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Dividendi, le 40 famiglie più ricche incassano 2,1 miliardi

dividendi

Le 40 famiglie quotate più ricche incassano 2,1 miliardi, lo Stato prende una supercedola da 1,4. sul podio Benetton e Rocca. Nella top ten c’è anche Berlusconi.

Oltre due miliardi di euro alle 40 famiglie più ricche d’Italia, staccato a 1,4 miliardi lo Stato: è la battaglia dei dividendi che nel 2014, secondo i conti del Corriere della Sera, incorona vincitore Leonardo Del Vecchio, che incassa 490,5 milioni quasi interamente composti dalla maxi cedola di Luxottica (457 milioni). Si tratta in pratica di un raddoppio del dato della passata stagione, 231 milioni che fa crescere del 22,3% il monte totale della gib 40 di Piazza Affari. Sul podio finiscono, staccati ma in recupero di una posizione, i Benetton con 326 milioni (+32, grazie in particolare ad Atlantia), davanti ai fratelli Rocca, 291 milioni dalla quota di controllo (60%) della società petrolifera Tenaris.

dividendiPAPERONI. Regge Silvio Berlusconi che dal sesto posto ritorna al quarto grazie al ritorno alla cedola di Mediaset e ai dividendi di Mediolanum e Mediobanca. Nella top ten entrano le famiglie Recordati (farmaceutica), Maramotti (banche, Credem e una partecipazione in Unicredit) e Caltagirone (en plein con Caltagirone, Caltagirone editore, Cementir, Vianini Industrie e Vianini Lavori,oltre a Generali e Acea), mentre escono Della Valle, Vacchi, Garrone e Besnie (Parmalat).

ERARIO PROTAGONISTA. Gode anche lo Stato che porta a casa 1,4 miliardi di euro, più della metà delle famiglie più importanti del Paese e di Piazza Affari. Comanda ovviamente Eni (726 milioni), davanti a Enel (332) e Snam (216). Quote minori da Terna, Stm e Raiway, zero dividenti invece da Fincantieri e Finmeccanica.

(Fonte businesspeople)

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Finti rom e musulmani pagati da Mediaset

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“Come si può alimentare una gigantesca campagna di odio etnico per qualche punto di share in più? Chiedetelo ai maestri di Mediaset.

Dalle parti del Biscione pare che abbiano infatti preso l’abitudine di creare ad arte dei servizi per i loro talk show con questa formula: prendi attori o gente a caso e li paghi per fare la parte di rom, musulmani, minoranze etniche a scelta e fargli dire cose orrende. Tutto, come ovvio, dietro compenso: a voi qualche decina o centinaio di euro, a Mediaset un po’ di indignazione un tanto al chilo.

Il primo caso lo aveva denunciato Servizio Pubblico: due ragazzine rom che avevano dichiarato alla trasmissione Mattino 5 di rubare anche mille euro al giorno hanno poi smentito dicendo di essere state pagate 20 euro dalla giornalista per dire quelle cose in favore di telecamera. Mediaset ha poi confermato la veridicità dell’intervista, ma il sospetto rimane.

Ieri è stata invece Striscia la Notizia a denunciare in prima serata i “cugini” di Rete 4. In ben due servizi dei programmi di Paolo Del Debbio, Quinta Colonna e Dall’altra parte, sarebbe andata in onda la stessa persona mascherata: una volta è stata pagata per fare finta di essere un rom che vende macchine rubate, un’altra volta per dire di essere un musulmano a cui “non frega un cazzo” se i cristiani vengono sterminati.

In una di queste trasmissioni, al ritorno in studio c’era Matteo Salvini (in questo caso del tutto estraneo alla faccenda sia chiaro), che ha però in questo modo ricevuto un facile assist per elencare le sue possibili soluzioni a queste problematiche (+ ruspe). Lo stesso Salvini era inoltre in studio a Mattino 5 in occasione della (forse) finta intervista alle ragazzine rom. L’idea che queste ospitate siano quindi “apparecchiate” ad hoc non sembra del tutto campata in aria.

