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Un milione di piccolissime imprese che resistono

piccola impresa

Il mondo del non profit cresce e si diversifica, la Pubblica Amministrazione si snellisce, il settore delle imprese subisce trasformazioni nel contesto della crisi e della globalizzazione. A confermarlo sono i risultati del 9° Censimento Istat su Industria e servizi, Istituzioni pubbliche e Non Profit. Alla rilevazione hanno partecipato oltre 300mila organizzazioni non profit, 13mila istituzioni pubbliche e un campione di 260mila imprese (tutte quelle con 20 e più addetti e circa 190mila unità produttive di piccole e piccolissime dimensioni). Se, da una parte, diminuisce l’occupazione dipendente nell’istruzione e nella sanità e assistenza sociale pubblica (rispettivamente –10,3 per cento e -8,6 per cento), dall’altra aumenta contestualmente nelle stesse attività economiche il numero degli addetti nel non profit (+78mila nell’istruzione, +123mila nella sanità e assistenza sociale) e nelle imprese (rispettivamente +13mila e +148mila). Una conferma del progressivo ampliamento dei servizi di mercato chiaramente misurato dal Censimento.

Il 9° Censimento generale dell’industria e dei servizi ha registrato 4.425.950 imprese attive al 31 dicembre 2011, con un aumento dell’8,4 per cento rispetto al 2001(con 11,3 milioni di lavoratori dipendenti, 5,1 milioni di lavoratori indipendenti, 421mila lavoratori esterni e 123mila lavoratori temporanei). A livello territoriale, l’aumento più consistente si ha nel Sud (12,2 per cento), nel Centro (11,5 per cento) e nelle Isole (10,7 per cento). In entrambe le ripartizioni del Nord l’incremento del numero di imprese (+5,8 per cento nel Nord-ovest e +4,6 per cento nel Nord-est) risulta comunque minore rispetto al dato nazionale. Gli addetti sono aumentati di circa 700.000 unità, con un forte incremento nel Commercio e negli Altri servizi (+764mila e +819mila) e una forte diminuzione nell’Industria (-887mila). Rimane sostanzialmente stabile la dimensione media delle imprese in tutti i settori, ad eccezione del Commercio dove si è passati da 3,1 a 3,6 addetti medi per impresa. Rimanendo in tema di occupazione, ad una crescita media nazionale del 4,5 per cento del numero degli addetti, corrisponde una crescita maggiore nelle Isole (+12,7 per cento), nel Sud (+9,8 per cento) e nel Centro (+7,2 per cento). Il Nord-est presenta una crescita minore del dato nazionale (+4 per cento), mentre il Nord-ovest presenta una diminuzione, anche se di lieve entità (-0,1 per cento). Questo porta ad una distribuzione territoriale diversa degli addetti, con un aumento della quota di Centro, Sud e Isole, una quota stazionaria nel Nord-est e una diminuzione del peso del Nord-ovest.

Un impresa ancora “molto familiare”. Al 31 dicembre 2011, le imprese con almeno tre addetti attive nell’industria e nei servizi sono poco più di un milione. Il socio principale è una persona fisica o una famiglia in oltre il 90 per cento del totale; un’altra azienda, una banca o una holding in meno dell’8 per cento; un ente della pubblica amministrazione in meno dell’1 per cento. Le differenze tra le classi dimensionali sono rilevanti: le persone fisiche risultano socio principale nel 95 per cento delle microimprese, nell’83,9 per cento delle piccole, nel 54,2 per cento delle medie e nel 25,3 per cento delle grandi. Al contrario, il primo socio è un’altra impresa, una holding o una banca nel 69 per cento delle grandi imprese, nel 42,8 delle medie, nel 15,4 delle piccole e nel 5,1 delle microimprese. Il primo socio è infine un’istituzione pubblica nel 5,7 per cento delle grandi imprese, ma solo nel 3 per cento delle medie e in meno dell’1 per cento delle micro e delle piccole. Rari i casi in cui il primo socio ha nazionalità estera: avviene nel 2,4 per cento delle imprese con meno di 10 addetti (soprattutto nelle costruzioni: 2,7 per cento) e nel 3,7 per cento di quelle da 10 addetti in su (in particolare nel commercio: 5,5 per cento). Il fenomeno è più frequente in Toscana (5,1 per cento) e Lombardia (4,5 per cento), mentre non raggiunge l’1 per cento nelle regioni meridionali.

