la durata dei contratti di lavoro. L’iniziativa prevede il divieto di versare liquidazioni e retribuzioni anticipate ai membri del consiglio d’amministrazione e della direzione. Questi ultimi non possono neppure ricevere premi per acquisizioni e vendite di aziende. Le casse pensioni che, regolarmente, investono in azioni di imprese quotate in borsa sono tenute a esercitare il loro diritto di voto. L’iniziativa chiede che esse votino nell’interesse dei loro assicurati e rendano pubblico il voto. Le infrazioni alle disposizioni proposte dall’iniziativa sono punite con una pena detentiva fino a tre anni e con una pena pecuniaria fino a sei retribuzioni annuali.
Il Parlamento ha recepito le principali rivendicazioni dell’iniziativa in un controprogetto indiretto, che è già stato adottato. Il Consiglio degli Stati lo ha accolto con 42 voti contro 1; il Consiglio nazionale all’unanimità. Nel suo parere del 25 ottobre 2010 il Consiglio federale lo sostiene espressamente. Il controprogetto indiretto entrerà però in vigore solo se l’iniziativa sarà respinta e se contro di esso non sarà chiesto il referendum. Se, invece, il referendum dovesse essere indetto, a decidere sarà il risultato della votazione popolare. Nel corso delle deliberazioni il Parlamento aveva discusso anche un controprogetto diretto che prevedeva di sottoporre le retribuzioni estremamente elevate a una cosiddetta «tassa sui bonus». Il Consiglio nazionale l’ha però respinto. Nella votazione finale, pertanto, le Camere federali non sono riuscite ad accordarsi su una raccomandazione di voto comune.
Il controprogetto indiretto del Parlamento (entrerà in vigore soltanto se l’iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive» sarà respinta).
Differenze rispetto all’iniziativa. Nelle imprese quotate in borsa non sono gli azionisti bensì il consiglio d’amministrazione a emanare disposizioni riguardanti le retribuzioni dei membri del consiglio d’amministrazione, della direzione e del consiglio consultivo (regolamento sulle retribuzioni). Tuttavia, il regolamento deve essere approvato dagli azionisti. Le retribuzioni versate al consiglio d’amministrazione, alla direzione e al consiglio consultivo delle imprese quotate in borsa sono pubblicate in una relazione annuale sulle retribuzioni. Il controprogetto non introduce una nuova disposizione penale perché il diritto in vigore è sufficiente. Il controprogetto è meno rigoroso quanto all’obbligo delle casse pensioni di esercitare il diritto di voto. Le casse sono infatti tenute ad esercitare tale diritto soltanto «se possibile». Rispetto all’iniziativa, il controprogetto indiretto inasprisce le disposizioni concernenti l’obbligo di diligenza del consiglio d’amministrazione e la restituzione di retribuzioni versate indebitamente. Punti in comune. Gli azionisti delle imprese quotate in borsa deliberano ogni anno sull’importo complessivo delle retribuzioni del consiglio d’amministrazione, del consiglio consultivo e della direzione. Per le retribuzioni di quest’ultima, l’assemblea generale degli azionisti può decidere che le proprie decisioni abbiano carattere vincolante o consultivo. Nelle imprese quotate in borsa le liquidazioni («indennità di partenza» nel controprogetto) e le retribuzioni anticipate a membri del consiglio d’amministrazione, della direzione e del consiglio consultivo sono di norma vietate. Nell’interesse dell’impresa, tuttavia, gli azionisti possono decidere di derogare a tale divieto. Come l’iniziativa, anche il controprogetto limita la rappresentanza istituzionale a rappresentanti indipendenti, eletti dall’assemblea generale. Alle imprese è riconosciuta la possibilità di utilizzare mezzi di comunicazione elettronici, affinché gli azionisti non debbano più partecipare di persona all’assemblea generale. La durata del mandato del consiglio d’amministrazione di imprese quotate in borsa è fissata per legge a un anno. Gli statuti possono tuttavia prevedere una durata massima pari a tre anni.
