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La lungimiranza tedesca

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Aprire le frontiere per accogliere i migranti è una sfida epocale. Un gesto di coraggio e di lungimiranza: sociale, economica e politica. Una rivoluzione.

“Benvenuti a Monaco, salite sull’altro treno sulla banchina dove riceverete aiuto. È questo il messaggio che si sentiva dagli altoparlanti della stazione ferroviaria di Monaco, dove cittadini tedeschi e stranieri (turchi, siriani, dal Ghana e dalla Palestina da anni regolari in Germania) hanno accolto l’arrivo di treni carichi di migranti con applausi e cantando l’Inno alla gioia.

È una lezione di Storia quella che ha impartito la Merkel in questi giorni all’Europa riluttante e meschina. Accogliendo i rifugiati, richiamando severamente gli altri Paesi che fanno parte dell’Unione europea a rispettare i valori fondanti del Vecchio continente, a evitarne il fallimento morale, perché l’Europa deve saper affrontare la natura di questo dramma, e la sua complessità storica. La Francia si è impegnata ad accogliere 24mila rifugiati nei prossimi due anni. La Spagna ne accoglierà 15mila. In Grecia solo oggi sono arrivate seimila persone.

Negare l’accoglienza sarebbe stato “negare la democrazia o il governo della legge”. Per i tedeschi, un diritto della Costituzione. Come per gli italiani (art. 10, lo ricordiamo a Salvini).

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Le solite balle elettorali di Berlusconi

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Berlusconi da quando è “ridisceso” in campo continua a ripetere sempre le stesse cose. Fino all’esaurimento. Il suo manifesto politico è un mantra di palle che il Cavaliere snocciola con l’intento di infinocchiare per l’ennesima volta gli italiani. Grazie a Repubblica e al Fatto Quotidiano esaminiamole una ad una.

