Vaccini obbligatori solo in Italia

Vaccini obbligatori, un regalo alle Lobby

L’Italia è l’unico Paese d’Europa a prevedere l’obbligo per 12 vaccinazioni. Secondo lo studio “Eurosurveillance”, commissionato e finanziato dall’European centre for disease prevention and control (Ecdc),  il nostro è l’unico Paese a prevedere l’obbligo per tutti i vaccini presi in considerazione.

Dei 15 sui 29 Paesi interessati, Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Islanda, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito, nessuno prevede la vaccinazione obbligatoria, e gli altri 14 ne prevedono almeno una all’interno del proprio programma vaccinale nazionale. Il testo è del 2012, ma è il più recente in materia. Continue Reading

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Meningite è epidemia?

Gli ultimi casi di meningite hanno riportato in auge la psicosi epidemia. Chiariamo subito: non è in corso nessuna epidemia, e l’eccessiva presenza di extracomunitari non centra nulla. Il fenomeno non è legato assolutamente all’immigrazione di alcune etnie o di persone da regioni o nazioni specifiche. I casi di meningite avvenuti in Toscana sono dovuti al meningococco C che è da sempre presente in Italia e in Europa. Nell’ultimo anno i casi di meningite da meningococco, spiega il dottor Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell’Istituto Superiore di Sanità, “sono stati circa 190 mentre l’anno precedente si sono registrati 196 casi, per cui si tratta di un andamento stabile. Per quanto riguarda i casi sia di meningite che di sepsi, circa 1700 nel 2016, si nota invece una leggera diminuzione rispetto all’anno passato”. In Italia, quindi, non esiste nessuna emergenza meningite.  Continue Reading

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Il vaccino antinfluenzale non è efficace

Vale la pena vaccinarsi contro l’influenza? Dobbiamo davvero allarmarci e correre tutti a vaccinarci? No. L’efficacia del vaccino antinfluenzale non è provata. Ci sono in giro più di cento ceppi di virus influenzali e vaccinarsi per uno o due di questi non ci mette al riparo dal prendere l’influenza. Giocare sull’equivoco che vaccinandosi ci si protegga da tutti i virus dell’influenza, serve solo a vendere più vaccini. Continue Reading

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Il business dei vaccini

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“Sul fronte dell’industria vaccinale vi sono state grandi novità: la liberalizzazione del prezzo dei vaccini, avvenuta alla fine degli anni ’80 in buona parte dei paesi Occidentali, ha finalmente rotto il gap dello statalismo che soffocava lo sviluppo dei vaccini imponendo prezzi bassi non remunerativi in cambio di mercato garantito e in assenza di competizione. Fare vaccini è diventato di nuovo conveniente: abbiamo visto un grande rilancio della ricerca, un’esplosione di attività promozionali e culturali, accompagnate da una aggregazione, in poche grandissime multinazionali, di buona parte dell’industria vaccinale.”
Così scriveva Donato Greco, Dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità alla fine degli anni 90.

In effetti, da quando si è passati dai 3 vaccini degli anni ’80 (antipolio, antidif-tetanica) ai 15 odierni (aggiungendo quelli contro pertosse, Hib, epatite B, meningococco B e C, pneumococco, rotavirus, morbillo, parotite, rosolia, varicella, influenza) il “mercato” è cambiato, con guadagni consistenti da parte dei produttori.

Un’analisi costo-beneficio tratta da Canadian Immunisation Guide mostra come i vaccini più recenti costino molto di più per anno di vita salvato rispetto ai vaccini meno recenti. Continue Reading

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Vaccini antinfluenzali: Un business da 50 milioni di euro l’anno (pandemie escluse)

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“Il business dei vaccini antinfluenzali è costante nel tempo. E, costantemente, il Servizio sanitario nazionale spende circa cinquanta milioni l’anno. Che servono a immunizzare dal virus responsabile dell’influenza stagionale gli over 65, i portatori di malattia respiratore e tutti quelli che le autorità considerano a rischio e per i quali il vaccino è rimborsato dal Ssn. Ci sono poi tutti coloro che decidono autonomamente di vaccinarsi comprando il medicinale a proprie spese: adulti sani soprattutto. L’Agenzia Italiana del Farmaco dispone di questo dato milionario complessivo, ma, più volte sollecitata, non ce l’ha voluto fornire. Per nostro conto stimiamo che siano in ballo almeno altri 50 milioni. Questo di anno in anno. Ben altro accade, invece, quando si diffonde il tam tam che quella alle porte sarà una pandemia. L’ultima, quella del 2009-2010, la cosiddetta suina. La paura si tagliava con il coltello. E l’Italia non badò a spese: seguendo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità si pose l’obiettivo di vaccinare il 40% della popolazione con il vaccino pandemico. Ne ordinò 24 milioni di dosi firmando un contratto da 184 milioni di euro. Anche se a inizio dicembre era già chiaro che si trattava di un malanno contagioso sì, ma meno pericoloso delle influenze a cui eravamo abituati. Si vaccinò meno di un milione di persone a fronte di circa 10 milioni di dosi di vaccino già acquistate e distribuite dal ministero. Per battere la suina, le autorità misero mano anche alle scorte di antivirali che giacevano nei magazzini. Quaranta milioni di dosi, dieci di zanamivir (Relenza di GlaxoSmithKline) e trenta di oseltamivir (Tamiflu dì Roche), acquistati per ordine dell’allora ministro Francesco Storace tra il 2005-2006. La minaccia era la pandemia di aviaria, e Storace aveva convinto il titolare dell’Economia Giulio Tremonti a destinare alla causa 50 milioni di euro, sufficienti ad acquistare dosi di antivirali per il 10% della popolazione. Altrettanti farmaci avrebbero dovuto essere a carico delle Regioni. La pandemia non arrivò mai e i medicinali giacquero nei depositi del ministero della Salute fino alla data di scadenza. Un vaccino contro l’aviaria non era disponibile e quindi non fu possibile buttare via soldi per acquistarlo, ma le autorità raccomandarono vivamente la vaccinazione contro i normali virus influenzali e la popolazione terrorizzata segui in massa l’indicazione.” Da L’Espresso del 10 Aprile

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