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Quante sono le colf e le badanti in Italia? Ecco chi cura l’Italia che invecchia

Quante sono le badanti in Italia?

In un Paese che conta 13,3 milioni di anziani e dove gli ultra 65enni aumentano al ritmo di 260.000 l’anno e nel 2050 rappresenteranno più di un quarto della popolazione, è inevitabile che la domanda privata di assistenza sia in costante aumento.

Eppure è un’occupazione ancora percepita come qualcosa di diverso dal lavoro “regolare”, quasi un “non lavoro”. Invece rappresenta un contributo fondamentale e preziosissimo al fabbisogno di servizi di cura e di assistenza familiare che la nostra società, in costante invecchiamento, richiede. Continue Reading

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Ecco in quali lavori i robot sostituiranno l’uomo

In quali lavori i robot sostituiranno l’uomo?

Il futuro sono i robot e sono pronti a rubarci il lavoro. I robot non consumano e non partecipano al ciclo economico. Utilizzarli dunque conviene alle aziendeIn quali lavori i robot sostituiranno l’uomo?

I robot non sono macchine che lavoreranno vicino e insieme alle persone per aumentarne la produttività, ma in alcune mansioni sostituiranno completamente l’uomo. Il futuro è già scritto.  Continue Reading

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In Campania, Sicilia e Puglia una donna su tre è casalinga

casalinghe in Italia

In tre regioni del sud, Campania, Sicilia e Puglia, una donna su tre fa la casalinga. È quello che emerge dal rapporto dell’Istat intitolato “Le casalinghe in Italia”, dedicato alle donne di almeno 15 anni che hanno come principale occupazione lo svolgimento delle faccende domestiche.

Complessivamente in Italia sono 4,3 milioni le donne che si occupano esclusivamente di lavori domestici. Rispetto a 10 anni fa, sono mezzo milione in meno. Le anziane di 65 anni e più superano i 3 milioni e rappresentano il 40,9% del totale. Sono invece 625mila, l’8,5%, le casalinghe giovani e giovanissime, tra i 15 e i 34 anni.

Quasi una casalinga su dieci, spiega l’Istat, si trova in condizioni di povertà assoluta, nel 2015 erano più di 700 mila, circa il 9,3% del totale. Questo significa che non hanno un reddito sufficiente per garantirsi neppure i beni essenziali per una vita dignitosa. Continue Reading

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In Italia record di Neet e di povertà estrema

Neet

L’Italia non è un Paese per giovani, ormai lo sappiamo bene. Una generazione di rassegnati che deve affrontare la letale combinazione di scarse opportunità, redditi bassi, flessibilità massima, costi contributivi elevati e nessun welfare. Giovani che pagano alla crisi o all’incapacità del sistema educativo con l’esclusione dal sistema sociale.

La conferma arriva dagli ultimi dati del 2016 pubblicati dalla Commissione Europea. L’Italia detiene, infatti, la percentuale più alta nell’Ue di giovani fra i 15 e i 24 anni che non hanno lavoro e nemmeno lo cercano (i cosiddetti Neet). Sono il 19,9% contro una media Ue dell’11,5%. Un record che detiene ormai ininterrottamente dal 2013.

Al secondo posto (18,2%) troviamo la Bulgaria, che aveva il record fino al 2012, mentre terza è la Romania (17,4%), poi a seguire Croazia (16,9%), Cipro (15,9%) e Grecia (15,8%) e Spagna (14,6%).

Inoltre in Italia chi riesce a trovare un lavoro, in più del 15% dei casi ha contratti precari, e se non ha ancora 30 anni guadagna meno del 60% di un lavoratore over 60. Ne consegue che i giovani italiani escono dal nido familiare fra i 31 e i 32 anni, molto dopo la media Ue di 26 anni.

Ma i dati allarmanti riguardano anche il trend del numero di persone che in Italia vivono in condizioni di povertà estrema: 11,9% (contro il 7,8% medio dell’Ue e il 6,8% dell’area dell’euro), cifra aumentata fra 2015 e 2016, unico caso in Ue con Estonia e Romania. Nel 2016, la disoccupazione fra i 15 e i 24 anni è stata al 37,8%, in calo rispetto al 40,3% del 2015, comunque la terza in Europa dopo Grecia (47,3%) e Spagna (44,4%).

L’Ocse, ha poi messo l’Italia agli ultimi posti nella sua classifica sul mercato del lavoro. Solo il 57,7% degli italiani in età lavorativa è occupato. Peggio fanno solo Grecia (52,7%) e Turchia (50,9%).

Una volta Charles De Gaulle disse che l’Italia non era un Paese povero, ma un povero Paese. Aveva ragione.

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Nel 2050 età pensionabile a 70 anni, lavorare di più per avere di meno

età pensionabile

In pensione a 67 anni dal 2019 e quasi a 70 nel 2050, 69 anni e 9 mesi per essere precisi. L’obiettivo è aumentare sempre di più l’età pensionabile per garantire la sostenibilità finanziaria a medio termine del sistema previdenziale.

È questo lo scenario messo in evidenza ieri dal presidente dell’Istat Giorgio Alleva durante un’audizione in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge recanti modifiche all’articolo 38 della Costituzione per assicurare l’equità nei trattamenti previdenziali e assistenziali. Continue Reading

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