  1. In Italia non si possono fare i decreti. Per articolare il suggestivo movente che spiega la necessità di una “profonda riforma della nostra architettura politico istituzionale”, Berlusconi a «Servizio Pubblico» afferma: “L’Italia è ingovernabile. Da noi il governo, al contrario di quello che accade in tutti i Paesi occidentali, non può intervenire con lo strumento del decreto legge, immediatamente esecutivo, ma solo con i disegni di legge, che hanno tempi di approvazione tra i 450 e i 600 giorni”. È l’ultima invenzione della settimana, la più folkloristica. Nella Storia repubblicana, il Berlusconi III della legislatura 2001/2006 vanta il record assoluto nel ricorso ai decreti legge (di vigenza immediata e da convertire entro 60 gior- ni) nel solo primo anno di governo: ben 54. Nel primo anno del Berlusconi IV, il Cavaliere presenta e fa approvare 34 decreti legge, dal salvataggio Alitalia ai rifiuti in Campania. Nell’intero arco dell’ultima legislatura, cioè nei 42 mesi che corrono tra il 2008 e il 2011, il suo governo presenta e fa approvare 80 decreti legge. Le leggi ad personam di e pro Berlusconi hanno avuto iter rapidissimi: la legge sulle rogatorie del 2001 passò in 93 giorni dal giorno in cui uscì da Palazzo Chigi a quando la seconda Camera l’approvò identica e la mandò alla Gazzetta Ufficiale.
  2. La congiura contro il governo. Afferma l’ex premier, per spiegare la drammatica caduta del suo governo nell’autunno di due anni fa: “Quello che è successo per farmi cadere è stata una congiura, nazionale e internazionale, e anche per la storia serve istituire un’indagine con una commissione d’inchiesta”. Nella fantasiosa ricostruzione complottarda, Berlusconi non dice mai il vero, unico motivo che l’ha costretto alle dimissioni: l’8 novembre 2011 il suo governo cade di fatto alla Camera, dove il Rendiconto generale dello Stato passa con appena 308 sì, rispetto ai 316 del voto di fiducia. Lui stesso, allora, commenta: “Mi dimetto, per colpa di otto traditori». Nessuna congiura, dunque. Semplicemente, la maggioranza di centro-destra si è sfasciata.
  3. “La Corte costituzionale è formata da 11 giudici di sinistra su 15 nominati da tre presidenti della Repubblica di sinistra”. Cioè da Scalfaro, Ciampi e Napolitano. Ora, di giudici nominati da Scalfaro non ce n’è più nessuno: 3 li ha nominati Ciampi (Gallo, Tesauro e Cassese), 2 Napolitano (Grossi e Cartabia), 1 il Consiglio di Stato (il presidente Quaranta), 1 la Corte dei conti (Carosi), 3 la Cassazione (Criscuolo, Lattanzi e Morelli) e 5 il Parlamento: 3 indicati dal centrodestra (Frigo, Mazzella, Napolitano) e 2 dal centrosinistra (Silvestri e Mattarella). Ammesso e non concesso che tutti i nominati dal Colle siano di sinistra (falso: per esempio, Grossi è un giurista cattolico conservatore), le toghe costituzionali “rosse” di nomina quirinalesca e parlamentare in quota centrosinistra arriverebbero a 7. Meno della maggioranza.
  4. Lo sgambetto tedesco sugli spread. Nella teoria del complotto, il Cavaliere chiama in causa anche i nemici tedeschi: “A innescare l’impennata dello spread fu la Bundesbank, che a luglio diede ordine a tutte le banche tedesche di vendere i Btp italiani”. Non è vero, e lo stesso leader del Pdl si è dovuto in parte correggere. La banca centrale tedesca è del tutto estranea ai movimenti sui titoli di Stato. Ad alleggerire le posizioni in Btp è la Deutsche Bank, banca privata, che vende titoli pubblici sul mercato secondario nell’aprile 2011, cioè tre mesi prima che in Italia si profili lo spettro del default sul debito sovrano.
  5. Il rapporto debito-Pil al 120% non tiene conto dell’economia sommersa: calcolandola, si scende intorno al 93-95%, una percentuale in linea con la media degli altri debiti europei”. Ma già oggi (da un quarto di secolo: 1987, governo Craxi) il rapporto debito-Pil calcolato dall’Istat comprende “la parte di economia non osservata costituita dal sommerso economico”, cioè – sempre secondo l’Istat – l’attività di produzione di beni e servizi che sfugge all’osservazione diretta in quanto connessa al fenomeno della frode fiscale e contributiva” (circa il 17% del totale finale: nel 2011 ammontava a 270 miliardi sui 1580 di Pil emerso). Se poi valesse la tesi secondo cui il sommerso ammonta al 31% del Pil ufficiale, il rapporto col debito non scenderebbe comunque sotto il 110% (figurarsi il 93-95). È allarmante che un aspirante “ministro dell’Economia e dello Sviluppo” ignori questi fondamentali.
  6. “La frase sul Paese benestante, sugli aerei e i ristoranti pieni la ripeterei ancora oggi perché nel 2009 la Borsa andava bene, la disoccupazione era bassa, il turismo era alto e non c’era alcuna evidenza della crisi che si è manifestata in seguito, con la tempesta perfetta dell’estate 2011” . A parte il fatto che la Borsa nel 2009 altalenò fra picchi alti e picchi bassissimi, l’economia reale era già in crisi nera tant’è che proprio in quell’anno il numero delle imprese defunte superò quello delle nuove nate (saldo negativo di 634 esercizi proprio nel settore bar e ristoranti). E poi la frase sul Paese benestante e sui ristoranti e gli aerei pieni non è del 2009, ma del 2 novembre 2011, nella conferenza stampa al vertice G20 di Cannes, dopo la tempesta perfetta dell’estate 2011 e dieci giorni prima delle dimissioni del governo Berlusconi. Quando tutti gli indicatori della finanza e dell’economia reale segnavano