
L’Italia, nonostante i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio, non è ancora in grado di offrire a tutti la possibilità di un’educazione adeguata. Il ritardo rispetto alla media europea e il forte divario territoriale si riscontrano in tutti gli indicatori relativi a istruzione, formazione continua e livelli di competenze. Dal 2004 al 2011 è aumentato il numero di giovani che non studiano e non lavorano, si nota una stagnazione della formazione continua e si è avuta una drastica riduzione della partecipazione culturale.
In merito ai due principali indicatori per la misura del livello di formazione della popolazione, si rileva che, nel 2011:
- il 56 per cento delle persone di 25-64 anni ha il diploma superiore, rispetto a una media europea del 73,4 per cento;
- gli individui di 30-34 anni in possesso di un titolo universitario sono il 20,3 per cento, a fronte del 34,6 per cento della media europea.
Il contesto socio-economico di provenienza è un fattore importante nel determinare i percorsi formativi dei ragazzi e il titolo di studio posseduto dai genitori condiziona fortemente la riuscita dei percorsi scolastici, il che vuol dire che la scuola non riesce a svolgere una significativa funzione di riequilibrio sociale per i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate. La laurea sta perdendo, inoltre, importanza come motore di mobilità sociale.
Sebbene in ritardo rispetto all’Europa, l’Italia sta comunque compiendo progressi: dal 2004 al 2011 si sono registrati graduali miglioramenti nel livello di istruzione formale; parallelamente è diminuita la percentuale di giovani che abbandonano prematuramente gli studi (dal 22,9 % del 2004 al 18,2 % del 2011) ed è aumentata quella di persone con alti livelli di competenze informatiche (dal 15,2 % del 2006 al 21,7 % del 2012).
A causa della crisi economica, è aumentata la quota di NEET (Not in education, employment or training), ossia di giovani di 15-29 anni che non lavorano, non studiano e non sono in formazione (dal 19,5 per cento del 2009 al 22,7 per cento del 2011). E anche nelle famiglie che offrono maggiori opportunità socio-economiche la quota di NEET resta a livelli preoccupanti (oltre il 10 per cento). Inoltre solo il 5,7 per cento delle persone di 25-64 anni ha partecipato ad attività di istruzione e/o formazione continua rispetto alla media europea dell’8,9 per cento. Il ricorso alla formazione continua ristagna sui livelli del 2004 (era il 6,3 per cento e nel 2011 era del 5,7 per cento), indicando una grave sottoutilizzazione di questo canale formativo.
Secondo i dati dell’indagine PISA, il livello di competenza alfabetica degli studenti di 15 anni nel 2009 è più basso di 10 punti della media dei paesi OCSE e dal 2000 non ha subito miglioramenti. I livelli di competenza sono fortemente influenzati dal tipo di scuola frequentata: sia nelle competenze linguistiche che nelle numeriche i licei ottengono risultati mediamente più alti degli istituti tecnici, i quali conseguono risultati superiori ai professionali. I risultati peggiorano man mano che si discende lungo la penisola, al punto che il punteggio in italiano degli istituti tecnici del Nord è migliore di quello dei licei del Sud. Un aspetto positivo è rappresentato dalla scuola dell’infanzia che, nel 2010, in Italia copre, con lievi differenze territoriali, il 92,5 per cento dei bambini di 4-5 anni. Se si considerano anche i bambini di 5 anni già inseriti nella scuola primaria, si arriva a un tasso di partecipazione del 97,1 (superiore alla media europea, che è del 92,4 per cento) e anche al target europeo, che indica per il 2020 un tasso di inserimento del 95 per cento per i bambini di 4-5 anni.
La partecipazione alla vita culturale è fortemente diminuita (spettacoli visti fuori casa, ma anche la visione casalinga di DVD, visite a musei, monumenti e mostre, lettura di quotidiani): nel 2012 l’indicatore presenta un marcato decremento, passando al 32,8 % dal 37,1 % del 2011.
*Servizio Studi Senato