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Pubblica amministrazione e imprese private: tempi di pagamento biblici

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Nelle transazioni commerciali tra Pubblica amministrazione e imprese private i tempi di pagamento medi presenti in Italia sono pari a 180 giorni, ma nella sanità, ricorda la CGIA, si arriva a pagare anche dopo 4/5 anni, soprattutto al Sud. La media Ue è pari a 65 giorni. Tra le imprese private, invece, il saldo fattura avviene dopo 96 giorni. Solo in Spagna la situazione è peggiore della nostra, mentre il dato medio di pagamento in Ue è di 52 giorni, con una punta minima presente in Germania pari a 35. I dati forniti dalla CGIA di Mestre sono drammatici e ci dicono che tra i grandi d’Europa nessuno può vantare un handicap del genere. “Se a questa situazione – aggiunge il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – aggiungiamo la stretta creditizia in atto e gli effetti della crisi economica che continuano a farsi sentire in misura sempre maggiore, la tenuta finanziaria delle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, è a rischio con ricadute occupazionali negative facilmente prevedibili.” Nemmeno l’entrata in vigore del decreto di recepimento della Direttiva Europea contro il ritardo dei pagamenti, avvenuto a il 1° gennaio scorso, sembra aver sortito effetto. “Stando alle segnalazioni che ci sono giunte da molti piccoli imprenditori – conclude Bortolussi – la nostra Pubblica amministrazione non starebbe rispettando i tempi di pagamento previsti dalla legge. Per questo chiediamo un intervento dell’Unione europea teso a richiamare il nostro Paese affinché il saldo fattura non superi i 30/60 giorni”.

Copiamo dalla Spagna. Nel 2012 la Spagna ha pagato 27 miliardi di euro alle sue aziende. Come sbloccare una buona parte dei 70 miliardi di euro che le nostre aziende avanzano dallo Stato? Semplice, sottolinea con una punta di sarcasmo la CGIA di Mestre, basta prendere esempio dal Governo spagnolo. Previa intesa con l’Ue, Madrid nel 2012 è riuscita a smobilizzare 27 miliardi di euro di pagamenti arretrati in soli 5 mesi, dando una forte boccata d’ossigeno alle imprese iberiche.

In che modo? Inserendo questa trattativa, a latere degli aiuti ricevuti da Bruxelles, all’interno del “Piano di riforme” che ogni Paese europeo deve presentare entro il mese di aprile. Anche se i tempi sono ormai ridotti al lumicino, auspichiamo che il nostro Presidente, Mario Monti, faccia altrettanto nel prossimo documento governativo, consentendo di smobilizzare una quota importante dei crediti che le nostre aziende vantano dallo Stato senza che questi importi vadano a peggiorare irrimediabilmente il rapporto debito/Pil. Al di là dell’aspetto tecnico c’è un fatto inequivocabile: mentre in Spagna hanno posto al centro dei propri interessi le imprese, da noi, purtroppo, questo non è successo. Nonostante siano stati realizzati ben 4 decreti, dei 70 miliardi di euro che lo Stato deve alle imprese, alla fine ne ha onorati solo 3 milioni.

“Ci troviamo in una situazione kafkiana – commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA – visto che non conosciamo nemmeno con precisione l’ammontare delle risorse che le imprese vantano dalla Pa. Per il ministero sono 70 miliardi, secondo le imprese sono 100, per molti studiosi non è da escludere che si raggiunga addirittura la soglia dei 150 miliardi. Sta di fatto che la mancanza di liquidità contribuisce ad affossare la nostra economia, mettendo in crisi sia le grandi sia le piccole imprese. Per quest’ultime, oltre ai mancati pagamenti del pubblico, continua anche la contrazione dei prestiti erogati dalle banche, con il risultato che la gran parte del 95% di imprese italiane che, ricordo, ha meno di 10 addetti non ce la fa più a rimanere a galla”.

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Alla faccia della trasparenza

 

In principio fu Renato Brunetta, il messia della trasparenza, il paladino del governo come un palazzo di vetro. Fu l’ex ministro pdl a stabilire che i contratti dei dirigenti e dei consulenti ministeriali fossero pubblici e pubblicati sul sito di ciascun dicastero. Peccato però che proprio il portale del ministero della Pubblica amministrazione sotto Brunetta sia stato tra i primi a bloccare l’accesso dei motori di ricerca a quelle informazioni. In pratica, Google e affini non potevano vedere le sezioni del sito del ministero con i curricula e i compensi dei collaboratori. Perciò ogni volta che qualcuno cercava «stipendio Brunetta» apparivano migliaia di notizie, ma non il documento decisivo e ufficiale. Oggi che al governo non c’è più Brunetta, niente è cambiato. Google o Virgilio non riportano gli stipendi dei ministri. A impedirglielo, ora come allora, sono i robot. In gergo, i file robots.txt servono a indicare ai motori di ricerca quali sezioni non indicizzare, ovvero non riportare nelle ricerche. Per dire, nel portale governo.it è specificato che tutte le pagine dell’«Operazione trasparenza» vanno evitate. Stesso discorso per salute.gov.it, che «blocca» la ricerca anche dei documenti con l’assegnazione di incarichi, gli stessi che tanti blogger si stanno sbizzarrendo a scoprire. Sia chiaro, trovare questi documenti sui siti è possibile, anche se non agevole. Certo sarebbe stato più comodo aprire i dati ai motori di ricerca ed evitare il rischio che gli utenti finiscano su siti pieni di informazioni false. E all’estero, invece, come funziona? Cercando per esempio «White House salaries» (gli stipendi della Casa Bianca) appare una pagina con tutti i lavoratori e i loro salari. A discolpa di Monti e del governo, bisogna dire – come ricordano del resto dal Dipartimento della funzione pubblica – che è stato il Garante della privacy a suggerire l’utilizzo dei robots per evitare che dati sensibili possano essere rintracciati da persone che sono in Rete alla ricerca di altro. Però il curioso suggerimento, che tradotto vuoi dire «sì alla trasparenza, ma fino a un certo punto», è pur sempre solo un consiglio. Molte amministrazioni pubbliche, infatti, non l’hanno seguito, anche se restano maggioritarie quelle più zelanti. Per esempio, il sito del comune di Milano blocca tutto, dalle nomine interne alle consulenze esterne: in questo caso, il vento nuovo di Giuliano Pisapia non ha spostato niente.
Neanche Matteo Renzi ha rimosso la barriera a Firenze. La Regione Lazio, poi, chiude l’intera sezione trasparenza e valutazione del merito, il Comune di Torino l’albo pretorio e pure i risultati delle elezioni. E in molti siti di amministrazioni locali è assai più difficile arrivare alle informazioni sugli stipendi, perse in un labirinto di collegamenti. Chi ha voglia di cercarle, non avrà dalla propria parte Google e gli altri i motori di ricerca, ma dovrà contare solamente sulla propria pazienza.

Qui trovi le retribuzioni e i curriculum vitae dei dirigenti del Dipartimento

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(Fonte Il venerdì di Repubblica)

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