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Verso un mondo multipolare

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Sulla base di numerosi indicatori e dati utilizzati all’interno del rapporto intitolato “The End of Globalization or a More Multipolar World” (La fine della globalizzazione o un mondo più multipolare), Credit Suisse ha creato un “orologio della globalizzazione“, che presenta lo sviluppo della globalizzazione e del multipolarismo in forma graduata rispetto ai valori medi di lungo termine.

The Credit Suisse Globalization ClockLa figura a lato evidenzia che nei primi anni Novanta la globalizzazione era dominata dagli USA e dai paesi europei, mentre nel periodo 2000- 2005 vi è stata una fase più fiacca di globalizzazione e di multipolarismo, trainata dalla crescita delle tecnologie dell’informazione e dal consolidamento del potere militare di importanti paesi avanzati durante i conflitti in Iraq e Afghanistan. Da allora il mondo si è spostato nel primo quadrante dell’orologio, una posizione ottimale, ed è diventato più globalizzato e più multipolare al tempo stesso: una tendenza accentuata dall’indebolimento economico dei mercati sviluppati e dalla crescita delle economie emergenti. Il PIL mondiale si sta spostando verso est. Ad esempio, in futuro tra le 50 città più importanti figureranno Delhi, Shanghai, Mumbai e Pechino. Un segno dei tempi di cambiamento che stiamo vivendo, nei quali i paesi emergenti dimostrano d’avere il titolo e il diritto di contribuire alle grandi scelte mondiali. Piaccia o no, è quello in cui viviamo.

Questo rapporto mostra i tre scenari seguenti: quello di una “globalizzazione prospera”, dell'”emergenza di un mondo multipolare a livello economico, politico e sociale” e lo scenario più drammatico della “fine della globalizzazione”.

Scenario 1: la globalizzazione prosegue. Il primo scenario è quello in cui prosegue la globalizzazione. Ciò significa che il dollaro continua ad assumere un ruolo di primus inter pares nel mondo delle divise, che in generale le multinazionali occidentali dominano il panorama commerciale globale, e che il tessuto giuridico e istituzionale internazionale è ancora di natura occidentale. In termini economici, la volatilità macroeconomica è bassa, il commercio è in crescita con qualche battuta d’arresto dovuta a interventi protezionistici, e l’economia di Internet cresce oltre i confini nazionali. Sul piano socio-politico, un’evoluzione significativa è rappresentata dal miglioramento dello sviluppo umano, con società più aperte.

Scenario 2: un mondo multipolare. Il secondo scenario si basa sull’ascesa dei paesi asiatici e su una stabilizzazione nell’eurozona: in termini generali, l’economia poggia su tre pilastri – Americhe, Europa e Asia (guidata dalla Cina). In particolare, in questo scenario prevediamo lo sviluppo di nuove istituzioni internazionali che si sostituiranno a organismi quali la Banca mondiale, la nascita della “democrazia controllata” e una versione più regionale dello Stato di diritto, fenomeni migratori più regionali tra zone rurali e urbane piuttosto che oltre i confini nazionali, l’aumento di centri finanziari regionali e nuovi sviluppi nel settore bancario e finanziario. Per quanto riguarda le imprese, il cambiamento significativo sarebbe l’ascesa di campioni regionali, che in molti casi si sostituirebbero alle multinazionali globali. Vi potrebbero inoltre essere miglioramenti non omogenei sul fronte dello sviluppo umano, che porterebbero a economie locali più stabili e più ricche, sulla scia di un ininterrotto trend dei consumi nei mercati emergenti. In Europa, l’UE limita la propria crescita espansiva e prospera, mentre il processo di ristrutturazione bancaria e aziendale consente di snellire l’economia.

Scenario 3: la fine della globalizzazione. Il nostro terzo scenario è più negativo, pur se meno probabile, e ricorda il crollo della globalizzazione nel 1913 e il conseguente scoppio della Prima guerra mondiale. Nonostante il mondo sia stato colpito dalla crisi finanziaria globale e dagli attacchi terroristici negli ultimi anni, questi sviluppi hanno probabilmente accresciuto anziché ridotto la cooperazione tra le nazioni. Vi sono comunque rischi per la globalizzazione. Fra le tendenze e gli sviluppi vi sono il rallentamento della crescita economica e degli scambi commerciali con in più la possibilità di uno shock macroeconomico (per indebitamento, disparità e immigrazione), un aumento del protezionismo, uno scontro geopolitico/militare tra grandi potenze, guerre valutarie, eventi climatici, l’ascesa di movimenti politici antiglobalizzazione ad ampia base e l’opposizione alle multinazionali, oppure un’inversione di tendenza nei processi di transizione alla democrazia.

Lo sviluppo della globalizzazione, così come si è caratterizzato negli ultimi decenni, si fondava sull’assunto della superiorità del mercato rispetto alle istituzioni. Con la globalizzazione è stato creato un mercato mondiale non governato, dove la concorrenza e la ricerca del massimo profitto hanno avuto piena libertà d’azione. Se guardiamo al passato, scopriremo che il mondo multipolare, un Ordine basato su un principio multipolare, non è mai esistito. Il multipolarismo è dunque un progetto, un piano, un’idea di futuro, non una mera inerzia o un’insulsa resistenza alla globalizzazione. Il multipolarismo osserva il futuro ma lo vede in maniera radicalmente diversa dai sostenitori del globalismo e si sforza di dare vita alla sua visione. La filosofia multipolare conviene sul fatto che il presente ordine mondiale sia imperfetto e richieda una profonda trasformazione. Nei prossimi decenni l’ordine economico internazionale sarà caratterizzato dalla competizione fra grandi mercati interni “governati”, cioè da sistemi continentali capaci di perseguire un proprio progetto economico e sociale. L’uomo può tornare a essere il centro dei processi, non più la sola ricerca del profitto.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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