il profondo rosso. Lo fece notare Gian Antonio Stella sul Corriere, cifre alla mano: “Lo dicono le tabelle dei Pil del Fmi, la disoccupazione giovanile salita al 29,3%, il crollo della competitività turistica, i ritardi enormi sulla rete web, l’impennata ulteriore del debito pubblico… Dice una tabella dell’Aea, l’associazione delle compagnie aeree europee, che nel 2011 fino a settembre il load factor (cioè il riempimento) degli aerei Alitalia è stato del 71,4% contro una media Aea del 77,6. Che si impenna con Air France all’80,4, con l’Iberia all’82, con la Klm all’84. Lo stesso amministratore delegato di Alitalia, Rocco Sabelli, tre settimane fa, diceva al Corriere che sulla tratta Milano-Roma, punto di forza, il riempimento medio è del 52%… Il load factor effettivo del 2007, per Alitalia, era molto più alto: 78,8%. E gli alberghi “iperprenotati”? Nell’arco dell’estate, dice un’Ansa di fine settembre su dati di Michela Vittoria Brambilla, le cose sono andate abbastanza bene. Grazie agli stranieri, però: gli italiani in vacanza sarebbero stati 24,5 milioni. E non più per ‘villeggiare’ un mese come un tempo. L’Istat spiega che la rinuncia totale alle ferie nel 2001 era determinata da motivi economici nel 33,1% dei casi: oggi questa quota è salita al 50,1%. Quanto ai ristoranti ‘sempre pieni’, dieci giorni fa, agli Stati generali di Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe, lanciava l’allarme: ‘Una crisi come questa ha fatto vittime e danni dovunque, anche nel settore dei pubblici esercizi… Le cose vanno male…’. Quanto male? Prendiamo il Sole 24 Ore di un anno e mezzo fa: ‘I dati che emergono su un campione di circa 5 mila locali sono che il numero dei coperti nei ristoranti con fascia di prezzo più alta è diminuito del 54,5%’. Meno coperti, soprattutto a mezzogiorno e durante i giorni infrasettimanali, e meno vino determinano un netto calo di fatturato che, a fronte di costi fissi inalterati, ha provocato a molti ristoranti enormi difficoltà, a volte insormontabili…’. E da allora, non va certo meglio. Spiegano all’ufficio studi di Confcommercio: ‘Fino al 2008 se investivi un euro ricavavi prima della tassazione l’11% l’anno. Oggi 2,9%’”.
  7. La battaglia sull’Imu. Per giustificare la feroce campagna contro Mario Monti sull’Imu, Berlusconi ricorda: “Non è in questa direzione che doveva andare l’Imu. Doveva comprendere tutte le imposte locali, e colpire gli immobili ma non la prima casa che per noi è sacra. Abbiamo fatto tutti i tentativi per farla cambiare, ma non ci siamo riusciti”. Anche questa è una mezza menzogna. Intanto l’Imu fu introdotta comunque dal suo governo, con il decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011. E in ogni caso, mentre risulta un pacchetto di emendamenti presentati nel corso dell’iter parlamentare, nessuna contrarietà è mai stata manifestata dal segretario del Pdl Alfano, durante i tre vertici con Monti e Bersani che portano, nel dicembre 2011, al varo del decreto Salva-Italia. Se battaglia c’è stata, non è apparsa così convinta.
  8. La lotta contro l’evasione fiscale. È la più falsa, nel gioco delle tre carte del Cavaliere. Mercoledì scorso, nel salotto di Vespa, declama: “Non ho mai sostenuto l’evasione fiscale. Lei sta parlando al presidente del Consiglio che ha combattuto di più l’evasione fiscale. È vero l’esatto contrario. Già nel 2004, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, definisce “moralmente autorizzati” gli evasori ai quali “lo Stato avanza la richiesta scorretta superiore al 50%”. E mercoledì scorso, sempre da Vespa, lo ripete: “C’è un clima di terrore per colpa di Equitalia… È moralmente accettabile non pagare tasse ingiuste”. Non solo. Il primo atto del suo ultimo governo, nel giugno 2008, è la legge che azzera la norma sulla tracciabilità introdotta dal governo di centrosinistra: il limite all’uso del contante, fissato da Prodi in 100 euro, viene alzato a 12.500 euro. Gli evasori ringraziano. Non a caso, tre anni dopo, lo stesso Tremonti deve fare retromarcia, e riportare il limite a 500 euro. Ma ormai è troppo tardi.
  9. Non ho mai potuto attuare le riforme promesse perché me lo hanno impedito i piccoli partiti che badano solo ai meschini interessi dei loro leaderini: una volta Casini, un’altra Fini, un’altra la Lega, e poi Tremonti… Gli italiani devono smettere di votarli: votino un solo partito a sinistra o uno solo a destra, dandogli il 50% necessario per governare da solo”. A parte il fatto che Tremonti l’ha nominato ministro dell’Economia lo stesso Berlusconi, e non una sola volta, ma tre (in tutti i suoi governi), e che le alleanze con Fini, Casini e la Lega le ha sempre decise lui, e che solo un mese fa si era detto disponibile a farsi da parte a vantaggio di Monti “federatore dei moderati” per riavere Casini e Fini con sé, anche alle prossime elezioni Berlusconi avrà come alleato la Lega (che gli impedì di riformare le pensioni) e la Lista 3L di Tremonti. Ma non solo: accanto al Pdl si schiereranno ben 10 piccoli partiti (la Destra di Storace, Fratelli d’Italia di La Russa-Crosetto-Meloni, Grande Sud di Micciché, Mir di Samorì, Intesa Popolare di Catone&Sgarbi, Pensionati, Pid Sicilia di Saverio Romano, Pri Calabria di Nucara, Federazione Cristiano-Popolare di Baccini, Riformisti Italiani di Stefania Craxi&Moggi). Come si può invitare gli italiani a non disperdere il voto e poi allearsi con un tale pulviscolo che disperde il voto?
