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I Cie? Strutture inutili e costose

CIE-Italia

I Centri di identificazione e di espulsione (Cie), nati sedici anni fa, sono carceri per stranieri senza documenti. Fanno parte del più ampio sistema dei centri per immigrati che include anche i Centri di soccorso e di prima accoglienza (Cpsa), i Centri di Accoglienza (Cda) e i Centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati (Cara). In tutti questi anni si sono rilevati un fallimento e un buco nero che ha inghiottito centinaia di milioni di euro. Oggi il quotidiano l’Avvenire torna ad affrontare il problema dei Cie in un inchiesta di Paolo Lambruschi.

L’esigenza di identificare ed espellere i migranti privi di documenti e permessi nasce in Europa nel 1995 con il trattato di Schengen. È la data di nascita della Fortezza Europa che non prevede una norma di accesso per richiedenti asilo privi di visti o documenti. In Italia i Cpt, dove si viene trattenuti per il tempo necessario all’identificazione, vengono istituiti nel 1998 con la legge Turco-Napolitano. Ma è nel 2002 che la legge Bossi-Fini li sostituisce con i Cdl, centri di identificazione chiusi, parenti prossimi dei Cie. I quali vedono la luce nel 2008 col pacchetto sicurezza dell’ultimo governo Berlusconi. Con l’istituzione dei Centri di identificazione ed espulsione si allunga il tempo di detenzione a sei mesi. Accanto a questi centri sono stati via via istituiti i Cara, per l’accoglienza dei richiedenti asilo dal governo Prodi nel 2006, i Cda (centri di accoglienza, attivi con Mare Nostrum) e infine i Cpsa (centri di primo soccorso e accoglienza) il più famoso dei quali è quello di Contrada Imbriacola a Lampedusa.

Secondo il rapporto Caritas-Migrantes del 2013 tra il 1998 e il 2012 nei Cie o comunque nei luoghi chiusi di detenzione per identificare ed espellere gli irregolari sono state rinchiuse circa 170 mila persone, di cui solo 78 mila (il 46% più o meno) sono state rimpatriate. Le altre sono state espulse spesso dopo lunghe detenzioni e si trovano probabilmente ancora in Italia.

Nel giugno 2011 il Viminale, interpretando con solerzia una direttiva Ue che amplia fino a 18 mesi il trattenimento dei migranti irregolari privi di documenti ne estende la durata massima da 6 a 18 mesi. Ma un rapporto di Medu, i medici per i diritti umani basato sui dati della polizia, rivela che la misura ha aumentato i rimpatri di irregolari appena del 2,3% rispetto al 2010.

Poi c’è la questione delle risorse sprecate. Spiega Lambruschi, secondo un rapporto dell’associazione Lunaria, “Costi disumani”, tra il 2005 e il 2012 l’Italia ha impiegato un miliardo e 668 milioni di euro tra risorse nazionali e comunitarie (di 1,3 miliardi da parte dello Stato italiano e 281,3 milioni da parte dell’Unione Europea) per respingere, espellere e rimpatriare. Di questi, oltre un miliardo di euro è stato impegnato per l’allestimento, il funzionamento, la gestione e la manutenzione di Cie, Cpsa, Cda e Cara contro 151 milioni di euro che hanno finanziato progetti di cooperazione con i Paesi terzi in materia di immigrazione. Il costo minimo stimato a regime per l’allestimento, la gestione, la manutenzione e la sorveglianza dei Cie è di circa 55 milioni di euro l’anno.

La vera riforma del sistema dei rimpatri, più volte sottolineato dai vari organismi ecclesiali sarebbe, pertanto, la chiusura dei Centri, fermo restando che l’identificazione e l’acquisizione dei titoli di viaggio degli stranieri pregiudicati potrebbe aver luogo durante la detenzione in carcere. Una simile scelta politica sarebbe possibile solo con una contestuale rivisitazione delle norme sull’allontanamento, che incentivi la partenza volontaria, consenta la regolarizzazione di chi è parte di un rapporto di lavoro subordinato e dei soggetti più deboli, valorizzi le misure alternative al trattenimento (l’obbligo di dimora, la consegna dei documenti, la presentazione periodica alle autorità) che attualmente sono sostanzialmente non applicate. Facendo in modo che il tutto si svolga in tempi più rapidi.

