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Siamo un popolo di ignoranti

analfabetismo funzionale in Italia

Le competenze alfabetiche (literacy) degli adulti italiani risultano ben al di sotto della media dei paesi Ocse. Siamo ultimi, dopo Giappone, Stati Uniti, Australia, Germania e anche dopo Cipro e Irlanda. Si tratta di competenze fondamentali per la crescita individuale, la partecipazione economica e l’inclusione sociale.  Al tempo stesso emerge una positiva tendenza al miglioramento dei livelli di competenza del segmento femminile.

E’ quanto emerge dall’indagine ISFOL-PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), svolta nel periodo 2011-2012,  al fine di analizzare il livello di competenze fondamentali della popolazione tra i 16 e i 65 anni. L’indagine, realizzata in 24 paesi, è stata promossa dall’Ocse e realizzata in Italia dall’ISFOL su incarico del Ministero del Lavoro.

Il nostro paese si colloca all’ultimo posto della graduatoria nelle competenze alfabetiche, anche se rispetto alle precedenti indagini Ocse la distanza dagli altri paesi si è ridotta. Inoltre l’Italia risulta penultima nelle competenze matematiche (numeracy), fondamentali per affrontare e gestire problemi di natura matematica nelle diverse situazioni della vita adulta.

Punteggi medi nelle competenze alfabetiche (literacy) nelle ripartizioni territoriali in relazione alla media Ocse, Spagna, Francia, Germania

Le competenze analizzate dall’indagine sono espresse in punteggi da 0 a 500.  Nelle competenze alfabetiche il punteggio medio degli adulti italiani è pari a 250, contro una media Ocse di 273. Nelle competenze matematiche la media italiana è pari a 247 rispetto a 269 di quella Ocse.

I punteggi sono riconducibili a 6 diversi livelli di competenze e il livello 3 è considerato il minimo indispensabile per “vivere e lavorare nel XXI secolo”. In riferimento alle competenze alfabetiche il 29,8% degli adulti italiani si colloca al livello 3 o superiore, il 42,3% al livello 2 e il 27,9% non supera il livello 1. Quanto alle competenze matematiche il 28,9% è al livello 3 o superiore, il 39% a livello 2 e il 31,9% al livello 1 o inferiore.

Punteggio medio nelle competenze alfabetiche (LIT) e matematiche (NUM) in Italia e altri paesi Ocse per titolo di studio

Il divario Nord-Sud è stabile per tutti i livelli di istruzione considerati ed è più ampio, in particolare, per i livelli di istruzione universitaria. Rispetto alla media Ocse il deficit del nostro paese è più accentuato per i livelli di istruzione più avanzati.

Il 40% di chi ha seguito un percorso formativo raggiunge o supera il livello 3 nelle competenze alfabetiche, contro il 20% di chi non lo ha fatto.

Per questi ultimi il punteggio medio è pari a 241, a fronte di un punteggio di 268 per chi ha seguito corsi di formazione. A tal riguardo preoccupa il fatto che la partecipazione ad attività di apprendimento formale ed informale per adulti in Italia sia la più bassa tra i paesi Ocse:  il 24% a fronte di una media del 52%.

Abbandonare precocemente gli studi determina un costo in termini di competenze, un investimento mancato per il futuro. Una delle situazioni più preoccupanti rimane quella dei Neet, cioè i giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni che non studiano e non lavorano.

In termini di competenze alfabetiche il punteggio medio è pari a 242, cioè 8 punti sotto la media nazionale. Solo il 5% dei Neet raggiunge il livello 3, contro il 25% dei coetanei che lavorano e il 50% di chi studia.

Tra gli adulti solo un terzo degli occupati raggiunge il livello 3, con significative differenze a livello territoriale.

Percentuale di occupati per livelli di competenze alfabetiche (literacy) e ripartizioni territoriali

Dall’indagine emergono comunque anche una serie di aspetti positivi:

– si riscontra un processo di contenimento dell’analfabetismo. Diminuisce, rispetto alle precedenti indagini internazionali (IALS e ALL), la percentuale di popolazione che si posiziona nei livelli più bassi di competenza (la quota sotto il livello 1 passa dal 14% a circa il 5,5%), mentre è aumentata al contempo la percentuale di popolazione a livello 2 (dal 34,5% al 42,3%);

– si riduce la forbice tra giovani e anziani. Il gap tra la fascia dei 16-24enni e la fascia dei 55-64enni passa, per quanto riguarda le competenze alfabetiche, da 63 punti delle precedenti indagini ai 30 di PIAAC; con un miglioramento delle fasce di età più mature;

– si contrae lo scarto con la media Ocse relativamente alle competenze alfabetiche e si riscontra un miglioramento complessivo rispetto alle altre indagini svolte negli ultimi anni, mentre gran parte degli altri paesi rimane stabile.