  10. Su Ruby diffamazione senza pari. Proprio il processo Ruby è per l’ex premier il nodo più intricato. A Otto e mezzo si difende: “C’è stata una diffamazione senza pari. Non ho mai detto che era la nipote di Mubarak… E non è vero che la Camera ha approvato una mozione che diceva che Ruby era la nipote di Mubarak”. Qui la manomissione del reale diventa impudenza esistenziale. Negli atti del processo milanese nei suoi confronti esiste il verbale della telefonata che l’allora capo del governo fa la notte del 27 maggio 2010 al funzionario della Questura Pietro Ostuni: “Dottore, volevo confermarle che conosciamo questa ragazza, soprattutto spiegarle che ci è stata segnalata come la nipote del presidente egiziano Mubarak”. Quanto al voto parlamentare, il 3 febbraio 2011 la maggioranza di centrodestra si impone alla Camera, negando le perquisizioni richieste per il Rubygate e riconoscendo l’incompetenza della procura di Milano, con una mozione che si basa sul seguente assunto formale, e surreale: “Il presidente del Consiglio era realmente convinto che la ragazza fosse nipote di Mubarak”.
  11. La schiavitù del telefonino. Il Cavaliere detesta i cellulari. Lo assicura a Servizio Pubblico: “Non ho il telefonino, mi priva della libertà e non mi lascia lavorare”. È la frottola più lieve, ma se vogliamo la più simbolica. Lo dice, negli studi di Santoro, poco dopo il servizio televisivo, ormai celebre in tutto il mondo, che lo ritrae al cellulare a passeggio sul lungofiume di Baden Baden, mentre la Merkel lo aspetta inutilmente per il vertice internazionale che deve nominare Rassmussen segretario della Nato. E agli atti del processo Tarantini-Lavitola fioccano ovunque telefonini e schede telefoniche, in uso all’ex presidente del Consiglio. Spesso non intestati a lui, ma a oscuri trafficanti sudamericani. Il telefono è la sua voce, ma anche la sua croce.
  12. “Durante i miei tre governi non ho mai aumentato le tasse”. Falso: anche dopo il provvisorio calo delle tasse dovuto alla sciagurata abolizione dell’Ici nel 2008, il Dpef del terzo governo Berlusconi varato nel luglio 2008 prevedeva una risalita della pressione fiscale complessiva al massimo storico a cui l’aveva portata il secondo governo Prodi: 43,2 per cento. Persino la sanguinosa manovra Salva-Italia del governo Monti nel dicembre 2011 (63 miliardi di costi in tre anni) è costata in media alle famiglie italiane meno delle due manovre varate dal governo Berlusconi nell’estate 2001 (145 miliardi: fonti della Cgia di Mestre).
  13. “La signora imprenditrice ha ragione. L’euro e l’Europa hanno sottratto sovranità monetaria all’Italia, una cosa contro la quale mi sono battuto più volte ponendo il veto del governo italiano: perciò la Merkel ce l’ha tanto con me… È assurdo che ci impongano di ridurre il debito di 50 miliardi l’anno: ne bastano 15”. Forse la signora ha ragione, ma delle poderose battaglie europee di Berlusconi in nome della sovranità monetaria mutilata non c’è traccia negli annali: anzi, risulta il contrario. È sotto il suo governo che l’Italia, come gli altri Paesi europei, ha approvato senza batter ciglio il Fiscal Compact (che ci impone il pareggio di bilancio in Costituzione), il Six Pack (le regole europee che impongono proprio la riduzione di 50 miliardi all’anno di debito pubblico). E ha recepito (Tremonti sostiene sotto dettatura di Draghi, Berlusconi e Brunetta) la famosa lettera della Bce che imponeva tutte le attuali politiche di rigore e massacro sociale, in cambio della sopravvivenza del suo governo.
  14. “È vero che alcuni miei parlamentari non erano proprio immuni da vicende giudiziarie: ma su 400 eletti può capitare che qualcuno sfugga al controllo”. La tesi delle mele marce è affascinante, ma reggerebbe se si trattasse di parlamentari illibati al momento della candidatura che tralignano strada facendo: ma, solo alle ultime elezioni politiche del 2008, Berlusconi candidò una cinquantina fra indagati e imputati e ben 11 pregiudicati: Berruti (favoreggiamento), Camber (millantato credito), Cantoni (corruzione e bancarotta), Ciarrapico (ricettazione fallimentare, bancarotta fraudolenta, sfruttamento del lavoro minorile, truffa pluriaggravata), De Angelis (banda armata e associazione sovversiva), Dell’Utri (frode fiscale), Farina (favoreggiamento in sequestro di persona), La Malfa (finanziamento illecito), Nania (lesioni personali), Sciascia (corruzione), Tomassini (falso in atto pubblico). Nel suo governo, poi infilò i pregiudicati Bossi (finanziamento illecito e istigazione a delinquere) e Maroni (oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale) e diversi personaggi all’epoca imputati (Matteoli, favoreggiamento), Fitto (corruzione, finanziamento illecito, turbativa d’asta), Calderoli (ricettazione) o indagati come Gianni Letta (truffa, abuso, turbativa d’asta) e Cosentino (concorso esterno in camorra).
  15. Sulla lotta alla mafia non accetto lezioni perché nessun governo ha sequestrato tanti beni ai mafiosi e arrestato tanti boss latitanti quanti i miei governi”. Nessun governo ha mai sequestrato un euro di beni ai mafiosi né arrestato un solo latitante: gli arresti e i sequestri dei beni li dispongono i magistrati antimafia e li esegue materialmente la polizia giudiziaria. Quegli stessi magistrati che Berlusconi definisce “cancro da estirpare” e quelle stesse forze dell’ordine a cui tutti i governi, compresi i suoi, non han fatto altro che tagliare i fondi, i mezzi e gli organici.