Le ingenti risorse destinate al sistema dei Cie potrebbero essere impiegate per il rafforzamento delle politiche di integrazione degli stranieri e per la valorizzazione del rimpatrio assistito.

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Contagiati sarete voi

discriminazione-xenofobia

“Prima viene la leggenda delle malattie, elencate come in paurosi racconti ottocenteschi, che precedono i vaccini di Pasteur, la penicillina di Pauling e la produzione di massa degli antibiotici. E fingendo di non sapere che quasi tutte le misteriose infezioni senza cura che per certi periodi hanno terrorizzato il mondo, (dalla “mucca pazza” alla “aviaria”) sono tutte esplose (e per fortuna finite, ma non capite) nella parte industriale e ricca del mondo. Poi c’è la persuasione xenofoba che “vengono qui perché siamo noi a invitarli con l’accoglienza”. Nei giorni in cui a Pozzallo non ci sono celle frigorifere per i 30 morti finora trovati in mare radio e tv radunano esperti. Radio3, la mattina del 1° luglio aveva frai suoi “esperti” un giornalista che ha detto: “Gli sciacalli sono sempre più sciacalli e calcolano la convenienza del trasporto in mezzo al mare, calcolano che c’è l’operazione Mare Nostrum che provvederà a portare tutti in salvo e i viaggi si moltiplicano”.

La frase significa non sapere che non hanno una casa, ignorare cosa succede in Siria, Iraq, Libia, Sud Sudan, nella Repubblica Centrafricana, nel Rwanda, nel Congo, nel Mali, in Etiopia, Eritrea, Somalia, per fare un elenco parziale. Non è ignoranza. È una posizione politica radicata nel molle e disorientato terreno dell’informazione dal tenace governo Berlusconi-Bossi fondato su xenofobia, razzismo, superstizione e invenzione. È la credenza di una setta sorda e cieca ma attivissima (la stessa che, all’inaugurazione del Parlamento europeo, ha voltato le spalle a Beethoven e all’Inno alla Gioia) che pensa all’immigrazione come a un viaggio-premio per scansafatiche che poi diventeranno pericolosi se non li nutri e non gli dai una casa. Ma è la cultura del respingimento, inventata in Italia, da italiani, in questi anni, è un pensiero di indifferenza che si esprimeva nel vecchio e tradizionale “lasciar fare” e si è trasformato adesso in un tranquillo “lasciar morire”.

Sentite. Primo,aiutiamoli a casa loro”. È difficile che una persona mediamente informata possa credere in buona fede che siamo di fronte a popoli che resterebbero a casa, invece di rischiare la morte sul fondo del mare, se gli mandassimo un pacco regalo. Ma la frase circola, ed è quasi una parola d’ordine. Secondo, i diritti (di asilo, accoglienza, ricongiunzione familiare, dello stato di rifugiato) devono essere accertati nei Paesi d’origine di chi intende emigrare. Qui si aggirano tre fantasie. Una è che la burocrazia locale, invece di far scomparire il capo famiglia che vuole emigrare, gli darà carte e riconoscimenti necessari per presentarsi al Consolato a cui chiedere il visto. Un’altra che ci sia un Consolato. Infine, come vuole la Bossi-Fini, approvata senza vergogna a grande maggioranza, bisogna procurarsi il contratto di lavoro prima di partire. Terzo, un’operazione come Mare Nostrum incentiva il viaggio, invita i profughi, aumenta gli sbarchi. La frase è due volte una bestemmia contro l’umanità. Infatti Mare Nostrum non è altro che salvataggio in mare. E la differenza fra gli sbarchi di prima e gli sbarchi di adesso è data dalla differenza fra coloro che prima morivano e coloro che, adesso, non muoiono più.