Dopo il servizio di Striscia ho anche letto in giro vari commenti, molti dei quali puntavano sul “eh vabbeh quello è un attore, ma i rom queste cose le fanno davvero quindi ok così”. E qui capisci che la macchina dell’odio ha funzionato perfettamente ed è già troppo tardi per fermarla. Mi limito quindi a segnalarne l’esistenza, per dovere di cronaca”. Mauro Munafò

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Marco Bogarelli il padrone del calcio italiano

Marco Bogarelli

A Marco Bogarelli si possono fare molte critiche ma non contestargli la mancanza di ambizione: immagina stadi con 1.000 schermi connessi in wi-fi, per vedere statistiche e moviole, progetta di cancellare la Europa League per far giocare sei squadre italiane in Champions, ha detto alla Gazzetta dello Sport.

Bogarelli è il padrone del calcio italiano: presiede Infront Italy, 225 milioni di fatturato e 11,6 di utile, la società che si occupa di assistere la Lega Calcio nella vendita dei diritti tv ma anche di gestire l’immagine dei principali grandi club (l’ultimo accordo con l’Inter dell’indonesiano Erik Thohir che da Infront avrà 20 milioni all’anno garantiti) e delle grandi manifestazioni di sci, pallavolo, equitazione.

Braccio italiano della multinazionale Infront Sports & Media, presieduta da Philippe Blatter (nipote del Sepp della Federazione internazionale del calcio, la Fifa), la Infront Italy di Bogarelli ha un potere simile a quello dei grandi agenti televisivi, il lato imprenditoriale dello spettacolo è di sua competenza. A giugno ha chiuso un accordo molto discusso che garantisce alla Lega di Serie A 945 milioni di euro per il 2015 e il 2016 spartendo i diritti di trasmissione tra Sky e Mediaset. Il gruppo della famiglia Berlusconi esce sempre bene dai negoziati in cui è coinvolta Infront, i critici sostengono che questo dipenda dal passato di Bogarelli nel gruppo Fininvest e dal suo legame con Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan ora ridimensionato da Barbara Berlusconi.

Milanese, laureato alla Bocconi, 58 anni, Bogarelli è diventato la porta da cui bisogna passare per accedere ai tesori del calcio italiano. Lo sa bene il gruppo editoriale del Sole 24 Ore, controllato dalla Confindustria, che questa estate ha sviluppato un progetto ambizioso: cavalcare la popolarità della Nazionale di calcio per la promozione del made in Italy. Abbinare le missioni imprenditoriali nei mercati emergenti, dove l’Italia ha fascino, a partite degli Azzurri. La Nazionale ha 13 sponsor, dalla Tim alle Generali a Nutella. Molti sono già clienti della concessionaria di pubblicità del Sole 24 Ore che, però, ha pensato bene di affiancarsi a Infront nella gara per la gestione del marchio degli Azzurri: ovviamente ha vinto, sfilandolo alla Rcs Sport, società che attraversa un momento difficile. Infront e il Sole 24 Ore si spartiranno i ricavi al 50 per cento, dovrebbero raccogliere circa 70 milioni l’anno di cui 57 garantiti alla Figc di Carlo Tavecchio. Infront ha fatto da apripista, ora il lavoro vero tocca al Gruppo Sole24 Ore. Ma senza Bogarelli è difficile fare affari.

Molto è stato scritto sui legami di Bogarelli con il mondo Fininvest, poco sulle sue altre relazioni d’affari. Dalle visure camerali emerge, per esempio, un filo che arriva alla Sopaf, società finanziaria milanese il cui crac ha determinato l’arresto dei fratelli Magnoni che la guidavano. Dalla Sopaf arriva uno dei partner di Bogarelli in Infront, Giuseppe Ciocchetti, manager che della finanziaria dei Magnoni è stato al vertice per dieci anni. Bogarelli però ha un legame più diretto con i Magnoni. È azionista con il 15,1 per cento di una società che si chiama Sfera Investimenti, un altro degli uomini Infront, l’ex direttore di Milan Channel Andrea Locatelli ha il 2,3 per cento, e c’è anche Ciocchetti, con lo 0,6. Ma chi comanda con il 73,5 per cento è l’ex conduttore di Mtv Andrea Pezzi, diventato imprenditore dalle alterne fortune. A Sfera, zero ricavi nel 2013 e una perdita di 5mila euro, fa capo l’83 per cento della Ovo Italia, un altro 9,6 è proprio della Sopaf.

