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Uranio maledetto

uranio-Niger

Il Niger è uno dei paesi più poveri al mondo. Ma è anche il quarto produttore mondiale di uranio, dopo Kazakhistan, Canada, Australia. In questo paradosso c’è tutto il dramma di un paese e di un popolo. La devastazione di un territorio. Depredato dagli uomini in giacca e cravatta, con la valigetta piena di dollari, che vengono dall’Europa.

L’uranio è una maledizione per il Niger. Da 40 anni la Francia sfrutta i giacimenti nel deserto, nordest del paese, per alimentare le sue centrali nucleari. Da quando, nel 1973, complice la crisi energetica, decise di entrare a testa bassa nel nucleare civile: oggi oltre il 75% della energia prodotta oltralpe esce da 58 reattori, alimentati ogni anno con migliaia di tonnellate di uranio. La Francia, nonostante Chernobyl e Fukushima, ha la più elevata produzione di energia nucleare al mondo ed è il primo esportatore netto di energia.

In Niger dei soldi dell’uranio è rimasto poco o niente. Oltre il 60% della popolazione della ex colonia francese abitata da 17 milioni di persone, dopo 40 anni di estrazione, vive ancora con meno di un dollaro al giorno. Il sito estrattivo di Arlit è un posto inquinato, uno dei peggiori del mondo, una no man land. Quelli che lavorano nelle miniere vivono in una cittadella sorta dal nulla, dove ci sono tutte le comodità per far dimenticare, dopo il lavoro, di essere nel deserto. Nei villaggi vicini, dopo 40 anni di estrazione, la luce non c’è sempre e l’acqua arriva solo tre volte a settimana. Nelle scuole i bambini siedono a terra.

L’accordo per lo sfruttamento dei giacimenti di uranio con la multinazionale Areva, controllata al 90% dal governo francese, è scaduto il 31 dicembre 2013 e l’estrazione è sospesa. Il governo nigerino e il suo presidente Mahamadou Issoufou vogliono un accordo migliore. “Qualcosa deve restare anche alla mia gente”, è la tesi di Issoufou, classe 1961, sguardo fiero, che ha cominciato la sua carriera “politica” proprio come dipendente dell’Areva negli anni ’90.

Il punto è politico. Nell’era post-coloniale, la Francia la faceva ancora da padrone nelle economie della FranceAfrique. Ora è un po’ più difficile, per fortuna, scappare con il bottino e lasciare un pugno di mosche agli africani. Avanza una nuova generazione di dirigenti africani, che ha studiato all’estero. E non bastano più le valigette piene di dollari. La corruzione non paga più. Il presidente del Niger vuole che vengano aumentate le royalty sul valore totale dell’uranio estratto dai francesi: finora sono state del 5,5%. E chiede di aumentare la tassazione, i dazi sull’export, ora inesistenti, sul minerale destinato in Francia. Il Niger chiede almeno il 12%. I francesi temporeggiano, mentre pagano di più negli altri siti estrattivi. In Kazakhistan le royalty sono del 18,5%. In Canada la stessa Areva paga il 13% alla provincia di Saskatchewan.

Il ministro delle miniere, Omar Hamidou Tchiana, che guida i negoziati per il Niger, non si sposta da questa posizione: il suo governo vuole aumentare gli introiti dell’uranio di almeno il 20%. Del resto questo furto va avanti da 40 anni. Areva, quinto produttore mondiale di uranio, sente di avere il coltello dalla parte del manico e avverte i nigerini: una royalty troppo elevata rischia di rendere l’estrazione ad Arlit e a Somair, non profittevole per i francesi. E ricorda che il prezzo dell’uranio è sceso del 70% sul mercato internazionale come conseguenza degli incidenti di Fukushima.

Un accordo è vitale per il Niger e per la sua disastrata economia. Per Areva, invece, è solo uno dei siti estrattivi, quindi è un accordo importante, ma non determinante. Il fatturato 2013 di Areva è di 9,3 miliardi di euro, più del doppio del Pil del Niger secondo le statistiche Fmi. In questa storia di sfruttamento, corruzione e sottosviluppo si inseriscono le bande di islamisti che scorrazzano nel nord del Niger. E che con sempre più frequenza sequestrano lavoratori stranieri: sette nel 2010 nella sola miniera di Somair. Il Nord del Niger è diventato per i lavoratori europei una no-go zone. Troppo pericolosa. La gente nei villaggi continua ad essere poverissima e a non avere l’acqua corrente. La maledizione dell’uranio.

(Fonte Nigrizia – Giugno 2014)

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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