Italiani ultimi in educazione finanziaria

Siamo tra i più ignoranti in Europa quando si parla di “inflazione, capitalizzazione composta, tasso di interesse e diversificazione del rischio“. Solo il 37% degli italiani conosce il significato di almeno tre di questi quattro concetti base. La percentuale è inferiore alla media dell’Unione Europea, pari al 52%, e al dato rilevato in tutte le altre economie avanzate.

È questo l’impietoso risultato della ricerca effettuata dalle Autorità di vigilanza (Banca d’Italia, Consob, Covip e Ivass) con il Museo del Risparmio, la Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio e la Fondazione Rosselli (d’intesa con i ministeri dell’Economia e dell’Istruzione). Numeri che dovrebbero far riflettere.

Anche per i giovani italiani le conoscenze economico-finanziarie sono inferiori a quelle dei coetanei stranieri. Colpa anche della scuola, dove l’economia e la finanza trovano spazio solo negli istituti tecnici commerciali. Nell’indagine OCSE-PISA 2012, che ha introdotto per la prima volta una valutazione del livello di alfabetizzazione finanziaria dei quindicenni, l’Italia occupa il penultimo posto.

Non essere al corrente delle nozioni base di finanza ha un prezzo, è oggi, in un mondo attraversato dalla crisi economica e in cui i mercati finanziari sono diventati più complessi e sofisticati, è indispensabile nella formazione, soprattutto dei giovani. È una forma di investimento culturale sul benessere, proprio come l’educazione alimentare lo è sulla salute. Una cultura necessaria per effettuare le scelte più opportune, per avere un corretto rapporto con il denaro e con il suo valore, per essere futuri cittadini informati, attivi e consapevoli.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”