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Stop ai sussidi per le fonti fossili

No-carbone

In un Pianeta dove le emissioni di CO2 continuano a crescere (+ 20% dal 2000) con effetti ambientali e sociali che si rivelano sempre più drammatici, cambiare modello energetico per ridurre il consumo di petrolio, carbone, gas è una assoluta priorità.

Secondo il Rapporto Green Growth Studies Energy dell’OCSE, la dipendenza dai combustibili fossili del sistema energetico mondiale ha prodotto l’84% delle emissioni di gas a effetto serra. Eppure l’utilizzo di fonti fossili, che sono la principale causa dei cambiamenti climatici, continua a ricevere assurdi sussidi, 5 volte maggiori di quelli alle fonti rinnovabili. Secondo l’International Energy Agency, nel 2012, alle fonti fossili sono arrivati 544 miliardi di dollari, più degli anni precedenti, erano 523 nel 2011 e 412 nel 2010. Contro i 101 andati alle rinnovabili. La stessa IEA, che ha individuato nel Mondo ben 250 differenti meccanismi per finanziare direttamente o indirettamente le fonti fossili, stima che, nel caso in cui non si intraprendono azioni urgenti e concreti, i sussidi alle fonti fossili potranno arrivare, nei prossimi anni a quota 660 miliardi, pari allo 0,7% del PIL mondiale. Va sottolineato inoltre, che normalmente tali aiuti non sono destinati a popolazioni svantaggiate, ma ai produttori petroliferi, che nel 2010 hanno ricevuto il 92% dei sussidi. Del resto solo poche settimane fa lo stesso commissario europeo all’Energia Oettinger è stato al centro di un accusa di censura per non voler rendere pubblici i dati che riguardano i sussidi in Europa nel 2011: il Suddeutsche zeitung ha pubblicato un articolo secondo il quale, una volta noti i dati per cui i sussidi per nucleare e fonti fossili superebbero i 100miliardi di Euro, a fronte dei 30 per le rinnovabili, il commissario sarebbe intervenuto per cancellare questo passaggio del documento. In Gran Bretagna invece, l’accusa nei confronti del Governo è di essere in teoria a favore dell’efficienza, mentre nella pratica sussidia con oltre 4,2 miliardi di dollari le industrie di carbone, petrolio, gas. I principali network ambientalisti chiedono che questi sussidi siano aboliti e che si acceleri sulla decarbonizzazione delle economie. Questo stop, da solo, permetterebbe di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate, ovvero il 5,8% al 2020, contribuendo al raggiungimento della metà dell’obiettivo climatico necessario a contenere l’aumento di temperatura globale di 2°C. Sono queste le ragioni alla base di campagne come quella portata avanti da 350.org, con “End Fossil Subsidies”, o di quella “Stop Coal Finance” che si propone di convincere banche e grandi investitori a concentrare i loro sforzi economici su progetti sostenibili, fatti di rinnovabili, efficienza e risparmio energetico. Un impegno pubblico a ridurre drasticamente il sostegno economico alle fonti fossili fu preso ufficialmente nel 2009 al G20 di Pittsburgh “encourage wasteful consumption, distort markets, impede investment in clean energy sources and undermine efforts to deal with climate change”. Ma da allora nulla è avvenuto. E’ la stessa Agenzia internazionale dell’energia a sottolineare i motivi per cui i Paesi dovrebbero tagliare i sussidi per le fonti fossili:

– Crea una distorsione dei mercati e crea ostacoli agli investimenti nelle energie pulite
– Svuota i bilanci statali a favore degli importatori
– Aumenta le emissioni di CO2 e aggrava l’inquinamento locale
– Incoraggia lo spreco energetico – Accelera il declino delle esportazioni
– Minaccia la sicurezza energetica con aumento delle importazioni
– Incoraggia il contrabbando di carburante
– Scoraggia gli investimenti nelle infrastrutture energetiche
– Sproporzionatamente a vantaggio della classe media e ricca
– Diminuisce la richiesta totale di energia in risposta ai prezzi elevati.