I dati mostrano anche una significativa riduzione del divario tra maschi e femmine. Per le donne si rileva, infatti, un recupero di competenze, soprattutto sul versante delle competenze alfabetiche.

Inoltre le disoccupate registrano un punteggio più elevato rispetto ai disoccupati maschi (250 contro 234) e lo stesso avviene per le  competenze matematiche (243 contro 227). Ciò conferma l’esistenza di un significativo capitale femminile che meriterebbe di essere maggiormente valorizzato sul piano professionale.

Continuare a imparare, rimanere attivi, accrescere le proprie capacità sembrano dunque gli strumenti per avvicinarsi a quei paesi europei affini all’Italia per caratteristiche socio culturali ed economiche.

Strumenti sui quali è probabilmente necessario investire per creare benessere e sviluppo individuale e nazionale. Ma quanto è colpa del singolo cittadino e quanto è colpa del sistema di insegnamento ormai vecchio e desueto?

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Prospettive ambientali all’orizzonte del 2050


Video delle Nazioni Unite per lo Sviluppo “Il Futuro che Vogliamo” in occasione della Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile Rio+20 che si terrà in Brasile dal 20 al 22 giugno 2012.

 

Negli ultimi decenni l’umanità è stata testimone di una crescita e di una prosperità senza precedenti. Dal 1970, le dimensioni dell’economia mondiale sono triplicate e la popolazione è aumentata di oltre 3 miliardi di abitanti. Tale crescita, tuttavia, è stata accompagnata da inquinamento ambientale e sfruttamento delle risorse naturali. L’attuale modello di crescita e la gestione inadequata delle risorse naturali potrebbero in definitiva compromettere lo sviluppo dell’umanità.

Le Prospettive ambientali dell’OCSE all’orizzonte del 2050 formulano il seguente quesito : “Quale sarà lo scenario dei prossimi quarant’anni?” Lo studio, basato sui modelli elaborati congiuntamente dall’OCSE e dall’Agenzia di Valutazione Ambientale dei Paesi Bassi, esamina lo scenario fino al 2050 per identificare i potenziali impatti ambientali delle tendenze demografiche ed economiche in assenza di politiche “verdi” più ambiziose. Il rapporto esamina ugualmente le politiche che potrebbero cambiare in meglio tale scenario. L’analisi si concentra su quattro settori: i cambiamenti climatici, la biodiversità, le risorse idriche e gli impatti dell’inquinamento sulla salute. Queste sono le stesse quattro sfide ambientali fondamentali già contrassegnate con il “Segnale Rosso” nelle precedenti Prospettive ambientali dell’OCSE all’orizzonte del 2030 (OECD, 2008), ad indicare problemi che esigono un’attenzione urgente.

Nel corso degli ultimi decenni, l’attività umana ha dato il via a una crescita economica senza precedenti con l’obiettivo di raggiungere un più elevato tenore di vita. Tuttavia, l’ampiezza stessa della crescita economica e demografica ha travolto i progressi compiuti per contenere il degrado ambientale. Il sostentamento di 2 miliardi di abitanti in più entro il 2050 sarà una sfida per la nostra capacità di gestire e ripristinare le risorse naturali da cui dipende la nostra vita. Lo studio dell’OCSE giunge alla conclusione che è necessario agire ora in modo urgente e olistico al fine di evitare notevoli costi e conseguenze dell’inazione tanto in termini economici quanto umani.

Entro il 2050, la popolazione del pianeta dovrebbe crescere da 7 miliardi fino a superare oltre 9 miliardi di abitanti e l’economia mondiale dovrebbe quasi quadruplicare con una domanda crescente di energia e di risorse naturali. I tassi medi di crescita del PIL potrebbero rallentare in Cina e in India, mentre tra il 2030 e il 2050 l’Africa potrebbe registrare i tassi di crescita più alti a livello mondiale. Nel 2050, un quarto della popolazione dei Paesi OCSE dovrebbe superare i 65 anni rispetto all’attuale 15%. La Cina e l’India potrebbero entrambe registrare un tasso d’invecchiamento demografico significativo, mentre si prevede che le popolazioni più giovani in altre regioni del mondo, soprattutto in Africa, potrebbero crescere rapidamente. Tali cambiamenti demografici, accompagnati da tenori di vita più alti, implicano stili di vita e modelli di consumo che si evolvono e che avranno un impatto sull’ambiente. Si prevede che quasi il 70% della popolazione mondiale sarà composta da residenti urbani entro il 2050, contribuendo così ad accentuare sfide come l’inquinamento atmosferico, la congestione dei trasporti e la gestione dei rifiuti. Continue Reading

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