La Fisac Cgil, sigla sindacale dei bancari, sulla base di uno studio sui salari spiega che rapporto c’è tra compenso medio di un lavoratore dipendente e quello di un top manager: nel 2012 il rapporto è stato di 1 a 64 nel settore del credito, di 1 a 163 nel resto dell’economia (nel 1970 era di 1 a 20).
Una forbice che cresce, allargando senza freni le diseguaglianze, producendo un rapporto di 1 a 163 tra la retribuzione media di un lavoratore dipendente (pari a 26 mila euro lordi) e il compenso, sempre medio, degli amministratori delegati e dei top manager (pari a 4 milioni e 326 mila euro). Le disuguaglianze non aiutano mai a invertire un ciclo, finiscono invece per confermarlo. E con la crisi queste disuguaglianze fra chi ha poco e chi ha troppo sono aumentate. Alcune persone hanno conservano il loro status e si sono addirittura arricchite, per altre invece la situazione è peggiorata: basti pensare ai licenziati, ai cassintegrati, ai precari cui non è stato rinnovato il contratto scaduto.
Qui, secondo Megale, segretario generale della Fisac-Cgil, “c’è la vera ingiustizia, che cresce pensando che, nei fatti, il salario cumulato nei passati quattro anni da un lavoratore dipendente è pari a 104 mila euro lordi mentre per i top manager è pari a 17 milioni e 304 mila euro, pari cioè ad una differenza di 17 milioni e 200 mila euro”. Per questi motivi Megale propone “di realizzare unitariamente, non solo nella categoria del credito, il lancio di un disegno di legge di iniziativa popolare, accompagnato dalla raccolta di centinaia di migliaia di firme” e contestualmente sollecita “la presentazione da parte del centro-sinistra della legge di iniziativa parlamentare per porre un tetto alle retribuzioni nel rapporto uno a venti, immaginando che in tempi di difficoltà come questo le quote eccedenti di compensi dei top manager possano essere versate in un fondo di solidarietà per favorire un piano di occupazione per i giovani”.
I sette amministratori delegati delle maggiori aziende operanti sul territorio romano (Eni, Enel, Finmeccanica, Telecom Italia, Acea, Bnl, Caltagirone) hanno percepito nel 2012 quanto 864 lavoratori dipendenti e quanto 1.728 lavoratori in collaborazione. Ma negli anni che vanno dal 2009 al 2012 (4 esercizi) anche gli Ad delle municipalizzate e controllate di Roma capitale (Atac, Roma Metropolitane, Ama, Risorse per Roma, Roma servizi per la mobilità, Eur S.p.a., Zetema Srl, Roma Entrate) hanno accumulato compensi milionari: otto persone hanno percepito ben 8 milioni 7mila euro. Tutto ciò a fronte di un quadro economico e sociale drammatico con una disoccupazione giovanile (15-24 anni) che a Roma arriva al 40,1%, con il 52,2% dei pensionati che percepisce una pensione inferiore a mille euro; con circa 170 mila famiglie ridotte in stato di povertà.
E’ quanto emerge dallo studio curato da Isrf Lab. “Lo scopo del nostro studio” ha detto Agostino Megale “è quello di mettere in evidenza come in questo momento di profonda crisi non sia più tollerabile il differenziale retributivo oggi esistente tra il lavoratore dipendente, che guadagna mediamente 26mila euro l’anno, e i top manager di tutti i settori, che superano i 4 milioni di euro l’anno. Serve maggiore equità e sobrietà. Per questo proponiamo alle altre organizzazioni e ai parlamentari del centro sinistra una legge che, sull’onda del referendum svizzero e delle indicazioni fornite dall’Unione europea, riduca la forbice tra i compensi dei lavoratori e quelli dei top manager da 1 a 163 a 1 a 20, (cioè che il compenso dei top management non superi di 20 volte quello dei lavoratori del settore): in sostanza, nessun top manager dovrebbe guadagnare più di quanto percepisce il governatore della Banca Centrale Europea”. “Le risorse così recuperate potrebbero essere più utilmente investite in azioni di solidarietà per garantire il lavoro ai giovani e la tutela agli anziani”.
I livelli di compensi dei top manager non sono più adeguati alla fase che stiamo vivendo. Più che indicare tetti massimi degli stipendi per i top manager si deve lavorare sui risultati. Se il manager contribuisce ad aumentare il valore dell’azienda è anche giusto che riceva alti compensi, in caso contrario questi compensi milionari appaiono del tutto ingiustificati.
Cambiamo tutto! La rivoluzione degli innovatori. È in corso una rivoluzione che sta abbattendo antichi vizi nazionali, è la rivoluzione degli innovatori. Non la fanno riempiendo le piazze o dando l’assalto ai palazzi del potere. Ma cambiando le nostre vite: il modo in cui si fa scienza, si condivide la conoscenza, si fa impresa, si creano posti di lavoro, si producono beni, si amministra la cosa pubblica. Non sono casi isolati. È un movimento.
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