Ovo è una società strana: una video-enciclopedia lanciata nel 2006 nell’orbita del mondo Fininvest, guardata con simpatia da Macello Dell’Utri e ispirata all’Ontopsicologia dell’ex frate Antonio Meneghetti, come raccontò nel 2008 Peter Gomez sull’Espresso. I fratelli Ruggero, Aldo e Giorgio Magnoni sono stati arrestati anche per i finanziamenti alla Ovo che hanno contribuito al dissesto della Sopaf: somme per oltre 5 milioni di euro “prive di qualsivoglia giustificazione economica e funzionali solo a generare illeciti arricchimenti a favore di terzi”, si legge nella richiesta di custodia cautelare. Il 12 giugno 2013 il responsabile della finanza in Sopaf, Daniele Muneroni, mette a verbale: “Per quel che concerne Ovo posso affermare che l’investimento è stato curato da Luca Magnoni che, se non sbaglio, era amico di Andrea Pezzi, amministratore della società. Anche in questo caso la Sopaf ha continuato a finanziarla fino al 2011. Personalmente pensavo che la Ovo non fosse una società operante in un settore di business particolarmente profittevole né che fosse sinergica con altre società del gruppo e che l’imprenditore Andrea Pezzi non avesse esperienza nel settore dell’imprenditoria in quanto ex DJ”.

Non è l’unico investimento interessante di Bogarelli. Tra le sue altre partecipazioni dirette c’è la PF Real Estate (fatturato di 243mila euro e perdita di 11mila nel 2013) di cui ha il 27 per cento. A dispetto del nome, non è una società immobiliare ma si occupa di commercio di energia. Anche qui ci sono Ciocchetti e Locatelli nel capitale, col 9 e il 27 per cento. Ma il socio che conta è la International Global Trading. L’energia è l’ultima passione imprenditoriale di Francesco “Franco” Dal Cin, che della Pf Real Estate è l’amministratore. Classe 1943, Dal Cin è un nome storico del calcio: è stato il patron prima della Reggiana e poi del Venezia Calcio, ha subito una squalifica sportiva di cinque anni per la contestata combine (nella quale ha sempre negato di aver avuto alcun ruolo, aveva anche già ceduto la squadra) con il Genoa di Enrico Preziosi nel 2005. Nello stabilimento di Preziosi venne sequestrata una valigetta con 250 mila euro. Nel 2011 Dal Cin è stato assolto, le intercettazioni sono state giudicate inutilizzabili. Negli schemi del calcio italico, Dal Cin era parte del fronte anti-Juventus di Luciano Moggi al quale, a grandi linee, anche Bogarelli (di area Milan) si può iscrivere.

La International Global Trading è controllata dai due figli di Dal Cin, Michele (ex dirigente del Venezia, squalificato pure lui all’epoca) e Mara, col 50 per cento a testa. Molto più vicina ai business abituali di Bogarelli è un’altra delle sue partecipate, la Deruta20 (in liquidazione, via De Ruta è l’indirizzo della Infront a Milano): nel 2013 ha dovuto duellare con gli abitanti della periferia milanese per costruire con la Deruta il tendone di X-Factor, la trasmissione di Sky seguita da Infront. “Ma cos’hanno da protestare? Semmai voglio l’Ambrogino d’oro a dicembre”, diceva al Corriere della Sera Bogarelli nel 2013. Nel 2014 nella lista dei candidati alla massima onorificenza del Comune di Milano sono entrati Tavecchio, poi scartato, e Adriano Galliani, approvato. Per Bogarelli, quindi, forse è solo questione di tempo.

(Da Il Fatto Quotidiano del 26 Novembre 2014)

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Casaleggio Associati peggio di Mediaset

Casaleggio

“E’ arrivato il momento che Casaleggio e Associati non siano più la testa di un movimento politico ma una società di affari distinta dalla cosa pubblica. Il rischio di una nuova Mediaset che pilota Forza Italia per Casaleggio ora e’ una realtà, i suoi utili naturalmente lievitano e la sua buona fede deve prevalere sulla possibilità di aumentare il patrimonio societario come sta effettivamente avvenendo.

Il controllo di un grande gruppo politico e sociale e’ sempre un pericolo per la democrazia, in particolar modo per la democrazia così definita diretta, cioè quella amministrata direttamente dai cittadini. Il sistema di votazioni dirette orchestrato dal Blog di Grillo oggi non garantisce trasparenza ne’ certezza di scelta, il voto finisce in una piattaforma dove i controlli sono impossibili e soltanto un manipolo di persone dipendenti di Casaleggio amministrano i numeri e quindi i metodi di scelta dei candidati. Perché, e soprattutto come vince un cittadino piuttosto che un altro? Chi viene votato nella piattaforma telematica del Movimento come può controllare le sue preferenze? Troppe contraddizioni e influenze possono rendere nullo il metodo 5 stelle della votazione on line.