  16. “La prescrizione non significa colpevolezza, ma solo che nei tempi del processo il pm non è riuscito a dimostrare l’accusa davanti al giudice”. Colossale sciocchezza: la prescrizione può scattare anche dopo che i giudici hanno sentenziato due volte sulla colpevolezza dell’imputato, e alla vigilia del verdetto di Cassazione: cioè quando ormai il giudizio di merito è cristallizzato e si attende soltanto quello di legittimità. L’unico caso di prescrizione che non comporta l’accertamento del reato è quello della prescrizione che scatta prima della condanna di primo grado, anche se spesso, nelle motivazioni della sentenza, il giudice può scrivere che l’imputato era colpevole ma, per motivi di tempo, non è più punibile. La prescrizione, peraltro, è sempre rinunciabile da chi vuole essere giudicato nel merito anche oltre i termini. C’è poi il caso frequentissimo della prescrizione abbreviata dalla concessione delle attenuanti generiche, che naturalmente si concedono all’imputato colpevole (non avendo l’innocente alcuna responsabilità da attenuare). Scrive in proposito la Corte di Cassazione: “Qualora l’applicazione della causa estintiva della prescrizione del reato sia conseguenza della concessione di attenuanti (che ne dimezzano i termini, ndr), la sentenza si caratterizza per un previo riconoscimento di colpevolezza dell’imputato ed è fonte per costui di pregiudizio” (sezione IV, n. 569 21-5-1996). “Qualora alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione si giunga dopo la concessione delle circostanze attenuanti generiche, a sentenza di proscioglimento deve contenere in motivazione l’accertamento incidentale della responsabilità penale” (sezione VI, n. 12048, 23.11.2000). In sette dei suoi processi penali, Silvio Berlusconi ha beneficiato della prescrizione proprio in virtù della concessione delle attenuanti generiche. Dunque era colpevole e l’ha fatta franca. Così com’era colpevole per i tre falsi in bilancio dai quali è stato assolto perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato” (in quanto lui stesso l’aveva depenalizzato). Così com’era colpevole per falsa testimonianza sulla P2, ma si salvò grazie all’amnistia del 1990.
  17. “Travaglio è un diffamatore di professione: ha dieci condanne per diffamazione”. La diffamazione è un reato, e può essere accertato esclusivamente dal giudice penale nel corso del processo penale. Se un giornalista viene citato in giudizio dinanzi a un tribunale civile per avergli inferto un “danno”, il giudice decreta la sua soccombenza nella causa se ritiene che il danno ci sia stato, oppure no in caso contrario. Il sottoscritto, in 30 anni di attività, su 30 libri, 30 mila articoli, centinaia di trasmissioni televisive e online, è stato denunciato circa 300 volte in sede civile e penale. In sede civile ha perso alcune cause, pagando il risarcimento del danno, mai per avere scritto il falso, ma perlopiù per casi di omonimia o per critiche ritenute eccessive o per fatti veri mal compresi dal giudice o mal dimostrati dalla difesa. In sede penale, non ha mai riportato una sola condanna definitiva per il reato di diffamazione. Quella citata da Berlusconi nella letterina scrittagli dal suo staff scopiazzando da Wikipedia non è né definitiva né caduta in prescrizione: si tratta di una condanna penale in appello a risarcire Previti con una multa di 1.000 euro (per un articolo pubblicato sull’Espresso e uscito monco a causa di un taglio redazionale), su cui pende il mio ricorso in Cassazione senza che nessuno abbia dichiarato la prescrizione del reato. Curioso che Berlusconi inventi false condanne a mio carico, avendo appena finito di beatificare il direttore del suo Giornale, Alessandro Sallusti, che di condanne definitive (penali) per il reato di diffamazione ne ha ben sette. Ancor più curioso che colui che comprò la sentenza Mondadori tramite Previti, che finanziò illegalmente Craxi, che truccò più volte i bilanci delle sue aziende, che mentì sotto giuramento sulla P2 e che soprattutto, diversamente dal sottoscritto, deve render conto delle sue condotte agli elettori e all’intero Paese facendo politica da vent’anni, si occupi dei reati (peraltro inesistenti) di un privato cittadino che fa il giornalista. In ogni caso, Maria Giovanna Maglie, per avermi definito su Il Giornale “specialista in calunnia e distruzione di reputazione altrui”, è stata da me denunciata dinanzi al Tribunale civile di Milano, e ha perso la causa. Il 20 febbraio 2012 il Tribunale ha stabilito che “nella realtà dei fatti ciò non corrisponde al vero ed è stato indiscutibilmente escluso dalle risultanze processuali, mediante produzione del certificato del casellario giudiziale e del certificato dei carichi pendenti, i quali entrambi escludono alcuna iniziativa giudiziaria in tal senso”. Dunque “le espressioni utilizzate dalla giornalista, in quando consistenti in offese non corrispondenti a verità e non sorrette da alcuna giustificazione, nonché gravemente lesive dell’onore, della reputazione, della dignità morale e professionale di Travaglio, integrano gli estremi” di un “illecito civile” con un “danno patrimoniale e non patrimoniale” valutato in 30 mila euro di risarcimento (in solido fra la Maglie e l’allora direttore del Giornale, Mario Giordano) e 5 mila euro di pena pecuniaria (per la sola Maglie).