La superstizione della malattia è di gran lunga la più falsa e ripetuta. Era stato Maroni a inventare le mascherine bianche della polizia, in modo che noi tutti, sani spettatori di razza superiore, percepissimo il rischio del contagio. Infatti la mascherina non era per i morti, ma per giovani vivi e felici di essere vivi che in altri sbarchi, ho visto spinti come bestiame di qua e di là senza ordini e senza luoghi di accoglienza, per poi rinchiuderli in luoghi lerci e con i gabinetti otturati. L’Italia continua ad accettare superstizioni della sottocultura che ha dominato il Paese (troppo fragile l’opposizione, e adesso unita) per vent’anni. Nessuno dei nuovi giovani al governo ha provato pena o solo interesse di fronte alla folla di gente giovane che noi lasciamo nelle chiese e sulle banchine, uomini, donne e bambini di secondo livello. Siamo tutti troppo presi dalla celebrazione del semestre italiano.” Furio Colombo

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Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità

migranti-e-rifugiati-100-giornata-mondiale-gennaio-2014

Domenica 19 gennaio si celebra la 100ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2014. Guido Barbera, presidente del coordinamento di associazioni Solidarietà e Cooperazione CIPSI, ha dichiarato: “Riconoscere il contributo dei migranti allo sviluppo e al benessere di molti paesi del mondo. Porre fine a tutte le forme di abuso e violenza contro gli immigrati e le loro famiglie e promuovere la tutela dei loro diritti umani fondamentali. Il rispetto per i rifugiati del diritto d’asilo e l’accoglienza sono alla base della democrazia e della civiltà di qualunque popolo. I rifugiati sono persone, e come tali vanno riconosciute! Con le loro necessità, sogni da realizzare e una vita da vivere”.

“Oggi chiediamo a tutti gli italiani di riflettere per un momento sul difficile, lungo, a volte tortuoso viaggio del migrante alla ricerca di un luogo dove poter vivere in modo dignitoso; di riflettere sul tragico destino delle vittime dei viaggi della speranza. Persone che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il mare, o un confine che li separa dal tanto bramato ‘primo’ mondo, quello industrializzato; o vittime morali di società che non sono pronte ad accettarli. Mai più in Italia il ripetersi di storie e fatti come quelli dele stragi ripetute sulle sponde di Lampedusa. Per promuovere una società dei diritti e dell’accoglienza, è necessario dare sostegno alla cooperazione internazionale, volano di integrazione e dialogo. Così che ogni individuo abbia la possibilità di costruire una vita dignitosa per sé in ogni parte del pianeta. Alla ministra on. Cécile Kyenge e al governo italiano chiediamo con forza il coraggio di attuare concretamente una politica di accoglienza e integrazione dei cittadini migranti e rifugiati, l’abolizione della legge Bossi-Fini, l’abolizione del reato di clandestinità. E una cooperazione basata sulle relazioni tra le persone e tra i popoli; sull’integrazione e la reciproca convivenza nel rispetto dei beni e dei diritti, a partire dal territorio locale. La cooperazione è la politica ‘più economica e più efficace’ per costruire la sicurezza, una politica fatta di ponti e non di muri, di rispetto e non di rigetto, per contrastare efficacemente tutti i fenomeni di brutale violenza e razzismo a cui siamo costretti ad assistere. Una diversa politica di cooperazione ed integrazione, deve aiutare a riconoscere il ruolo delle migrazioni come parte integrante dell’economia mondiale e i migranti come componenti essenziali per la piena ripresa dalla crisi economica contemporanea”.

IL CIPSI e le sue associazioni sono impegnate da tempo e attualmente per alcune concrete azioni di cambiamento: la chiusura dei CIE, anche in collaborazione con la campagna LasciateCIEntrare; la partecipazione alla stesura della Carta di Lampedusa, che dopo una consultazione online vedrà un incontro sull’isola per la definizione del testo e dei suoi principi fondamentali a tutela dei migranti e dei rifugiati dal 31 gennaio al 2 febbraio p.v.; il riconoscimento dei diritti dei migranti anche a livello europeo; l’azione educativa alla multiculturalità e all’accoglienza nelle scuole; l’impegno nella formazione di mediatori interculturali.

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