I sussidi alle fonti fossili in Italia. Incredibile ma vero. I sussidi alle fonti fossili non esistono nel dibattito pubblico e politico italiano. Addirittura nel documento di Strategia Energetica Nazionale approvata nel 2013, il tema dei sussidi alle fonti fossili, semplicemente, non compare! Eppure stiamo parlando di 4,4 miliardi di sussidi diretti distribuiti ad autotrasportatori, centrali da fonti fossili e imprese energivore, e di 7,7 miliardi di sussidi indiretti tra finanziamenti per nuove strade e autostrade, sconti e regali per le trivellazioni, per un totale di 12,1 miliardi di Euro a petrolio, carbone e altri fonti che inquinano l’aria, danneggiano la salute, e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici. Se e’ comprensibile che Assoelettrica o il sindacato degli autotrasportatori siano contrari ad affrontare l’argomento, perché beneficiano di questi soldi, oggi e’ inaccettabile che ancora vi sia la censura sui numeri dei sussidi da parte del Governo e dell’Autorità per l’energia che in questi mesi ben altro atteggiamento ha avuto nei confronti degli incentivi alle fonti rinnovabili che, come noto, contribuiscono a ridurre i gas serra. Governo e Parlamento devono fare chiarezza su questa situazione inaccettabile, presentare un quadro e monitorare le diverse forme di sostegno, come esenzioni al pagamento di tasse, riduzione dei costi dell’energia, sussidi e finanziamento alle imprese sia pubbliche che private. Per un Paese importatore di fonti fossili come l’Italia è ancora più assurdo che esistano ancora sussidi di questo tipo, che creano dipendenza nei settori industriali e di domanda, con conseguenze anche economiche pesanti. Basti pensare che la spesa nazionale per l’approvvigionamento di energia dall’estero, costituita dal saldo fra l’esborso per le importazioni e gli introiti derivanti dalle esportazioni, nel 2012 è stata pari a 64,4 miliardi di euro, era di 62,7 miliardi nel 2011 e 52,9 nel 2010. Perché sussidiamo carbone che viene da Indonesia e Sud Africa, petrolio che viene da Russia e Arabia Saudita, gas da Algeria e Russia quando oggi le fonti rinnovabili sono competitive e l’efficienza energetica è da tutti considerata un investimento strategico (Ministro Zanonato compreso) ma poi ignorata. Eppure negli ultimi due anni tutta l’attenzione mediatica e politica si è concentrata sul peso crescente della componente legata agli incentivi alle fonti rinnovabili. E’ un tema serio, è stato giusto intervenire, ma parliamo comunque del 14,9% della spesa delle bollette dei cittadini legata alle “vere” energie pulite. Del restante 85,1% e delle tante voci che nel bilancio pubblico italiano contribuiscono direttamente o indirettamente a avvantaggiare le fonti fossili deve essere ancora fatta piena luce e Legambiente chiede all’Autorità di lavorare in questa direzione. Non è questa la sede per ricordare i vantaggi prodotti dalle fonti rinnovabili in termini sia economici che occupazionali e ambientali, nè occorre ricordare quanto sia dovuto alla dipendenza nella produzione di energia da fonti fossili che importiamo dall’estero il fatto che la spesa annua delle famiglie per l’elettricità è passata dal 2003 ad oggi da 338 euro a 516, con un aumento di quasi il 53%. Ma è in particolare la voce legata al prezzo delle fonti fossili ad essere lievitata passando da 106,6 euro a 293,96! D’altronde, un aumento di questa dimensione ha una spiegazione ovvia, siamo un Paese in balia degli eventi che accadono intorno al prezzo del greggio tra conflitti, speculazioni, interessi delle imprese. Dobbiamo smettere di dare retta alle lobby che fermano un cambiamento che è nell’interesse dei cittadini e del Pianeta. A dimostrarlo sono i dati del contributo delle fonti rinnovabili nei primi 10 mesi del 2013 che con 91 TWh generati in Italia, hanno raggiunto il 39% della produzione netta e al 34,2% rispetto alla domanda di elettricità. Non solo, proprio la produzione da energia pulita ha permesso di ridurre, come non accadeva da anni, il prezzo di acquisto dell’energia elettrica nella borsa italiana (PUN), proprio perché si riduce lo spazio per il termoelettrico e aumenta la concorrenza. Il problema italiano è che la politica invece di capire la portata di questo cambiamento, di aiutarne la prospettiva e generare vantaggi per le famiglie, concentra tutta l’attenzione nel tagliare gli incentivi alle rinnovabili e nell’introdurre nuovi sussidi per le fonti fossili.

Leggi il Rapporto completo di Legambiente

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Le 10 regole per ridurre i consumi di carburante

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L’Italia detiene il primato mondiale di auto private pro-capite (corrispondente a 1,63 persone per vettura nel 2011) e ha 37,11 milioni di veicoli circolanti che percorrono circa 13000 km/anno (il 26% in più della media UE). Nel 2011 la densità automobilistica (n. autovetture per 1000 abitanti) risulta pari a 612 unità. Si rileva che in Italia la densità di auto rispetto alla popolazione residente è molto elevata, il dato nazionale è di gran lunga superiore, circa il 20%, a quello di Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna. Questo significa inquinamento e consumi elevati di carburante, che ormai è arrivato a quota 1,830 €/l la benzina e 1,705 €/l il diesel.

Una guida intelligente ed una corretta manutenzione dell’autovettura consentono di ridurre i consumi e le emissioni di CO2 del 10-15 % migliorando anche la sicurezza sulla strada. In sintesi, di seguito si riportano alcune indicazioni utili per ridurre i consumi di combustibile, le emissioni di CO2 e migliorare la sicurezza sulla strada.

