L’8 marzo e’ una festa per le donne in tutto il mondo, ma difficilmente lo e’ anche per le decine di milioni di bambine e adolescenti che sono state costrette a rinunciare all’infanzia, alla scuola e a gran parte della propria liberta’ per sposarsi.
I “matrimoni precoci” sono le unioni (formalizzate o meno) tra minori di 18 anni, una realtà che tocca milioni di giovanissimi nel mondo. Nei Paesi in via di sviluppo (Cina esclusa) circa 70 milioni di ragazze – una su tre fra coloro che oggi hanno un’età compresa tra 20 e 24 anni – si sono sposate in età minorile. A livello globale, quasi 400 milioni di donne di età compresa tra 20 e 49 anni (oltre il 40%, del totale) si sono sposate in minore età. I tassi più elevati di diffusione dei matrimoni precoci si registrano nell’Asia meridionale (46%) e nell’Africa subsahariana, non a caso le medesime regioni del globo in cui sono massimamente diffusi altri fenomeni, come la mortalità materna e infantile, la malnutrizione, l’analfabetismo ecc.
I 10 Paesi dove è più alta la percentuale di donne tra i 20 e i 24 anni che si sono sposate – o hanno iniziato a convivere – prima dei 18 anni sono: Niger 75%; Repubblica Centrafricana 68%; Ciad 68%; Bangladesh 66%; Guinea 63%; Mozambico 56%; Mali 55%; Burkina Faso 52%; India 47%; Eritrea 47
Sposarsi in età precoce comporta una serie di conseguenze negative per la salute e lo sviluppo. Al matrimonio precoce segue quasi inevitabilmente l’abbandono scolastico e una gravidanza altrettanto precoce, e dunque pericolosa sia per la neo-mamma che per il suo bambino. Le gravidanze precoci provocano ogni anno 70.000 morti fra le ragazze di età compresa tra 15 e 19 anni, e costituiscono una quota rilevante della mortalità materna complessiva. A sua volta, un bambino che nasce da una madre minorenne ha il 60% delle probabilità in più di morire in età neonatale, rispetto a un bambino che nasce da una donna di età superiore a 19 anni. E anche quando sopravvive, sono molto più alte le possibilità che debba soffrire di denutrizione e di ritardi cognitivi o fisici.
Le “spose bambine” sono innanzitutto ragazze alle quali sono negati diritti umani fondamentali: sono più soggette, rispetto alle spose maggiorenni, a violenze, abusi e sfruttamento. Inoltre, esse vengono precocemente sottratte all’ambiente protettivo della famiglia di origine e alla rete di amicizie con i coetanei e con gli altri membri della comunità, con conseguenze pesanti sulla sfera affettiva, sociale e culturale. I matrimoni precoci contravvengono ai principi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che sancisce il diritto, per ogni essere umano sotto i 18 anni, ad esprimere liberamente la propria opinione (art. 12) e il diritto a essere protetti da violenze e sfruttamento (art. 19), e alle disposizioni di altri importanti strumenti del diritto internazionale. Occorre essere consapevoli che le radici di questo fenomeno risiedono in norme culturali e sociali legate sia a pregiudizi di genere che a strategie sociali proprie delle economie di sussistenza, in primo luogo l’esigenza di “liberarsi” prima possibile del peso rappresentato dalle figlie femmine, ritenute meno produttive per l’economia familiare.
Di conseguenza, l‘UNICEF basa le proprie strategie per prevenire i matrimoni precoci sulla sensibilizzazione delle comunità sui diritti delle bambine e delle ragazze, attraverso campagne nazionali e una fitta e paziente attività di dialogo a livello locale, finalizzata a conquistare il consenso dei genitori e dei leader religiosi e comunitari. L’UNICEF affianca anche i governi dei Paesi coinvolti nel fenomeno per migliorare le leggi, le politiche e i servizi sociali. Promuovere una scuola di qualità per tutti i bambini, con particolare attenzione alla parità di genere, è la migliore strategia per proteggere le bambine dai matrimoni precoci, così come dal lavoro minorile e da altre violazioni dei diritti. I risultati finora ottenuti sono promettenti, ma non ancora pienamente soddisfacenti. La percentuale di ragazze (20-24 anni) che si sono sposate in età minorile è del 35%, segno di un decremento del fenomeno rispetto alla generazione precedente (nella fascia di età 45-49 anni la quota di quelle sposate in età minorile è del 48%). Ma nei 5 Paesi in cui questa pratica è maggiormente diffusa, la percentuale arriva ancora al 60%.