Testo in votazione. Iniziativa popolare «Contro le retribuzioni abusive»
I La Costituzione federale è modificata come segue:
Art. 95 cpv. (nuovo) Per tutelare l’economia, la proprietà privata e gli azionisti e per garantire una conduzione sostenibile delle imprese, la legge disciplina le società anonime svizzere quotate in borsa in Svizzera o all’estero secondo i seguenti principi:
a. l’assemblea generale vota annualmente l’importo globale delle retribuzioni (prestazioni in denaro e valore delle prestazioni in natura) del consiglio di amministrazione, della direzione e dell’organo consultivo. Elegge annualmente il presidente del consiglio di amministrazione, i singoli membri del consiglio di amministrazione e del comitato di retribuzione (Compensation Committee) e il rappresentante indipendente degli aventi diritto di voto. Le casse pensioni votano nell’interesse dei loro assicurati e rendono pubblico il loro voto. Gli azionisti possono votare elettronicamente a distanza; la rappresentanza del diritto di voto da parte degli organi e per i titoli in deposito è vietata;
b. i membri dei vari organi non ricevono liquidazioni, altre indennità, retribuzioni anticipate, premi per acquisizioni e vendite di ditte e contratti supplementari di consulenza o di lavoro da parte di società del gruppo. La direzione della società non può essere delegata a una persona giuridica;
c. gli statuti disciplinano l’ammontare dei crediti, dei prestiti e delle rendite ai membri degli organi, il piano economico, il piano di partecipazione e il numero di mandati esterni di questi ultimi, nonché la durata dei contratti di lavoro dei membri di direzione;
d. l’infrazione delle disposizioni di cui alle lettere a–c è punita con la pena detentiva fino a tre anni e con la pena pecuniaria fino a sei retribuzioni annuali.
II Le disposizioni transitorie della Costituzione federale sono modificate come segue:
Art. 197 n. 8 (nuovo)
8. Disposizione transitoria dell’art. 95 cpv. 3 Entro un anno dall’accettazione dell’articolo 95 capoverso 3 da parte del Popolo e dei Cantoni, il Consiglio federale emana le disposizioni di esecuzione necessarie, che rimangono valide fino all’entrata in vigore delle disposizioni legali.
Gli argomenti del Consiglio federale. L’iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive» solleva una tematica che è legittimo affrontare. Nonostante il titolo promettente, però, molte sue rivendicazioni sconfinano oltre l’obiettivo perseguito. In particolare, essa limita inutilmente il margine di manovra economico delle imprese quotate in borsa e, così facendo, rischia di ripercuotersi negativamente sulla piazza economica svizzera. Il controprogetto indiretto del Parlamento non comporta questi svantaggi. Il Consiglio federale respinge l’iniziativa popolare, in particolare per i motivi esposti qui di seguito. Il Consiglio federale riconosce la necessità di stabilire regole più chiare in materia di retribuzioni del consiglio d’amministrazione e della direzione delle imprese quotate in borsa. Come il controprogetto, l’iniziativa popolare prevede disposizioni volte ad aumentare l’influenza degli azionisti su dette retribuzioni, ma il suo titolo allettante non deve occultarne i punti deboli. Le prescrizioni imperative, i divieti e le disposizioni penali che figurano nell’iniziativa calpestano i consolidati principi liberali alla base del diritto societario svizzero. L’iniziativa limita inoltre in modo eccessivo il margine di manovra economico delle imprese quotate in borsa, necessario, in una certa misura, anche per le retribuzioni. Molte disposizioni dell’iniziativa, inoltre, sarebbero di difficile attuazione pratica. Ne è un esempio la prescrizione secondo cui le casse pensioni devono votare esclusivamente nell’interesse dei loro assicurati. Oltre al fatto che non è semplice identificarli, detti interessi potrebbero risultare molto eterogenei. Di difficile attuazione è anche la disposizione secondo cui numerosi dettagli riguardanti le retribuzioni, per esempio i piani di partecipazione o di rendita, vanno precisati negli statuti, diventando così di dominio pubblico. L’iniziativa prevede, infine, che il mandato del consiglio d’amministrazione sia limitato a un anno. Questo provvedimento è tuttavia contrario a una gestione aziendale sostenibile; invece che della gestione a lungo termine dell’impresa, il consiglio d’amministrazione dovrebbe preoccuparsi già dopo poco tempo della propria rielezione. Il controprogetto indiretto adottato dal Parlamento rafforza notevolmente i diritti degli azionisti. Pur facendo proprie rivendicazioni fondamentali dell’iniziativa, la modifica di legge non punta su regole rigide, che imporrebbero vincoli troppo stretti all’organizzazione dell’impresa, e tantomeno su un quadro penale esagerato. Anche il controprogetto fissa i principi che sono alla base di retribuzioni adeguate e pone limiti a pretese spropositate. Complessivamente, però, riconosce agli azionisti la possibilità di decidere soluzioni più flessibili. Il Consiglio federale considera il controprogetto indiretto la soluzione migliore, in quanto consente agli azionisti di impedire il versamento di retribuzioni abusive, senza limitare inutilmente il margine di manovra economico dell’impresa. La rigidità dell’iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive» comporta un eccesso di regolamentazione per le imprese quotate in borsa, ossia per le aziende che contribuiscono in misura decisiva al benessere economico del Paese. La sua adozione ridurrebbe l’attrattiva della piazza economica svizzera e comporterebbe il rischio di vedere alcune grandi imprese trasferire la propria sede all’estero. Per tutte queste ragioni, il Consiglio federale respinge l’iniziativa. Il Parlamento non ha espresso alcuna raccomandazione di voto.
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