Garantire alle donne regole chiare per accedere ai vertici aziendali non è solo giusto: è anche utile per la competitività economica dell’Europa. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che le imprese più attente alle “quote rosa” rendono di più delle loro concorrenti. Ma finora i cambiamenti ai vertici sono stati lenti.
Attualmente i consigli d’amministrazione sono dominati da un unico genere, il maschile. L’85% degli amministratori senza incarichi esecutivi e il 91,1% di quelli con incarichi esecutivi sono uomini, mentre alle donne restano, rispettivamente, il 15% e l’8,9%. Nonostante l’intenso dibattito pubblico e alcune iniziative volontarie a livello nazionale ed europeo, negli ultimi anni non si sono registrati cambiamenti significativi: dal 2003 il numero di donne negli organi direttivi delle aziende è aumentato in media appena dello 0,6% all’anno. Nei CdA delle maggiori imprese europee quotate in borsa le donne rappresentano oggi circa il 14% dei membri (un amministratore su 7), rispetto al 12% nel 2010. A questo ritmo ci vorranno circa 40 anni prima di arrivare ad una situazione di equilibrio.
Per questo motivo la Commissione europea propone un atto legislativo dell’UE diretto ad accelerare i progressi verso un maggiore equilibrio tra uomini e donne nei consigli delle società europee. Misure legislative sull’uguaglianza tra donne e uomini negli organi decisionali delle imprese, sono state chieste a più riprese, soprattutto nelle risoluzioni del 6 luglio 2011 e del 13 marzo 2012. Le proposte prevedono una quota minima del 40% per il sesso sottorappresentato tra i membri non esecutivi dei CdA delle maggiori imprese europee quotate in borsa. Queste misure si applicherebbero solo alle imprese quotate con 250 o più dipendenti e con un fatturato globale annuo superiore a 50 milioni di euro (circa 5 000 imprese). Le imprese pubbliche o quelle con una significativa partecipazione (e influenza) finanziaria da parte dello Stato dovranno raggiungere l’obiettivo entro il 2018. Le imprese al di sotto dell’obiettivo del 40% saranno tenute ad applicare norme chiare e imparziali e a scegliere i loro candidati in base alle qualifiche e al merito. A parità di qualifiche si dovrà dare la preferenza al sesso sottorappresentato, che nella maggior parte dei casi è quello femminile. Le misure sono temporanee e scadranno automaticamente nel 2028, quando l’equilibrio uomo-donna sarà presumibilmente diventato realtà.
Vari Stati europei hanno iniziato a introdurre diversi tipi di leggi per i consigli delle società. Undici Stati membri (Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Danimarca, Finlandia, Grecia, Austria e Slovenia) hanno adottato strumenti giuridici per promuovere la parità di genere negli organi direttivi delle imprese. In otto di questi paesi, la normativa adottata copre le imprese pubbliche. Ma altri undici paesi dell’UE non hanno introdotto né misure di autoregolamentazione, né misure legislative.
José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, ha dichiarato: “Con questa proposta la Commissione europea risponde agli appelli pressanti del Parlamento europeo affinché l’Unione europea intervenga a favore della parità di genere negli organi decisionali delle imprese. Chiediamo alle grandi imprese quotate in tutta Europa di dimostrare un impegno serio per la parità tra uomini e donne negli organi responsabili delle decisioni economiche. Su mia iniziativa la Commissione ha potenziato in modo significativo la presenza femminile tra i suoi membri, un terzo dei quali sono donne.”
La Vicepresidente Viviane Reding, Commissaria per la giustizia, ha aggiunto: “Da più di cinquant’anni l’Unione europea promuove con successo l’uguaglianza tra donne e uomini, ma in un solo settore non ha registrato alcun progresso: gli organi direttivi delle imprese. L’esempio di paesi come il Belgio, la Francia e l’Italia, che recentemente hanno adottato misure legislative e ora cominciano a constatare dei miglioramenti, dimostra con chiarezza che un intervento normativo limitato nel tempo può cambiare veramente la situazione. La proposta della Commissione farà in modo che nella procedura di selezione degli amministratori senza incarichi esecutivi sia data la preferenza alle candidate, purché siano sotto-rappresentate rispetto agli uomini ed ugualmente qualificate.” “Sono grata ai numerosi membri del Parlamento europeo che non hanno mai smesso di combattere per questa causa e mi hanno fornito un aiuto prezioso per presentare la proposta.”
Fatti più in là. Donne al vertice delle aziende: le quote rosa nei CDA. In Svezia e in Spagna sono già legge, in Francia e in Germania un’ipotesi di lavoro. Le quote di genere per la composizione dei CDA infiammano il dibattito europeo e con la proposta di legge Golfo-Mosca sono all’ordine del giorno anche nel Parlamento italiano. Ma servono davvero le quote? E quali effetti avranno? La Costituzione, gli studi economici e le stime sono il punto fermo da cui il dibattito deve partire. Perché non si tratta più soltanto di una rivendicazione femminile: in gioco è la competitività del sistema economico italiano.