Berlusconario. Tutte le gaffe del presidente. Alcune barzellette storiche cominciavano: “C’è un italiano, un francese e un tedesco…”? C’è una data, però, in cui cambia tutto. È il 26 gennaio del 1994 quando “scende in campo” Silvio Berlusconi. È nata una stella, e in Europa, da quel momento in poi, le barzellette nei Paesi membri cominciano così: “C’è Berlusconi, un francese e un tedesco…”. Il più delle volte, però, non si tratta di battute ma di storie realmente accadute: gaffe che nemmeno il migliore dei reality show sarebbe riuscito a creare in studio.

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Foto esclusiva dell’incontro Hollande-Merkel

Nel suo discorso di investitura Hollande, ha dichiarato che proporrà ai leader europei un “nuovo patto” che associ alla riduzione dei debiti sovrani uno “indispensabile stimolo dell’economia”.

“Ai nostri partner europei, proporrò un nuovo patto che associ la necessaria riduzione dei debiti sovrani all’indispensabile stimolo dell’economia”. “E dirò loro – ha aggiunto – della necessità per il nostro continente di proteggere in un mondo così instabile non solamente i valori ma anche i propri interessi a nome del principio di reciprocità dei nostri scambi commerciali”. “Per superare la crisi che la investe”, ha sottolineato Hollande, “l’Europa ha bisogno di progetti, ha bisogno di solidarietà e di crescita”. Per il nuovo presidente francese quindi, la Germania non deve avere il monopolio della leadership in Europa. Hollande è quindi partito alla volta di Berlino e ha già pronta la strategia per convincere la Merkel….

 

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Il tiro alla fune europeo

 

 

Per la Merkel il 6 maggio potrebbe diventare un 11 settembre. Tra due settimane oltre che per il ballottaggio in Francia si vota in Grecia, il paese nel quale il rigore teutonico ha già prodotto 1.752 suicidi. L’Irlanda ha detto che sottoporrà il nuovo trattato a referendum popolare. L’Olanda, finora tra i più stretti alleati della Germania, traballa: la coalizione di centrodestra si è spaccata proprio sul fiscal compact ed il premier Mark Rutte annunciato le elezioni anticipate. Alle quali il partito nazionalista si presenta con lo slogan «Fuori i dittatori di Bruxelles». La Spagna ha notificato all’Europa che con il 25 per cento di disoccupazione non potrà rispettare le scadenze sul deficit pubblico. In Danimarca l’appoggio a Berlino sta facendo scricchiolare il nuovo governo della socialdemocratica Helle Thorning Schmidt. Quanto alla Gran Bretagna, quel patto non l’ha mai sottoscritto. Allora, era il 2 marzo, si sprecarono sentenze sull’euroscetticismo e l’isolamento britannico, dimenticando che sulle grane dell’Europa la storia ha sempre dato ragione all’Inghilterra. Come si vede l’onda è molto diffusa, e non è di destra né di sinistra ma solo di cittadini normali. Se lo ricordi anche Mario Monti.

Se oggi l’Unione europea facesse una cosa elementare in democrazia, sottoponesse cioè a referendum nei paesi membri il nuovo trattato di bilancio ed i vincoli scritti voluti dalla Merkel su tasse, welfare, lavoro, che risultato uscirebbe? Il fatto che a Bruxelles e Berlino non passi neppure per la testa un’ipotesi del genere, la dice lunga sugli interessi in ballo. Voi direte: è ovvio che tra il burro e i cannoni risultano più graditi i primi. Non sempre è così: gli inglesi accettarono le lacrime, sudore e sangue di Churchill per battersi contro Hitler. Gli americani l’invito di Kennedy a chiedersi che cosa potevano fare loro per l’America, e non l’America per loro. Noi italiani abbiamo detto sì alle leggi speciali contro il terrorismo e no al ritorno della scala mobile. Oggi se si continua a sacrificare la democrazia allo spread, prima o poi (più prima che poi) saranno gli stessi popoli a mandare al diavolo i mercati e i tedeschi. Anche perché che cosa viene offerto in cambio a noi europei? Un ruolo ormai marginale rispetto alle nuove potenze ed agli Usa. Un benessere che regredisce a livelli di sottosviluppo. Un paio di secoli di conquiste civili e sociali considerate rottamabili. Uno standard di vita che rifulge solo nei film di Woody Allen. In poche parole, un luogo dove uno solo comanda e tutti gli altri lavorano per lui: ci ricorda qualcosa.

(Fonte Il Tempo)

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