I video propaganda di al Qaeda creati dagli Stati Uniti

Nemmeno la mente più contorta avrebbe potuto ipotizzare che i famigerati filmati di al Qaeda potessero essere un prodotto del Pentagono. In realtà, se si studia bene la storia degli Stati Uniti, si evince che il casus belli di molti conflitti, come per esempio la seconda guerra mondiale, il Vietnam e quella all’Iraq, si basava sufandonie architettate per convincere l’opinione pubblica che era indispensabile mettere in moto l’ipertrofica macchina da guerra a stelle e strisce. Continue Reading

Condividi:

I dinosauri della politica africana

politici-africani

La cerimonia d’investitura, giovedì scorso, di Yoweni Museveni nel suo quinto mandato da presidente dell’Uganda ha offerto un’immagine chiarissima di come lo scenario politico africano sia ancora fortemente condizionato dai ‘Cesari africani’, che mantengono il potere a vita, grazie al controllo di ingenti risorse finanziarie che si traducono quasi esclusivamente in spesa per il controllo delle Forze armate. Continue Reading

Condividi:
0

Le 1000 frustate dell’Arabia Saudita

#FreeRaif

Mentre infuriano le polemiche, dopo i fatti di Parigi, su Islam e libertà di parola, in Arabia Saudita, “amica” dell’occidente, il blogger dissidente Raif Badawi viene condannato a 10 anni di prigione, 1000 frustate e una multa di 1.000.000 di rial sauditi (circa 196.000 euro). Anche la moglie di Raif, Ensar Haidar, è nel mirino degli integralisti islamici ed ha chiesto asilo politico in Canada insieme ai tre figli.

Raif è stato arrestato e condannato nel 2012 per presunte offese alla religione, per oltraggio, crimini informatici e persino per aver disobbedito a suo padre. Il 31enne scrittore saudita e creatore del sito laico Free Saudi Liberals. Solo grazie all’intervento, nel 2013, dell’Alta Corte era riuscito ad evitare la pena di morte. La stessa corte che ora decide di riaprire il caso e sospendere la condanna anche grazie alle 14 mila firme della petizione on line contro la tortura recapitate a re Abdullah. La punizione è stata solamente sospesa, non revocata. Se l’attenzione internazionale calerà nei prossimi giorni, Raif Badawi potrebbe scontarla tutta la sentenza comprese le mille frustate: 50 ogni venerdì in pubblico a Gedda, all’esterno della moschea di al Jafali.

In uno dei suoi post su Free Saudi Liberals Badawi ha scritto: “Abbiamo il diritto di pensare e dire ciò che vogliamo così come abbiamo il diritto di amare e di odiare, di essere islamisti o liberali. Nelle società arabe e islamiche dobbiamo avere maggiore rispetto per la libertà dell’individuo. Gli Stati fondati sulla religione rinchiudono i loro cittadini in un circolo vizioso di fede e paura”.

Ha denunciato un sistema in cui è proibito tutto: dalla guida per le donne, due attiviste nelle scorse settimane sono state arrestate e condannate perché erano al volante, fino alla formazione di associazioni e partiti, alle elezioni, alle manifestazioni pubbliche. Ha osato dire che l’Università Islamica “Imam Muhammad ibn Saud” di Riyadh è un laboratorio del wahabismo più radicale che spinge tanti giovani sauditi ad abbracciare il jihadismo armato. Troppo per un regime che da un lato afferma di combattere al Qaeda e lo Stato islamico e poi lascia che tanti dei suoi ricchi cittadini versino generosi finanziamenti che, per varie strade, arrivano proprio a quei gruppi.

La fustigazione viola il divieto assoluto di tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti previsti del diritto internazionale. Anche l’adozione di provvedimenti penali per aver criticato pacificamente funzionari e istituzioni pubbliche e per aver difeso pacificamente i diritti umani viola le norme internazionali sui diritti umani. Ma i nostri “amici” dell’Arabia Saudita proseguono come se nulla fosse la capillare campagna di persecuzione contro gruppi e attivisti indipendenti per i diritti umani.

Ricordiamo, per chi non lo sapesse che la “moderata” Arabia saudita, alleata di ferro dell’Amministrazione Usa in Medio Oriente, morbida verso Israele, generosa nell’acquisto per decine di miliardi di dollari di armi americane ed europee e che ora, opponendosi ad una riduzione della produzione di petrolio, ci garantisce il barile di greggio sotto i 50 dollari.

