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Se tutto va bene siamo rovinati

Italia-crisi

Mentre gli italiani sono in vacanza, o meglio quei pochi che possono permetterselo, Re Giorgio (ricordiamolo il figlio naturale di Re Umberto II) blinda il governo e nasconde i conti sotto il tappeto. Per la prima volta nel suo mandato, il presidente della Repubblica Napolitano ha incontrato Daniele Franco il ragioniere generale dello Stato. Perché? Lo svela il gruppo parlamentare del M5S della Camera sulla loro pagina ufficiale. Mettetevi comodi sotto l’ombrellone, possibilmente seduti e leggete attentamente:

  • Debito pubblico: record a 2.074 miliardi, veleggiamo verso il 130% del Pil;
  • Debito aggregato di Stato, famiglie, imprese e banche: 400% del Pil, circa 6mila miliardi;
  • Pil: atteso un altro -2% quest’anno. Si aggiunge al -2,4 del 2012;
  • Rapporto deficit/Pil: 2,9% nel 2013. Peggioramento ciclo economico Imu, Iva, Tares, Cassa integrazione in deroga lo portano ben oltre la soglia del 3%;
  • Prestiti delle banche alle imprese: -5% su base annua nei mesi da marzo a maggio. In fumo 60 miliardi di prestiti solo nel 2012;
  • Sofferenze bancarie: a maggio sono salite del 22,4% annuo a 135,5 miliardi;
  • Base produttiva: eroso circa il 20% dall’inizio della crisi;
  • Ricchezza: bruciati circa 12 punti di Pil dall’inizio della crisi. 200 miliardi circa;
  • Entrate tributarie: a maggio -0,7 miliardi rispetto allo stesso mese di un anno fa (a 30,1 miliardi, -2,2%). Nei primi 5 mesi del 2013 il calo è dello 0,4% rispetto ai primi 5 mesi del 2012;
  • Gettito Iva: -6,8% nei primi 5 mesi del 2013, un vero disastro;
  • Potere d’acquisto delle famiglie: -94 miliardi dall’inizio della crisi, circa 4mila euro in meno per nucleo;
  • Disoccupazione: sfondata quota 12,2%, dato peggiore dal 1977;
  • Disoccupazione giovanile: oltre il 38%;
  • Neet: 2,2 milioni nella fascia fino agli under 30, ragazzi che non studiano, non lavorano, non imparano un mestiere, totalmente inattivi;
  • Precariato: contratti atipici per il 53% dei giovani (dato Ocse);
  • Ammortizzatori: 80 miliardi erogati dall’Inps dall’inizio della crisi tra cassa integrazione e indennità di disoccupazione.

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Alla faccia dei lavoratori: La “situazione Husqvarna”

mercato-del-lavoro

212 persone rischiano di finire in mezzo alla strada, l’ennesimo saccheggio industriale alla faccia dei lavoratori.