Solo un esempio per un post nel forum del movimento, se la Casaleggio decide di farlo diventare virale lo porta in alto nel blog in evidenza e lo lascia li per settimane. Bene quella proposta diventerà la più votata in pochissimo tempo. Le altre spariscono dalla pagina dopo 10 minuti, sovrascritte dalla nuove in arrivo.  Questi sono solo piccoli stratagemmi della lunga serie di influenze telematiche che si possono applicare ai sistemi di controllo on line centralizzati che il genio di Casaleggio conosce molto bene. Ecco perché il blog di Beppe grillo è facilmente manovrabile basta conoscere la morfologia del linguaggio web e il messaggio si trasporterà da solo moltiplicandosi all’infinito come deciso dal manovratore. Questo spiega perché sono banditi dal movimento i mezzi di informazione tradizionali, Tv, Radio, Giornali.  Questo odio viscerale nei confronti della televisione e della radio ma soprattutto dei giornali mi ha sempre insospettito.

I media tradizionali vengono rivoltati come un calzino e infatti fanno un altro lavoro per  Casaleggio,  amplificano il messaggio virale da lui prescelto per farlo diventare la linea politica del giorno. Il blog così diffonde senza fatica il suo pensiero, cioè quello di Casaleggio. Mi dicono che Beppe Grillo non partecipa affatto a questo processo di scrittura e diffusione. Capirete bene perché la televisione, la radio e i giornali sono banditi da questo sistema, riconosciuti come pericolosi e da non frequentare. La violenza che Casaleggio e Grillo hanno avuto contro la tv è una prova lampante di questo sistema, andare in televisione significa by passare il controllo centrale del blog che diffonde le informazioni secondo un preciso schema aziendale.

In sostanza Casaleggio è andato molto più avanti di Berlusconi nel controllo dell’informazione tout-court, e’ il capostipite del controllo totale web, quello che sostituirà tutti i mezzi conosciuti molto presto, una sorta di grande fratello online dove tutti credono di essere liberi seguendo un preciso schema. Mi fa riflettere il fatto che la semplicità di questo ragionamento non sia stata esposta da nessuno finora, evidente che la partita in gioco e’ altissima e nessuno vuole fare l’arbitro”. Leonardo Metalli

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Il conflitto di interessi tra “La Repubblica” e la TAV

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“Quando la linea editoriale pluriennale di un mezzo di comunicazione è favorevole al progetto di un’opera pubblica può essere per tante ragioni, il frutto del caso, la posizione personale di un determinato caporedattore locale, l’adesione ad un progetto politico oppure –  spesso è così –uno specifico interesse economico della società editrice.

L’articolo 21 della Risoluzione del Consiglio d’Europa 1003 del 1° luglio 1993 definisce incompatibili con il corretto giornalismo investigativo  campagne giornalistiche realizzate sulla base di prese di posizioni “al servizio di interessi particolari”, ma questo articolo evidentemente è rimasto sulla carta: è un dato di fatto che gli interessi particolari riescano a farsi strada eccome nel mondo della c.d. informazione o la determinino, basta pensare a Mediaset, utilizzata massivamente per le campagne personali e particolarissime dell’azionista di maggioranza.

Per una piena comprensione delle scelte editoriali e per valutare l’affidabilità o meno del messaggio divulgato, è quindi indispensabile conoscere chi controlla ogni determinato media.

Individuati i proprietari, cioè gli azionisti, bisognerà poi cercare i loro settori di attività e chiedersi, ad esempio nel caso delle opere pubbliche, se abbiano o potranno avere in futuro un interesse economico all’espansione delle infrastrutture. Se non ci sarà alcun tipo di collegamento, si potrà dire serenamente che la linea editoriale favorevole sia stata determinata dall’adesione ad un progetto o pensiero politico o da altri fattori incidentali/economicamente neutri.

Al contrario, se si scoprirà un potenziale o concreto beneficio per i proprietari del media, esempio dalla realizzazione e poi messa in esercizio di linee ferroviarie ad alta velocità, allora non si potrà dire che quel media sia neutro ed equidistante dalle posizioni sul campo pro o contro, nè il suo messaggio affidabile quanto quello di un altro media disinteressato.