Amnesty International Italia ogni giovedì manifesterà di fronte all’ambasciata dell’Arabia Saudita a Roma per chiedere la fine delle frustate e la liberazione di Badawi, che l’organizzazione per i diritti umani considera un prigioniero di coscienza.

Firma l’appello online: Raif Badawi a rischio imminente di fustigazione Continue Reading

Condividi:
1

Strage Charlie Hebdo, chi erano i macellai di Parigi?

Charlie-Hebdo-terroristi

L’assalto a Charlie Hebdo rappresenta il peggior attentato avvenuto in Francia dal 1961. Dopo un blitz durato circa sette ore, le teste di cuoio francesi hanno ucciso i fratelli Kouachi, ritenuti responsabili della strage al settimanale Charlie Hebdo. Stessa sorte per Amedy Coulibaly, l’uomo che ha preso in ostaggio sei persone in un negozio kosher, nella zona est della stazione di Porte de Vincennes di Parigi. I fratelli Kouachi e Amedy Coulibaly si conoscevano da anni perché appartenevano alla stessa cellula jihadista.

Ma chi sono i quattro, più probabilmente tre (la ventiseienne Hayat Boumeddiene, presunta “complice”, fidanzata di Coulibaly è tra i ricercati), che hanno inflitto un attacco al cuore alla libertà di espressione e tenuto in scacco per tre giorni 88 mila agenti di polizia? I fratelli Kouachi erano dei foreign fighters a tutti gli effetti, Coulibaly era un “semplice” squilibrato violento.

– SAID KOUACHI
1980 Nasce a Parigi.
1994 Entra in orfanotrofio.
2010 Sospettato di aver partecipato a un tentativo per far evadere un terrorista.
2011 Va nello Yemen per partecipare a un campo di addestramento di al Qaeda.
2015
7 Gennaio: Responsabile insieme al fratello della morte di dodici persone, dieci redattori del Charlie Hebdo e due poliziotti.
8 Gennaio: Viene segnalato col fratello nella campagna a nord di Parigi.
9 Gennaio: Si barrica col fratello nella tipografia di Dammartin-en-Goële. Muore negli scontri a fuoco con la polizia.

– CHERIF KOUACHI
1982 Nasce a Parigi.
1994 Entra in orfanotrofio.
2003 Entra in un gruppo di reclutamento per l’Iraq.
2005 Arrestato, viene condannato a tre anni.
2010 Sospettato per la tentata evasione di un terrorista.
2015
7 Gennaio: Responsabile insieme al fratello della morte di dodici persone, dieci redattori del Charlie Hebdo e due poliziotti.
8 Gennaio: Viene segnalato col fratello nella campagna a nord di Parigi.
9 Gennaio: Si barrica col fratello nella tipografia di Dammartin-en-Goële. Muore negli scontri a fuoco con la polizia.

– AMEDY COULIBALY
1982 Nasce a Juvisy-sur-Orge, in Francia.
2001 Pluricondannato per furto aggravato.
2004 Condannato a sei anni per rapina a mano armata. Recluso nello stesso carcere di Cherif Kouachi.
2006 Condannato a un anno e mezzo per traffico di droga.
2009 Si sposa con Hayat.
2010 Sospettato di aver partecipato ad un tentativo per far evadere un terrorista.
2014 Esce di prigione.
2015
8 Gennaio: Uccide un agente.
9 Gennaio: Fa irruzione in un supermercato kosher, prende in ostaggio i clienti, ne uccide quattro, prima di essere ucciso dalla polizia.

– HAYAT BOUMEDDIENE
1988 Nasce in una banlieue a Villiers sur Marne, in Francia.
2009 L’anno della svolta integralista. La giovane sposa Coulibaly con rito religioso islamico, dopo aver abbandonato il suo lavoro di cassiera. Si trasferisce col marito nel Cantal, regione dell’Alvernia. Si fa plagiare dal predicatore estremista Djamel Beghal.
2014 Il marito Coulibaly esce di prigione, Hayat lo riaccoglie tra le sue braccia.
2015
9 Gennaio: I media scrivono della sua presenza nelle azioni terroristiche insieme al marito. Ma dopo il blitz della polizia francese non si trova. È la donna più ricercata di Francia. Avrebbe già raggiunto la Siria.

Condividi: