Una vecchia inchiesta, finita in archivio. Ma che racconta molto di più di molti dibattimenti processuali. Un procedimento portato avanti dalla Dda di Palermo a metà degli anni Novanta che mise in luce un “sistema criminale” (questo il nome dell’inchiesta) di portata internazionale. Un procedimento nato dopo la stagione stragista di Cosa Nostra. E che ne rivelò aspetti sconosciuti. Come la convergenza di obiettivi tra realtà apparentemente diverse e contrapposte come Cosa Nostra, la ‘ndrangheta, la massoneria deviata e i movimenti legati all’estrema destra. Una strategia elaborata nel 1991 in piena bufera Tangentopoli, quando la prima repubblica era ormai ai titoli di coda e alcuni poteri erano alla ricerca di nuove sponde. Politiche e criminali. Un disegno a cui partecipavano più soggetti, aventi come elemento collante il separatismo. Una strategia d’attacco che avrebbe dovuto avere come fine ultimo un colpo di Stato.
Un progetto criminale che aveva un duplice obiettivo: l’azzeramento del quadro politico-istituzionale nazionale e la totale destabilizzazione del Paese per agevolare il golpe. In questo clima, la Lega Nord compie un’importante trasformazione, da aggregazione di leghe regionali assume la struttura che ha resistito fino alle inchieste della magistratura di questi giorni. La Lega Nord era nata nel mese di novembre 1989 come federazione di una serie di movimenti leghisti la cui radice era nella Lega Lombarda di Umberto Bossi (1983), e nella Liga Veneta. Fin dalle origini del movimento leghista, ed in particolare all’interno della Liga Veneta, e’ presente una significativa componente legata agli ambienti dell’eversione nera, che sfoceranno poi, ecco il punto, anche nell’esperienza delle leghe meridionali. In particolare e’ stato candidato in alcune consultazioni elettorali nelle liste della Liga Veneta l’avvocato Stefano Menicacci, con un passato di primo piano da attivista della destra estrema, legale (e socio) di Stefano Della Chiaie, ma anche del leader della Liga Veneta Franco Rocchetta, della Lega Nord, oltre che di quel Giancarlo Marocchino, da molti sospettato di aver avuto un ruolo in misteriosi traffici con la Somalia, quelli su cui indagarono Ilaria Alpi e Miriam Hrovatin prima di essere assassinati a Mogadiscio il 20 marzo del ’94.
Menicacci e’ stato il fondatore nel maggio del 1990 di una intera serie di Leghe Meridionali, assieme a Delle Chiaie. Secondo la Direzione investigativa antimafia (Dia), l’avvocato Menicacci e’ “l’elemento di collegamento principale” fra la Liga Veneta e le iniziative leghiste centro-meridionali sviluppatesi negli anni ’90. Nello stesso periodo in cui sorsero i movimenti meridionalisti fondati dall’avv Menicacci e da personaggi a lui legati, cominciarono a sorgere nelle varie regioni centrali e meridionali d’Italia una serie di movimenti, tutti apertamente collegati alla Lega Nord e per lo più fondati dal Crosta, e che, in quasi tutti i casi, i movimenti fondati dal Crosta si sono poi fusi con quelli costituiti dall’avv. Menicacci. Un altra informativa della Dia del 1998, evidenzia la partecipazione di Bossi, sempre nel 1990, ad alcune manifestazioni politiche organizzate da leghe costituite da Menicacci.
La versione di Miglio. Nei primi anni Novanta, la neo formazione politica segue la linea dettata da Gianfranco Miglio, ormai riconosciuto come l’ideologo della Lega. Miglio teorizzava che il neoregionalismo sia una cornice istituzionale non più adeguata, perché il contesto di riferimento “la regione” e’ troppo angusto. Del settembre 1990 era la pubblicazione dell’opera di Miglio: “Una costituzione per i prossimi trent’anni. Intervista sulla terza Repubblica”, ove si prefigurava la costituzione di tre macro regioni, la Padania, il Centro e il Sud, destinate a far parte di uno Stato federale. Intanto, già dall’aprile 1990, per iniziativa di Cesare Crosta, era iniziata l’attività della Lega Centro e della Lega Sud, entrambe aderenti alla Federazione nazionale delle Leghe promossa dalla Lega Lombarda, che raggruppava, per l’appunto, la Lega Nord, la Lega Centro e la Lega Sud.
Il progetto finale, era quello della divisione del Paese in due o tre macroregioni, con Statuti autonomi, in un Italia federata destinata a perdere la propria identità nazionale e ad essere attratta al Nord sotto l’influenza della Europa del Nord e al Sud sotto l’influenza dei Paesi del Nord Africa (Libia). La frammentazione del paese in stati federali avrebbe consegnato il Sud all’egemonia del sistema criminale, alle mafie.
(Fonte IlPunto)