Dal 6 marzo scorso, la proprieta` dell’Husqvarna Motorcycles e` passata dal gruppo BMW alla Pierer Industries. Successivamente, a meno di un mese dall’acquisto, la Pierer Industries ha preso la drastica decisione di chiudere l’azienda, mettendo 212 dipendenti, su un totale di 240, in cassa integrazione straordinaria per cessazione dell’attivita`, senza quindi alcuna possibilita` di ripresa. Tale situazione genera una pesante ricaduta sul personale dipendente e quindi su un territorio, quello varesotto, da sempre ai vertici della produzione economica e gia` oggi alle prese con una pesantissima situazione di crisi economica. Nel caso che abbiamo di fronte, pero`, si tratta di un vero e proprio piano di aggressione industriale da parte di un’azienda straniera al mero scopo speculativo. Lo Stato italiano si trovera` infatti a pagare la cassa integrazione per un anno a 212 persone, perche´ Pierer Industries non ha alcuna intenzione di investire in un piano di rilancio che coinvolga l’Italia. Al contrario, emerge la sola intenzione speculativa di chiudere l’attivita` esistente a Biandronno, per acquisire il prestigioso marchio, scaricando tutti i costi sociali sullo Stato italiano e – cosa gravissima – abbandonando 200 famiglie al loro destino. Non possiamo permettere che questa situazione di spoliazione industriale si compia nell’indifferenza, altrimenti avalleremmo anche per il futuro nuove, disastrose e rapaci azioni speculative da parte di industrie straniere ai danni della nostra economia. Dobbiamo invece difendere e far rispettare un patrimonio imprenditoriale e produttivo costruito con anni di sacrifici, che, anche e soprattutto per regole finanziarie non condivisibili, oggi si trova ad essere facile oggetto di saccheggio industriale. Per voce degli stessi sindacati non si ricorda un caso del genere in provincia di Varese. Si tratta di un comportamento mai visto, neppure nei difficili anni Ottanta, anni di ristrutturazione industriale pesante. KTM ha deciso tutto unilateralmente, scavalcando tutte le parti sociali e senza ricercare alcun accordo. I rappresentanti di Pierer Industries hanno dato evidenza di essere privi di un piano industriale per la produzione di motociclette a Biandronno ed e` evidente quindi che i veri argomenti, che non esito a denunciare come speculativi, non possono che essere apertamente dichiarati dalla nuova proprieta`. Di questa situazione deve essere interessato anche l’Antitrust europeo perche´ sono in gioco temi delicatissimi come la concorrenza e il mercato. Si tratta in effetti di un vero saccheggio industriale. La domanda che oggi si fanno tutti, a partire dai lavoratori, e` perche´ KTM ha acquistato l’11 marzo scorso da BMW un’azienda che continua a perdere da anni milioni di euro e da due mesi a questa parte nulla e` stato presentato, ne´ un piano di rilancio industriale ne´ altro, al solo scopo – a questo punto chiaro – di una speculazione industriale. La risposta quindi e` evidente. Si tratta di un saccheggio a fronte del quale non possiamo certo rimanere indifferenti. L’unico obiettivo e` quello di appropriarsi di un marchio prestigioso da utilizzare per nuove linee produttive all’estero. Devono essere quindi chiariti i propri intenti da parte di BMW, a partire dai milioni di euro spesi da BMW in questa azienda, con costi di consulenza che hanno addirittura superato l’intero valore della remunerazione dei lavoratori, per non parlare dei costi delle forniture, che sono stati via via periodicamente e costantemente trasferiti all’estero. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questa realtà.

 

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Oltre il baratro

Redditi da lavoro in caduta libera, più di mezzo milione di lavoratori in Cassa integrazione e oltre 30mila imprese scomparse. In difficoltà anche il commercio, il turismo, i trasporti e le banche. Questa è la fotografia del Paese emersa dal Rapporto della CGIL in vista della manifestazione nazionale, ‘Il Lavoro prima di tutto’, che si svolgera a Roma il 20 ottobre.

Prosegue il monitoraggio della Confederazione sulle situazioni di crisi più acute che stanno letteralmente sconvolgendo il tessuto industriale del Paese, ma anche il sistema dei servizi, del commercio e del credito. Continua l’emorragia dei posti di lavoro con cifre da capogiro, mezzo milione di posti nel solo triennio 2008/2010, in tutti i settori manifatturieri, dalla meccanica alla siderurgia, dagli elettrodomestici alla farmaceutica, il tessile, la ceramica, ai quali si aggiungono quelli persi nell’edilizia, nel commercio, nelle telecomunicazioni, nei trasporti e nelle banche.

Siamo nel pieno di una crisi a 360 gradi, che non fa sconti a nessuno, ma colpisce un settore dopo l’altro. Infatti, quando chiude o riduce drasticamente la produzione uno stabilimento a scomparire dal mercato è anche il suo prodotto, e così in Italia rischiano di scomparire intere filiere come quella dell’alluminio in Sardegna (Alcoa, Eurallumina) o dell’acciaio (ThyssenKrupp, Lucchini, Ilva) con il conseguente aumento delle importazioni e quindi della dipendenza dall’estero della nostra economia. A rischio il made in Italy nel tessile e nell’industria del bianco (Merloni, Indesit), nella ceramica (Ginori), nell’alimentare e nel mobile imbottito che 10 anni fa copriva il 16% dell’intera produzione mondiale mentre oggi registra una mortalità delle attività produttive pari all’80%. E se è vero che l’industria italiana si è dimostrata meno sofferente sotto il punto di vista dell’export, passando dal 61,4% del 2000 al 55,6% del 2011, a subire enormemente la crisi sono le aziende che si rivolgono esclusivamente o quasi al mercato interno.

