Carbone e petrolio, il grande business delle compagnie assicurative

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C’erano anche loro alla COP21 di Parigi a spargere promesse e prendere impegni per salvare il Pianeta dalla piaga dei cambiamenti climatici. Eppure le compagnie assicuratrici continuano a predicare bene e a razzolare male, visto che non fanno mancare un considerevole contributo al comparto dei combustibili fossili, come racconta l’ultimo rapporto di Re:Common “Passo Falso“. Continue Reading

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Telecom Italia diventa spagnola: Ennesimo (in)successo per l’economia italiana

telecom-Italia

Il passaggio di Telecom agli spagnoli, precede di pochi giorni un ulteriore passaggio di quote di Alitalia ai francesi. Ecco cosa sono state le privatizzazioni italiane: un gigantesco passaggio di ricchezza, tecnologie, competenze e potere fuori dall’Italia. Adusbef e Federconsumatori chiedono di impedire la svendita di Telecom Italia agli spagnoli di Telefonica esercitando i poteri conferiti dalla legge al governo, quando sono in gioco gli interessi di aziende strategiche italiane.

La svendita di Telecom Italia agli spagnoli di Telefonica (che finanzierà l’operazione accumulando altri debiti oltre i 66,8 miliardi di euro iscritti a bilancio) rappresenta una grave sconfitta per il capitalismo di relazioni dominato da Mediobanca e per il Governo Letta, ma soprattutto lede gravemente i diritti e gli interessi dei consumatori. Sono loro, infatti, che hanno finanziato con le bollette la rete telefonica, costruendo un assetto strategico per il paese nel settore delle telecomunicazioni. A rimetterci sono stati anche i 600.000 piccoli azionisti, come al solito tagliati fuori da operazioni sottobanco, concretizzate nel buio della notte tra gli azionisti di Telco, il tutto rigorosamente al riparo dai doverosi e preventivi accertamenti di autorità di controllo che, ancora una volta, si sono dimostrate inerti ed inefficienti. Telefonica dello spagnolo Cesar Alierta, ha infatti accumulato 66,8 miliardi di debiti finanziari e un patrimonio netto tangibile negativo per 22,4, contro i 40 miliardi di debiti e un patrimonio netto tangibile negativo per 17 di Telecom Italia, un margine operativo lordo sceso nell’ultimo triennio da 25,7 miliardi a 21,2 di euro per gli iberici, acquisterà Telecom Italia a debito a prezzi di saldo e per ripagare le banche, oltre a non fare gli investimenti necessari che servono per ammodernare la rete in Italia, sarà costretta a smembrare le partecipate come Tim Brasile ed Argentina, mediante con il solito spezzatino. Per Adusbef e Federconsumatori le banche di “sistema” (Banca Intesa ed il salotto buono di Mediobanca e Generali) sono tra le maggiori responsabili di un’operazione a perdere che portò la spagnola Telefonica ad assumere il controllo di Olimpia (rinominata Telco), sulla pelle del mercato e dei piccoli azionisti, finanziando l’ennesima scatola a debito. Gravi anche le responsabilità del Governo, incapace di difendere un’azienda strategica per il Paese mediante la Cassa Depositi e Prestiti, ma che non ha esitato ad impiegare i sudati risparmi postali per acquisire le quote di Generali detenute dalla Banca d’Italia. Ma è soprattutto la classe politica ad uscire sconfitta da una colonizzazione spagnola delle Tlc italiane: è questo il frutto, infatti, di anni di lottizzazione dei vertici delle Autorità di controllo (come Consob e AGCOM), che sono state private, così, delle necessarie competenze e professionalità, rese del tutto impotenti e inadeguate, con danni enormi agli interessi dell’Italia ed ai diritti dei consumatori ed utenti.

