Segnali di Terza Guerra Mondiale

Gli iraniani hanno fatto titoli sui giornali, giovedì scorso, quando hanno lanciato  ancora un altro test balistico, malgrado gli avvertimenti che aveva inviato Trump in più di un’occasione …

Mentre continua a salire la tensione tra Stati Uniti e Iran, l’agenzia-stampa-semi-ufficiale Tasnim sta segnalando che i Guardiani della Rivoluzione dell’Iran hanno condotto con successo un altro test con missili balistici  Hormuz 2, questa volta sparati da una nave della marina iraniana. Questi ultimi missili sono stati progettati per distruggere bersagli mobili in mare a distanze fino a 300 km (180 miglia).

I rapporti sugli ultimi test, dice  Amir Ali Hajizadeh, comandante delle Forze Aerospaziali dell’IRGC, hanno confermato che “il mssile balistico navale chiamato Hormuz 2  ha distrutto con successo un obiettivo a 250 km di distanza.”

Il test missilistico è l’ultimo evento della lunga rivalità che oppone Iran e Stati Uniti dentro e intorno alla Stretto di Hormuz, che si trova all’ingresso del Golfo – un corso d’acqua che, nel punto più stretto, è largo meno di 40 km  – dove transita il 20% di tutto il petrolio mondiale.

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Kim Jong-un il Rambo della Corea del Nord?

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Nonostante gli esperti concordino che la prospettiva di un conflitto nucleare tra Corea del Nord e Stati Uniti sia decisamente improbabile, l’attuale situazione nel Pacifico non manca di sollevare apprensioni. Difatti, la contrapposizione diplomatica e strategica che vede da un lato Pyongyang (con possibile appoggio dell’Iran, anche in seguito al patto per la cooperazione tecnologica e scientifica stretto tra i due paesi nel settembre 2012), e dall’altro Stati Uniti, Europa, Russia, Cina (queste ultime almeno secondo le posizioni ufficiali), e praticamente ogni altra nazione rilevante a livello mondiale, condurrà ad un riallineamento globale degli equilibri di potere, così come delle priorità degli Stati Uniti, con un potenziale aumento di instabilità a livello sistemico.

Alcune riflessioni rilevanti a riguardo:

– Prima di tutto, seppur sia difficile comprendere appieno le intenzioni di Kim Jong-un, è evidente che i recenti test missilistici, a cui sono seguiti la paralisi delle comunicazioni, delle frontiere e delle relazioni diplomatiche nordcoreane, lo “stato di guerra” con Seoul, ed infine le minacce di “colpire con testate nucleari la Corea del Sud e le basi americane a Guam e alle Hawaii”, costituiscono principalmente un dimostrazione di forza. In questo senso, sono da tenere in considerazione non solo l’acerba quanto incerta età di Kim Jong-un (il leader più giovane del mondo a controllare un arsenale nucleare); bensì anche la sua relativamente breve presenza al potere (dal dicembre 2011) e la sua poca esperienza politica e diplomatica. Per questo motivo, sarebbe più opportuno leggere l’“esibizione di forze” della Corea del Nord più come la necessità di riaffermare il controllo su una situazione nazionale frammentata e instabile, per reprimere rivalità politiche e conflitti sociali (e forse ancor più la volontà di posporre indefinitamente i lavori per l’unificazione con la Corea del Sud), piuttosto che l’intenzione di provocare gli immensamente più potenti Stati Uniti.

– In secondo luogo, è opportuno smentire certe voci che affermano come l’America stia unicamente cercando una scusa per aprire il fronte di una nuova guerra, una volta terminato il ritiro dall’Afghanistan nel 2014. Gli Stati Uniti nel terzo millennio vengono spesso descritti, tracciando una linea di continuità che va da Bush a Obama, come pronti al confronto militare per rimpiazzare le dittature ostili agli interessi statunitensi con sistemi democratici e aperti al libero mercato; ciò nonostante, il Presidente Obama non è certo disposto ad aumentare le spese militari (pagando, realisticamente, anche un alto prezzo in termini di popolarità), in un momento di delicata ripresa economica per l’economia americana come quello odierno.

– Infine, è necessario ricordare che il pivot sul Pacifico, dettagliatamente proposto dalla Casa Bianca già nell’autunno 2011, non prevede nuovi scontri, ma – almeno per parte statunitense – occasioni di incontro con le potenze emergenti (Cina e India) attraverso istituzioni regionali multilaterali, per un “bilanciamento di forze” nella macrozona Asia-Pacifico. In quest’ottica si collocano i recenti accordi per congiunte esercitazioni militari con la Cina e con l’India, il riposizionamento di truppe statunitensi in Australia, Singapore e Guam, nonché la richiesta statunitense di mediazione rivolta alla Cina, per mediare nella contrapposizione con la Corea del Nord.