1. Accelerare gradualmente
2. Inserire al più presto la marcia superiore
3. Mantenere una velocità moderata e il più possibile uniforme
4. Guidare in modo attento e morbido evitando brusche frenate e cambi di marcia inutili
5. Decelerare gradualmente rilasciando il pedale dell’acceleratore e tenendo la marcia innestata
6. Spegnere il motore quando si può, ma solo a veicolo fermo
7. Mantenere la pressione di gonfiaggio degli pneumatici entro i valori raccomandati
8. Rimuovere porta-sci o portapacchi subito dopo l’uso e trasportare nel bagagliaio solo gli oggetti indispensabili mantenendo il veicolo, per quanto possibile, nel proprio stato originale
9. Utilizzare i dispositivi elettrici solo per il tempo necessario
10. Limitare l’uso del climatizzatore

Le condizioni del veicolo

1. Curare la manutenzione del veicolo eseguendo i controlli e le registrazioni previste dalla casa costruttrice. In particolare, cambiare l’olio al momento giusto e smaltirlo correttamente.
2. Controllare periodicamente la pressione di gonfiaggio quando gli pneumatici sono freddi, almeno una volta al mese e prima di lunghi percorsi. Pressioni di esercizio troppo basse aumentano significativamente i consumi di carburante in quanto diventa maggiore la resistenza al rotolamento. In tali condizioni, inoltre, lo pneumatico è soggetto ad un’usura più rapida e ad un deterioramento delle prestazioni.
3. Variazioni delle dimensioni degli pneumatici possono alterare le prestazioni originali.
4. Utilizzare gli pneumatici invernali solo nelle stagioni in cui le condizioni climatiche li rendono necessari, in quanto essi causano un incremento dei consumi di carburante oltre che del rumore di rotolamento.
5. Non viaggiare in condizioni di carico gravose: il peso del veicolo ed il suo assetto influenzano fortemente i consumi e la stabilità del veicolo. Ricordare che è vietato superare la massa massima complessiva del veicolo indicata sul libretto di circolazione (veicolo sovraccarico).
6. Togliere portapacchi o portasci dal tetto al termine del loro utilizzo. Questi accessori, infatti, come altre modifiche della carrozzeria quali spoiler o deflettori, peggiorano l’aerodinamica del veicolo influendo negativamente sui consumi di carburante.
7. Evitare di viaggiare con i finestrini aperti, in quanto ciò determina un effetto negativo sull’aerodinamica del veicolo e, conseguentemente, sui consumi di carburante.
8. Utilizzare i dispositivi elettrici solo per il tempo necessario. Il lunotto termico del veicolo, i proiettori supplementari, i tergicristalli, la ventola dell’impianto di riscaldamento/condizionamento, assorbono una notevole quantità di corrente, provocando di conseguenza un aumento del consumo di carburante.
9. L’utilizzo del climatizzatore incrementa sensibilmente i consumi, anche del 25% in certe condizioni. Pertanto, quando la temperatura esterna lo consente, evitarne l’uso ed utilizzare preferibilmente gli aeratori sfruttandone l’orientabilità.

Lo stile di guida

1. Dopo l’avviamento del motore, è consigliabile partire subito e lentamente, evitando di portare il motore a regimi di rotazione elevati. Non far riscaldare il motore a veicolo fermo, né al regime minimo né a regime elevato: in queste condizioni infatti il motore si scalda più lentamente, aumentando consumi, emissioni ed usura degli organi meccanici.
2. Evitare manovre inutili quali colpi di acceleratore quando si è fermi al semaforo o prima di spegnere il motore. Questo tipo di manovre, infatti, provoca un aumento dei consumi e dell’inquinamento.
3. Spegnere il motore in caso di sosta o di fermata.
4. Selezione delle marce: passare il più presto possibile alla marcia più alta (compatibilmente alla regolarità di funzionamento del motore ed alle condizioni di traffico) senza spingere il motore ad elevati regimi sui rapporti intermedi. Utilizzare marce basse ad elevati regimi per ottenere accelerazioni brillanti comporta un sensibile aumento dei consumi, delle emissioni inquinanti e dell’usura del motore.
5. Velocità del veicolo: il consumo di carburante aumenta esponenzialmente all’aumentare della velocità. Si rende, pertanto, necessario mantenere una velocità moderata e il più possibile uniforme, evitando frenate e riprese superflue che provocano un incremento del consumo di carburante e delle emissioni. Il mantenimento di un’adeguata distanza di sicurezza dal veicolo che precede favorisce un’andatura regolare.
6. Accelerazione: accelerare bruscamente penalizza notevolmente i consumi e le emissioni. Si consiglia, pertanto, qualora le condizioni di marcia lo consentano, di accelerare con gradualità.
7. Decelerazione: decelerare, preferibilmente, rilasciando il pedale dell’acceleratore e mantenendo la marcia innestata, facendo attenzione ad evitare il fuori giri per non danneggiare il motore (in questa modalità il motore non consuma combustibile, se dotato del dispositivo “cut-off”).

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