Anche i sindacati sono sul piede di guerra: “E’ evidente, che se i contorni di un possibile piano industriale fossero la vendita di Tim in Brasile e Argentina, riorganizzando l’azienda attraverso la cessione di assets strategici quali le attività di customer e quelle dell’informatica per poi procedere alla fusione per incorporazione di Telefonica e Telecom Italia saremmo in presenza di un’operazione che fa uscire l’Italia dal settore delle telecomunicazioni, togliendo al Paese la possibilità di indirizzare gli investimenti e potenziare la rete, condizioni imprescindibili per il rilancio dell’economia. In tal caso le ricadute occupazionali sull’attuale perimetro di Telecom Italia potrebbero essere incalcolabili”. Per Michele Azzola della Slc Cgil la situazione determinatasi è la “conseguenza diretta degli errori commessi durante la privatizzazione le cui conseguenze negative hanno portato Telecom Italia a passare da 5° operatore mondiale di telefonia con 120.000 dipendenti a un’azienda sottocapitalizzata e indebitata in misura spropositata, deve vedere una pronta reazione al fine di evitare i rischi per il Paese e ridare un quadro di certezze e di trasparenza nei confronti dei 46.000 dipendenti diretti e delle altre decine di migliaia di lavoratori indiretti che dipendono dall’azienda stessa”.

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Land grabbing, gli Arraffa Terre


Da quando l’accaparramento di terre si è palesato nella forma più virulenta e contagiosa, la Banca Mondiale e i suoi alleati, in tandem con il settore privato ed i suoi sponsor pubblici, hanno cominciato a darsi un gran da fare per elaborare articolate architetture semantiche che permettano di confondere le carte in tavola e di evitare di chiamare le cose con il loro nome.

Gli obiettivi per cui la terra viene “presa” sono infatti i più svariati: per coltivarla con cibo o agro-combustibili, per far spazio all’industria mineraria, per piantare foreste, per costruire dighe o altre infrastrutture, per sviluppare turisticamente una zona, per delimitare parchi naturali, per espandere città, per occuparla militarmente con scopi geopolitici o semplicemente per possederla a garanzia di altri rischi. Le conseguenze negative su chi vive sulle (o grazie alle) terre arraffate sono spesso le stesse, a prescindere dalle motivazioni reali, e i danni risultano incalcolabili. Le comunità a cui è impedito l’accesso alla terra vengono sconvolte, le economie locali distrutte, il loro tessuto socio-culturale e la loro stessa identità sono messi a repentaglio, così come l’agricoltura di piccola scala e la relativa produzione per la sussistenza. Le comunità rurali sono private dei loro mezzi di sostentamento, oltre che del diritto di gestire le risorse da cui dipendono.

Accanto a questo si va sviluppando un fenomeno sempre più preoccupante e diffuso, che, attraverso una convergenza tra interessi politici, economici, polizia locale e forze di sicurezza private, criminalizza i movimenti sociali e in generale chiunque si mobiliti per difendere i propri diritti. Questo non è un processo che ha appartenenza geografica, perché avviene sia nel Sud che nel Nord del mondo. Ovunque i beni comuni siano sotto scacco e le comunità locali scelgano di non arrendersi.

L’Italia è, tra i Paesi Europei, uno dei più attivi negli investimenti su terra all’estero, seconda solamente all’Inghilterra, con Germania, Francia, Paesi Scandinavi, Olanda e Belgio a seguire.

Ma quale Italia? Sicuramente l’Italia delle banche, delle imprese assicurative, delle grandi utilities energetiche e dei giganti dell’abbigliamento. Ma anche l’Italia delle piccole e medie imprese che si affrettano a diversificare la produzione se c’è aria di incentivi e facilitazioni. Nomi più o meno conosciuti, da Eni a Maccaferri, da Benetton a Generali fino ai tre big del credito (Unicredit,Intesa e Monte dei Paschi di Siena). Gli “Arraffa Terre” è anche il titolo di una mappatura di dati sul ruolo che l’Italia svolge nell’accaparramento dei terreni agricoli su scala globale, pubblicato da recommon.org.

Sono quasi una trentina le compagnie attive in questo business, dalla Patagonia (dov’è presente Benetton) a tante imprese in Africa, in particolare in Mozambico, Etiopia e Senegal.

Il land grabbing non è sinonimo di investimento, ed è la stessa Banca Mondiale a confermarcelo. Circa l’80 per cento delle acquisizioni globali di terra annunciate negli ultimi anni non sono al momento produttive e molte di esse potrebbero non esserlo mai. In molti casi è sufficiente detenere il controllo sui territori per ricavarne profitto, direttamente o indirettamente. Si capisce il perché le compagnia italiani siano così interessate.

In questo Mondo alla Rovescia la terra non e’ più un bene comune, ma l’ennesimo violenza dei ricchi-potenti sulle comunità locali.

Scarica il rapporto Gli Arraffa Terrehttp://www.recommon.org/gli-arraffa-terre/

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