Sulla base di tali considerazioni vanno letti l’appello degli Stati Uniti a “ridimensionare le minacce nordcoreane”, l’apprensione generalizzata per gli inconcludenti tentativi di mediazione del Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, l’insofferenza della Russia verso la mancanza di conformità di Pyongyang alle direttive ONU (che metterebbero Putin seriamente in difficoltà, in caso di un nuovo voto per sanzioni aggiuntive alla Corea del Nord al Consiglio di Sicurezza) e, non da ultimo, le preoccupazioni nei confronti di una potenziale disputa tra Cina e Vietnam per il controllo del petrolio nel Mare Cinese Meridionale – proprio mentre il Vietnam sembra aver trovato nuove sinergie con gli Stati Uniti.

La posizione della Corea del Nord nella situazione geopolitica attuale preoccupa i leader mondiali e complica le relazioni economiche, militari e diplomatiche in una macroregione in cui si gioca la partita per la sicurezza e la stabilità del mondo nel terzo millennio. Come ha affermato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Victoria Nuland, le affermazioni di Kim Jong-un sono pura retorica. Ma retorica a che fine? Seppur l’interesse di Pyongyang sia rivolto allo scenario politico e sociale nazionale, e non rifletta certamente le vere intenzioni del paese (e su questo punto i media dovrebbero fare più attenzione a infiammare gli animi), gli Stati Uniti sono costretti a prendere precauzioni, seppur all’interno di un più vasto spostamento e bilanciamento di forze che era comunque in programma. Non è chiaro se questi movimenti strategici potranno condurre ad una potenziale convergenza tra America, Cina e Russia; né se eventuali progressi in questa direzione possano avere conseguenze positive a lungo termine. In ogni caso, saranno gli sviluppi nel Pacifico a determinare i nuovi parametri della geopolitica globale, al momento estremamente volatili – e che, in quanto tali, vanno approcciati con estrema cautela.

(Fonte Alia K. Nardini – istitutodipolitica)

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Armi nucleari nel Mondo

All’inizio del 2012, otto stati sono in possesso di circa 4.400 armi nucleari operative, di cui quasi 2.000 tenute in stato di elevata prontezza. Se si contano tutte le testate nucleari – operative, di riserva, immagazzinate (attive o meno), e in attesa di smantellamento – Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele sono in possesso complessivamente di circa 19.000 armi nucleari. Questi sono i dati emersi dal SIPRI Yearbook 2012, opera di 39 esperti provenienti da 17 paesi che tengono traccia e valutano le più importanti tendenze e i maggiori sviluppi nel campo della sicurezza internazionale, degli armamenti e del disarmo.

La disponibilità di informazioni affidabili sugli arsenali nucleari varia notevolmente. Francia, Regno Unito e Stati Uniti hanno recentemente divulgato importanti informazioni circa le loro capacità nucleari. Al contrario, la trasparenza russa è diminuita in seguito alla decisione di non rilasciare pubblicamente dati dettagliati sulle forze nucleari strategiche, anche se il paese condivide informazioni con gli Stati Uniti nell’ambito del nuovo trattato START sottoscritto nel 2010. La Cina rimane estremamente non trasparente, in linea con la sua strategia di deterrenza, e poche informazioni sono pubblicamente disponibili sulle sue forze nucleari e sul suo sistema di produzione di tali armamenti.

Informazioni attendibili sullo stato operativo dell’arsenale nucleare e sulle potenzialità dei tre stati che non hanno mai aderito al Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP, 1968) – India, Israele e Pakistan – sono particolarmente difficili da reperire. In mancanza di dichiarazioni ufficiali, le informazioni disponibili sono spesso contraddittorie o non corrette. Sia India che Pakistan sono unite dalla stessa dottrina nucleare basata sul principio di deterrenza minima ma senza escludere esplicitamente il primo uso delle armi nucleari. Stanno incrementando dimensioni e sofisticazione dei rispettivi arsenali nucleari, sviluppando e dispiegando nuovi sistemi missilistici (balistici e cruise), e incrementando la loro capacità di produzione di materiale fissile (materiali in grado di sostenere una reazione a catena indispensabili nella produzione di ordigni nucleari, dalla prima generazione di armi atomiche fino alle armi termonucleari più avanzate. I materiali fissili più comuni sono l’uranio altamente arricchito (highly enriched uranium, HEU) e il plutonio). 