Meno di un terzo delle imprese ha assunto nel 2011. Nel corso del 2011 hanno effettuato nuove assunzioni circa 295mila imprese con almeno tre addetti (il 28,2 per cento del totale). La percentuale è più elevata nell’industria (31,4 per cento) che nel terziario (24,5 per cento nel commercio e 28,7 nell’insieme degli altri servizi), ma nei servizi è notevole la distanza tra il dato dell’immobiliare (15,3 per cento) e quello dei settori di informazione/comunicazione, noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle imprese, alloggio e ristorazione, attività artistiche e di intrattenimento, in cui la quota supera sempre il 35 per cento. Le percentuali più elevate di imprese che hanno assunto si registrano nel Nord-est in particolare in Trentino – Alto Adige, Veneto e Friuli – Venezia Giulia, con quote superiori al 30 per cento, mentre le più modeste si osservano in Basilicata e Sicilia (23,3 per cento). Il 23,1 per cento delle imprese ha assunto nuove risorse con contratti di lavoro dipendente, il 10,3 per cento con altre forme contrattuali (lavoratori temporanei, collaboratori a progetto e altri lavoratori non dipendenti), ma tra imprese di diversa dimensione vi è eterogeneità: ha acquisito risorse con contratto di lavoro dipendente il 18,0 per cento delle microimprese, il 40,9 delle piccole, il 61,2 delle medie e il 78,8 per cento delle grandi, mentre utilizzano le altre forme contrattuali il 7,7 per cento delle imprese con 3-9 addetti e oltre il 50 per cento delle grandi. Infine l’8,5 per cento delle imprese ha assunto personale ad alta qualifica professionale, con quote elevate nel settore elettrico (28,1 per cento), nelle attività finanziarie e assicurative (18 per cento), e in specifici settori di piccole imprese, come quello dell’istruzione (17 per cento).

Maschio, diplomato, over 40 e ex-dipendente: identikit del titolare di microimpresa. Le imprese tra i 3 e i 9 addetti sono oltre 837mila. In circa 705mila di queste (l’84 per cento), la gestione è affidata al socio principale o a un membro della famiglia proprietaria o controllante. I titolari di microimprese a conduzione familiare sono a larghissima maggioranza uomini (78,5 per cento). Le imprenditrici donne si trovano soprattutto nei Servizi non commerciali (28,6 per cento); nel Commercio e nell’Industria in senso stretto la quota è pari rispettivamente al 21,7 e al 16,9 per cento; nelle Costruzioni al 6,2 per cento. Il titolo di studio più frequente tra questi imprenditori è il diploma di scuola media superiore (44 per cento di casi), seguito dalla licenza media (34 per cento). La quota con laurea e post laurea (14,8 per cento) è comunque superiore a quella degli imprenditori privi di titolo di studio o con licenza elementare (7,2 per cento). Il grado di istruzione è più elevato nei Servizi (22,3 per cento, quasi quattro volte quello dell’industria), in particolare nella Sanità e assistenza sociale (84,9 per cento), attività professionali (59,9 per cento) e Informazione e comunicazione (34,5 per cento).

I microimprenditori non sono particolarmente giovani: quattro su cinque hanno almeno 40 anni. Sono le regioni meridionali a registrare una maggior presenza di imprenditori con età inferiore ai 40 anni (28,7 per cento contro il 18 circa nel Nord), in particolare il Molise (35,6 per cento), mentre la Liguria risulta la regione con la quota più elevata di imprenditori di almeno 56 anni (37 per cento). I titolari con meno di 40 anni si rilevano soprattutto nelle Altre attività dei servizi (33,9 per cento), Attività artistiche e di intrattenimento (31,3), Alloggio e di ristorazione (28,1 per cento).

Complessivamente, nel 46,3 per cento dei casi i microimprenditori erano in precedenza lavoratori dipendenti, nel 36,6 per cento lavoratori indipendenti. La quota di chi è privo di una precedente esperienza di lavoro è quindi bassa (17,1 per cento), ma molto diversa tra i settori: si passa dal 10,2 per cento nelle Costruzioni al 21,6 nel Commercio. I più intensi passaggi da lavoratore dipendente a imprenditore si rilevano invece negli Altri servizi (61 per cento), nella Manifattura (54,5 per cento) e nelle Costruzioni (54 per cento). L’assenza di precedente esperienza lavorativa, coerentemente con la minore età media degli imprenditori, caratterizza soprattutto le regioni meridionali (23 per cento, a fronte di meno del 15 per cento nel Nord-est e Nord-ovest).

La proprietà delle microimprese appare piuttosto stabile nel tempo: nel 72,7 per cento dei casi non vi è stato un passaggio generazionale nel periodo 2006-2011, né è previsto per il 2012-2016.

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Claudio Rossi

“Ci sono uomini nel mondo che governano con l’inganno. Non si rendono conto della propria confusione mentale. Appena i loro sudditi se ne accorgono, gli inganni non funzionano più.”

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