Il quadro per l’industria italiana è drammatico: i primi sentori della crisi il nostro paese li ha avvertiti nel 2008, quando ha registrato un calo dell’attività industriale del 22,1% (aprile 2008 marzo 2009) e da allora, sostanzialmente non si è più ripresa. A dimostrarlo è la scomparsa tra il 2009 e il 2011 di 30mila imprese. A questa sofferenza dell’attività industriale si sommano le richieste di ore di Cassa integrazione, circa un miliardo all’anno per 500mila lavoratori, che è importante sottolinearlo, incidono negativamente sulla produttività oraria che viene invece solitamente calcolata sul numero complessivo della forza lavoro.

Delocalizzazioni da costo, crisi di liquidità, mancanza di investimenti e infrastrutture, costi dell’energia troppo alti, processi di riorganizzazione per una domanda in continuo calo, sono alcune delle maggiori cause di crisi nel nostro Paese. Per questo la CGIL torna a ribadire la necessità di una politica industriale con al centro investimenti e innovazione in ambito energetico, ambientale e delle materie prime, che stimoli una più forte collaborazione tra pubblico e privato facendo leva sulla domanda pubblica. C’è bisogno di risorse per rendere competitivo il nostro paese. Far ripartire l’economia significa anche rianimare i consumi interni attraverso politiche non restrittive e a favore dei redditi da lavoro e da pensione che con gli attuali interventi del Governo stanno subendo una drastica riduzione.

E’ per dare voce a tutti coloro che questa crisi la vivono in prima persona e che lottano ogni giorno per salvare, se ancora possibile, il proprio posto di lavoro, tra Cassa integrazione, contratti di solidarietà e annunci di licenziamenti collettivi, che la CGIL chiama a scendere in Piazza San Giovanni l’Italia della crisi, ma che dalla crisi vuole uscire attraverso il lavoro.

Di seguito riportiamo gli aggiornamenti di alcune situazioni particolarmente critiche divise per settore. Continue Reading

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Sempre più cassintegrati

 

maurobiani.it

Vignetta maurobiani.it

 

Italia popolo di cassintegrati, l’Isola dai cassintegrati si rallegri, nuovi concorrenti per L’unico reality REALE dove nessuno è famoso, ma tutti sono senza lavoro, infatti a febbraio sono state registrate 81.988.268 ore di cassa integrazione, un aumento del 49 per cento rispetto a gennaio e del 16 per cento rispetto allo stesso mese del 2011. È un segnale della gravità della situazione occupazionale in Italia. La riforma del lavoro proposta dal governo rischia di peggiorare la situazione.

I lavoratori precari costeranno di più in termini di contributi ma, in assenza di un salario minimo, il maggiore carico contributivo può ricadere sul dipendente sotto forma di salario più basso. Anche le norme sull’entrata nel mercato introducono pochi miglioramenti. Il contratto di apprendistato si applica solo ai giovani fino a 29 anni, mentre più del 50 per cento dei lavoratori precari ha almeno 35 anni. Manca anche il gradualismo nelle tutele: il loro aumento con l’anzianità incoraggerebbe i datori di lavoro a offrire da subito contratti a tempo indeterminato e a investire nella formazione dei dipendenti.

La riforma dell’articolo 18 apre un nuovo fronte tra licenziamenti economici individuali e licenziamenti disciplinari. Questi ultimi offriranno un maggiore compenso e la possibilità di reintegro, ma la distinzione tra i due è molto labile. L’ultima parola spetterà ai giudici. Tutto questo rende l’esito dei licenziamenti ancora più incerto. Infine, non si estende la copertura degli ammortizzatori sociali ai lavoratori precari e a progetto, né c’è il riordino degli strumenti esistenti. Questa riforma affronta i principali problemi del mercato del lavoro italiano, ma siamo alla solita formula gattopardesca: cambiare tutto perché nulla cambi. 

(Fonte Tito Boeri – Internazionale)

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