Israele continua a mantenere la sua politica di lungo corso basata sull’opacità nucleare, non confermando né smentendo ufficialmente il possesso di armi nucleari. Tuttavia, è diffusa l’opinione che abbia prodotto plutonio per la costituzione di un arsenale nucleare. Israele potrebbe aver prodotto armi nucleari non-strategiche, tra cui proietti per artiglieria e cariche di demolizione atomiche, ma ciò non è mai stato confermato.

Tutti i cinque paesi il cui status nucleare è legalmente riconosciuto dal TNP – Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti – appaiono intenzionati a mantenere la loro condizione a tempo indeterminato. Russia e Stati Uniti hanno in corso programmi di ammodernamento per vettori, testate e sistemi di produzione e contemporaneamente continuano il processo di riduzione degli arsenali come previsto dal Nuovo START (entrato in vigore nel 2011), nonché per mezzo di tagli unilaterali. Dal momento che Russia e Stati Uniti posseggono i due arsenali nucleari di gran lunga maggiori, ciò fa sì che il numero di armi atomiche globalmente disponibile sia stabilmente in declino.

Gli arsenali nucleari di Cina, Francia, e Regno Unito sono notevolmente minori, ma tutti questi paesi stanno sviluppando nuove armi o hanno piani in merito. La Cina è l’unica a essere apparentemente intenta a incrementare il proprio arsenale nucleare, anche se a rilento.

Chi ha già dimostrato di essere in possesso di capacità nucleari militari è la Corea del Nord. Alla fine del 2011 si stimava il paese in possesso di circa 30 chilogrammi di plutonio, sufficienti a costruire fino a otto armi nucleari, a seconda del tipo di modello e competenze ingegneristiche applicate. Secondo un rapporto del 2011 prodotto da un gruppo di esperti incaricati dal Consiglio di Sicurezza ONU e poi trapelato, il paese ha lavorato a un programma di arricchimento dell’uranio «per diversi anni o addirittura decenni». Rimane ancora da capire se la Corea del Nord è riuscita a produrre uranio arricchito a scopo militare. Non è noto se la Corea del Nord sia riuscita nella produzione di uranio arricchito a scopo militare.

Forte preoccupazioni, sottolinea il Rapporto SIPRI Yearbook, per Siria e Iran per la proliferazione nucleare. I due stati, infatti, sono al centro dell’attenzione, a causa delle accuse di occultamento di attività nucleari di stampo militare, in contravvenzione con gli obblighi da loro accettati nel quadro del TNP. Un’indagine triennale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) ha concluso che un edificio distrutto da un attacco aereo israeliano nel 2007 in Siria fosse «molto probabilmente» un reattore nucleare non già dichiarato presso l’Agenzia. La IAEA ha anche riferito di avere prove attendibili del fatto che l’Iran avesse svolto attività nucleari di stampo militare in passato e che alcune di queste attività potrebbero essere ancora in corso. Le difficoltà incontrate dagli ispettori in entrambi i paesi hanno portato a un rilancio delle richieste di incremento del potere legalmente riconosciuto alla IAEA per condurre indagini sugli stati parte del TNP sospettati di violare i loro obblighi. Nel corso del 2011, l’Iran ha continuato a ignorare le cinque risoluzioni emanate dal CdS a partire dal 2006 che richiedevano la sospensione di tutte le attività connesse all’arricchimento dell’uranio.

Il rischio di terrorismo nucleare e di dirottamento illecito di materiali nucleari  sono al centro dell’attenzione della politica mondiale. Il problema di una guerra nucleare esiste, e non è di facile soluzione. Per combattere ciò il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 1977, la quale estende di dieci anni il mandato del comitato costituito con la risoluzione 1540 (non-proliferazione delle armi di distruzione di massa) con lo scopo di monitorare e facilitare il rispetto da parte degli stati degli obblighi fissati dalla stessa risoluzione.


No alla guerra, no al nucleare. Le armi all’uranio impoverito che distruggono l’uomo e l’ambiente. Nana Kobato, studentessa delle medie, si affaccia sul “lato oscuro del nucleare”: i pericoli delle centrali atomiche, gli effetti dei proiettili all’uranio impoverito, le devastazioni ambientali che uccidono adulti e bambini. In un racconto a fumetti chiaro e documentato, il figlio di una sopravvissuta alle radiazioni di Nagasaki racconta gli effetti delle guerre moderne sull’uomo e sull’ambiente, e mette a nudo i poteri occulti che sostengono l’energia nucleare. Un libro da leggere per scoprire che non esiste un “nucleare civile” senza applicazioni militari, non esiste “energia atomica pulita” senza rischi inaccettabili, non esistono “armi sicure” senza vittime di guerra.

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