Esiste una norma, poco nota, che garantisce un diritto sacrosanto ignorato dai cittadini: quello di pretendere che la prestazione medica, se non viene fornita entro i tempi stabiliti (30 giorni per una visita specialistica e 60 per un esame diagnostico, secondo l’accordo Stato Regioni del 2002), venga erogata in intramoenia senza costi aggiuntivi rispetto al ticket pagato.
Un diritto che è previsto dall’art. 3, comma 13, del decreto legislativo numero 124/1998. Né gli ospedali né le strutture pubbliche delle Asl ne danno comunicazione ai malati. La legge stabilisce il diritto del cittadino ad avere una visita medica o l’esame diagnostico in tempi certi e nell’accordo Stato Regioni dell’11 luglio 2002, (repertorio atti n.1488).
Come fare? Basta inviare una raccomandata al direttore sanitario dell’ospedale, in cui si specificano i propri dati, il tipo di prestazione, l’impossibilità di ottenerla entro 30 o 60 giorni, e che per questo motivo si richiede che venga effettuata in regime di attività libero-professionale intramuraria senza dover pagare un centesimo in più al medico come “privato”, ma essendo tenuto solo a corrispondere il ticket. Se poi il paziente non riceve riscontro, potrà farsi rimborsare la prestazione in regime privato. Anche in questo caso basterà una comunicazione nero su bianco.
Spiega l’avvocato Angelo Greco, direttore del portale La legge per tutti:
“La legge parla chiaro: il malato ha diritto alle prestazioni mediche entro tempi certi, se il Servizio sanitario nazionale non riesce a far fronte a questo diritto, il paziente deve armarsi di tenacia, prendere carta e penna e compilare un modulo che avrà valenza fattiva per ottenere che la medesima prestazione sia fornita dal medico privatamente, in intramoenia, senza costi aggiuntivi rispetto al ticket già pagato”.