Partiamo allora per questo viaggio alla ricerca di eventuali conflitti di interesse con La Repubblica, quotidiano di carta stampata e internet, che da anni, in particolare con la redazione di Repubblica Torino, sostiene una campagna contemporaneamente SI TAV e contro-NO TAV.

La Repubblica è il titolo di un quotidiano/prodotto editoriale del Gruppo Espresso S.p.A.

L’azionista di riferimento del Gruppo Espresso è CIR S.p.A., con il 53,8%.

Vediamo chi sono i suoi principali azionisti.
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Ad un’analisi ancora più approfondita (l’autore ringrazia l’osservatore Etico per la preziosa segnalazione), Bestinver Gestion S.A. la si ritrova anche dentro COFIDE (s’è visto, il primo azionista del gruppo CIR) con una quota del16,4%.

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http://www.cofide.it/fileadmin/templates/doc/TORTAAZIONARIATO11_12_12.pdf.

Bestinver Gestion S.A. infine detiene direttamente l’1,9% di Gruppo Espresso S.p.A. al novembre 2013 (era il 2,2% al 18.4.2013)

(http://www.gruppoespresso.it/index.php?id=38)

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Bestinver Gestion S.A. dunque, se fate le somme tra partecipazioni dirette ed indirette, è il secondo più importante proprietario del Gruppo l’Espresso S.p.A.

A questo punto vi chiederete perché insistere tanto su Bestinver, e la risposta è che Bestinver Gestion S.A. è controllato al 100% dal gruppo spagnolo Acciona, che fa molte cose tra cui costruire linee ferroviarie ad Alta Velocità e fornire corrente elettrica a linee ferroviarie (http://www.acciona.es/lineas-de-negocio/proyectos-emblematicos/linea-de-alta-velocidad)

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Ricapitolando: Acciona S.A., società spagnola che costruisce, gestisce e mantiene linee ferroviarie ad AV, attraverso Bestinver controlla più del 20% del principale azionista di Gruppo L’Espresso S.p.A. e del suo prodotto editoriale ‘La Repubblica’.

Ma non solo.

CIR S.p.A. è anche l’azionista di maggioranza di Sorgenia S.p.A., una società italiana che si definisce il ‘secondo fornitore elettrico delle aziende italiane’ ed il primo ‘operatore privato nel mercato italiano dell’energia elettrica e del gas naturale’ e come tutti sanno, i treni ad AV vanno a corrente elettrica acquistata da fornitori, e così nel 2013Acciona (azionista di CIR S.p.A. e quindi di Sorgenia S.p.A.) si è aggiudicata un appalto da 200 milioni di € dal governo spagnolo per alimentare le reti ferroviarie spagnole tradizionali e AV.

Torniamo allo scopo dell’inchiesta.

Si può dire che queste aziende (CIR S.p.A.-Acciona S.A.) siano disinteressate allo sviluppo delle linee AV ferroviarie?

Si può dire che siano disinteressate allo sviluppo delle linee AV ferroviarie in Italia? Considerate che Acciona S.A. con il suo gruppo non opera solo in Spagna, ma per fare un esempio, si era candidata a costruire il TAV in California e negli Emirati Arabi Uniti.

Si può ipotizzare che preferiscano un’espansione dei chilometri di cantieri da costruire ed un aumento della domanda di corrente elettrica?

Si può ipotizzare, estremizzando, che in Italia preferiscano il SI TAV anziché il NO TAV?

Certo, senza conoscere quello che capita nei consigli di amministrazione delle due società non è possibile stabilire o escludere un automatismo ‘potenziali interessi-linea editoriale SI TAV’, né è detto che i redattori locali di La Repubblica Torino che seguono le vicende TAV, come l’impareggiabile Meo Ponte, conoscano i retroscena e la distribuzione di quote societarie della società per cui lavorano.

Ma si può dire con sicurezza che la linea editoriale complessiva, che da anni fa opinione e pressione su lettori e politici, è nettamente in salsa SI TAV, e che sulla carta ci sono elementi che la possono spiegare. E questo, in conclusione, è un elemento su cui bisogna ragionare quando si leggono gli articoli di La Repubblica Torino…o quando si cercano, senza trovarle, inchieste e notizie scomode.” notav.info

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