Un malato di cancro su cinque indebitato per curarsi

Curare il cancro costa troppo

Curare il cancro costa troppo. In Italia un paziente oncologico su cinque rischia il “default”, cioè il tracollo economico. Ovvero la crisi economica individuale conseguente al cancro e alle sue cure, ma anche alla precarietà o perdita del lavoro che in vari casi segue alla malattia. Se ti salvi dalla malattia muori di fame.

I conti li ha fatti l’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, con una analisi di 16 sperimentazioni condotte tra il 1999 e il 2015, a cui hanno partecipato 3.760 pazienti italiani colpiti da tumore del polmone, della mammella o dell’ovaio. Il 22,5% di questi presentava “tossicità finanziaria”, che si traduceva in rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto rispetto ai malati senza problemi economici. Significa che anche in Italia, oggi, chi è più povero ha una mortalità più alta. Continue Reading

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Terapie anticancro solo per ricchi

terapie anticancro

Il cancro non è più una malattia dei ricchi ma l’accesso alle nuove terapie antitumorali resta un miraggio per i Paesi poveri. Quattro malati di cancro su 5 vivono in Paesi poveri o in via di sviluppo. Solo il 5% di loro può accedere a cure adeguate. Nel 2030 il cancro sarà il primo killer nel mondo, con circa 12 milioni di vittime in tutto il pianeta di cui quasi 9 milioni solo nei Paesi poveri. Questo è l’allarme lanciato dall’American Society of Clinical Oncology (Asco) in corso in questi giorni a Chicaco. In particolare, ne ha parlato la Global Oncology Leadership Task Force attraverso gli interventi di Peter Paul Yu, direttore dell’Hartford Cancer Institute del Connecticut, e di Sana Al Sukhun, direttore della scuola di Medicina dell’Università della Giordania di Amman.  Continue Reading

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Veronesi: “Non criminalizzate la sigaretta elettronica”

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“Nature, la rivista portavoce del rigore scientifico mondiale, definisce “fandonie” gli attacchi che vengono sistematicamente sferrati alla sigaretta elettronica in nome del principio di precauzione. Lo fa attraverso la pubblicazione di un editoriale di Daniel Sarewitz, Direttore del Consortium for Science, Policy and Outcomes dell’Arizona State University. È la posizione per cui da anni mi batto in Italia insieme a Carlo Cipolla dell’Istituto europeo di Oncologia, Riccardo Polosa dell’Università di Catania e Umberto Tirelli dell’Istituto Nazionale Tumori di Aviano.

Considerati i milioni di cittadini che moriranno per fumo nel prossimo futuro, che senso ha sprecare anni per scoprire i possibili rischi collaterali del vapore della sigaretta elettronica, che sono sicuramente meno gravi del rischio certo del fumo della sigaretta tradizionale, invece di sperimentare subito quella che si prospetta come soluzione ad uno dei più gravi problemi della salute pubblica mondiale? Si chiede Sarewitz.

Il fumo di sigaretta è la prima causa conosciuta di cancro: il solo tumore del polmone provocato dal tabacco uccide due milioni di persone all’anno nel mondo, di cui 40.000 in Italia, senza contare le morti per altri tumori legati al fumo, o per danni cardiocerebrovascolari. La sigaretta è quindi da considerare, per il peso di morte precoce, malattia, disabilità e dolore che porta ovunque si diffonde, una calamità sociale peggiore di una guerra o di qualsiasi epidemia che abbia colpito l’umanità.

Per quarant’anni la comunità medica e oncologica in particolare, si è impegnata per far smettere di fumare, ma ha fallito sostanzialmente perché è rimasta isolata e i governi non hanno mai considerato la lotta al tabagismo una priorità assoluta delle politiche sanitarie e sociali. Recentemente si è tentata allora un’altra via per salvare delle vite che possono facilmente essere salvate: rendere la sigaretta meno pericolosa. Si è arrivati così alla sigaretta senza tabacco. Il tabacco, quando raggiunge la temperatura di combustione, libera ben 13 idrocarburi policiclici cancerogeni, che il fumatore assorbe attraverso i polmoni, insieme ad altre decine di sostanze cancerogene che derivano anche dalla combustione della carta.

ecigaretteNella sigaretta elettronica il tabacco è sostituito da una soluzione acquosa che contiene glicole o glicerina vegetale, entrambe innocue, integrata da aromi vari. Per facilitare la disassuefazione si può aggiungere una bassa dose di nicotina, anziché assumerla per via orale o transdermica. La sigaretta elettronica è uno strumento efficace per contrastare la gravissima tragedia del cancro del polmone. Se per ipotesi tutti i fumatori di sigarette tradizionali passassero alla sigaretta senza tabacco si otterrebbe a breve una riduzione drastica del cancro polmonare, che nel tempo diventerebbe una malattia rara. Il legame causa-effetto fra sigaretta tradizionale e cancro (oltre che malattie cardiovascolari) è infatti una certezza solida dell’oncologia.

Chiarito questo punto fondamentale, si può discutere sul fatto che la sigaretta elettronica sia anche uno strumento di disassuefazione, come appare dai primi studi internazionali. È inevitabile che la sigaretta elettronica sia invisa alle multinazionali del tabacco e ai produttori e che la loro forza di lobby a livello mondiale si stia indirizzando accanitamente in questa direzione.

Questo non dovrebbe tuttavia spingere istituzioni mondiali e nazionali preposte alla salute dei cittadini a prendere posizioni contro la sigaretta elettronica sulla base di possibili rischi (del vapore, degli aromi e così via) non scientificamente documentati. Come sottolinea anche Sarewitz su Nature, c’è una sproporzione enorme tra un’ipotesi di rischio collaterale e la certezza di provocare un cancro del polmone. L’Istituto Europeo di Oncologia sta elaborando i dati del protocollo sulla sigaretta elettronica (un protocollo internazionale ufficiale, censito dall’ente americano per l’idoneità alle sperimentazioni scientifiche sull’uomo) che ha appena concluso e sarà oggetto di pubblicazione entro fine anno. Nello studio non si è verificato un solo singolo caso di tossicità o effetto collaterale, in presenza invece di una significativa efficacia della sigaretta elettronica senza nicotina nella disassuefazione dal fumo.

Uno studio pilota pubblicato sul Bmc Public Health dall’Università di Catania ha dimostrato l’efficacia e la sicurezza della sigaretta elettronica. Insieme ai miei colleghi, sosteniamo quindi la posizione di Nature e rinnoviamo l’invito, già presentato all’Oms con una lettera firmata da altri 50 scienziati europei e americani, a non criminalizzare la sigaretta elettronica, e non lanciare allarmi e divieti basati su supposizioni, ma al contrario, promuoverne lo studio scientifico e l’utilizzo nella lotta al cancro e alle malattie cardiovascolari”. Umberto Veronesi

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