I minori vittima di schiavitù e grave sfruttamento nel mondo sarebbero, secondo le stime, un milione e 200 mila. Una vittima di tratta su cinque è un bambino o un adolescente. Una realtà drammatica, che resta però fortemente sommersa, registrando, al di là delle stime e delle proiezioni, un numero molto inferiore di casi realmente identificati. Basti pensare che gli ultimi dati ufficiali disponibili parlano di 15.846 vittime di tratta accertate o presunte tali in Europa, di cui il 15% è un minore. In Italia, sono 1.125 le persone inserite in programmi di protezione e il 7% di loro ha meno di 18 anni.
A fornire questi dati è il dossier di Save the Children “Piccoli schiavi invisibili-I minori vittime di tratta e sfruttamento: chi sono, da dove vengono e chi lucra su di loro“, diffuso oggi alla vigilia della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani che si celebra il 30 luglio.
In Italia, ricorda il rapporto, tra gennaio e giugno 2016 sono arrivate via mare 70.222 persone in fuga da guerre, fame e violenze. Di queste 11.608 sono minori, il 90% dei quali (10.524) non accompagnati, un numero più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (4.410 da gennaio a giugno 2015). In particolare, questi ultimi rappresentano un potenziale bacino di sfruttamento per coloro che cercano di trarre profitto dal flusso migratorio, speculando in vari modi sulla vulnerabilità dei più piccoli. Secondo i dati riportati dal Ministero della Giustizia, il 12% degli autori di reati connessi alla tratta e allo sfruttamento sono di nazionalità italiana.
Il profilo dei minori vittima di tratta e sfruttamento in Italia vede una presenza significativa di ragazze nigeriane, rumene e di altri Paesi dell’Est Europa, sempre più giovani, costrette alla prostituzione su strada o in luoghi chiusi. Attraverso le attività delle unità mobili e di outreach, Save the Children ha inoltre intercettato gruppi di minori egiziani, bengalesi e albanesi inseriti nei circuiti dello sfruttamento lavorativo e nei mercati del lavoro in nero, costretti a fornire prestazioni sessuali, spacciare droga o commettere altre attività illegali.
A destare particolare preoccupazione sono i minori “in transito”, tra i quali spiccano eritrei e somali che, una volta sbarcati sulle nostre coste, in assenza di sistemi di transito legali e protetti, si allontanano dai centri di accoglienza e si rendono invisibili alle istituzioni nella speranza di raggiungere il Nord Europa, divenendo facili prede degli sfruttatori.
“Sono tantissimi i minori che raccontano ai nostri operatori di essere vittime di drammatiche forme di sfruttamento, nella maggior parte dei casi assimilabili alla schiavitù, e che anche qui in Italia troppo spesso si affidano a persone senza scrupoli”, spiega Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “È importante che questi ragazzi trovino punti di riferimento affidabili per decidere del loro futuro: per questo motivo, oltre alle nostre attività di protezione dei minori migranti in frontiera Sud, a Roma, Milano e Torino, abbiamo attivato un nuovo servizio di helpline dedicato ai minori migranti, un numero gratuito che risponde in sei lingue, fornendo orientamento legale e psicologico, e che vuole essere un punto di riferimento per tutti i minori che possono trovarsi in situazioni di rischio e per tutti coloro che vogliono aiutarli.”
Il numero delle minori e giovani donne nigeriane arrivate in Italia potenzialmente ad alto rischio di sfruttamento è in continuo aumento: nei primi sei mesi del 2016, sono state registrate 3.529 donne di nazionalità nigeriana sbarcate sulle nostre coste, tutte molto giovani, e 814 minori non accompagnati, tra cui si registra una significativa presenza di ragazze adolescenti. La maggior parte di loro sono adolescenti di età compresa tra i 15 e i 17 anni, con un numero crescente di bambine di 13 anni. Molte ragazze vengono indotte alla prostituzione già nelle aree limitrofe ai centri di accoglienza e identificazione, oppure vengono trasferite dai trafficanti in Campania, per essere smistate e distribuite nelle principali città italiane. Le vittime di tratta devono prostituirsi per ripagare il loro debito allo sfruttatore, che si aggira tra i 20.000 e i 50.000 euro, ma la cifra aumenta ulteriormente perché le ragazze sono costrette a pagare un affitto sia per il luogo in cui vivono che per il marciapiede, con un costo per quest’ultimo che va dai 100 ai 250 euro al mese. Inoltre il debito cresce in funzione di meccanismi sanzionatori arbitrari messi in atto dagli sfruttatori, che “multano” le ragazze ogni volta che si ribellano alle regole imposte dal sistema di sfruttamento. Le ragazze sono quindi costrette a prostituirsi in qualsiasi condizioni fisica e a costi bassissimi e ad accettare anche rapporti non protetti, con la conseguenza di dover ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, spesso clandestina, ed esponendosi al rischio di malattie sessualmente trasmissibili. Per riuscire a sopportare questa vita, molte ragazze cominciano a fare ricorso a sostanze stupefacenti psicotrope, su induzione dei loro trafficanti.
Le ragazze rumene rappresentano uno dei gruppi nazionali più esposti alla prostituzione forzata, con un preoccupante aumento della quota delle minori tra i 15 e i 17 anni. Spesso provengono da contesti socio-culturali poveri e sono sin da piccole vittime di violenze domestiche e alcolismo. Arrivano in Italia con collegamenti via terra a costo moderato, con il miraggio di poter ottenere lavoro come bariste o cameriere, supportate dal proprio sfruttatore, che spesso si maschera dietro il ruolo di “fidanzato”, creando un rapporto di sottomissione con la vittima dal quale le ragazze faticano a uscire.
Secondo le testimonianze raccolte dagli operatori di Save the Children, i minori egiziani arrivati in Italia nel corso del 2016 hanno un’età media inferiore (14-16 anni) rispetto ai connazionali arrivati l’anno precedente (15-17 anni) e sono in aumento i giovanissimi, tra i 12 e i 13 anni. Il viaggio verso l’Italia viene organizzato da un network di persone note alla comunità locale, con i quali vengono stipulati dei veri e propri contratti che prevedono un debito che varia dal 2.000 ai 4.000 euro a seconda delle aree di partenza, con picchi fino a 10.000 euro per coloro che hanno percorso la rotta balcanica. Tutti questi ragazzi condividono l’esigenza di dover mandare soldi a casa per pagare il debito contratto dalla famiglia prima della partenza e questo li trasforma in facili reclute del lavoro nero, esponendoli a varie forme di sfruttamento. A Milano e Torino, la maggior parte viene sfruttata in pizzerie, panifici o mercati ortofrutticoli. A Roma, sono tantissimi i minori egiziani che lavorano all’interno dei mercati generali della frutta e verdura, nelle pizzerie, negli autolavaggi o nelle frutterie. Vengono pagati pochissimi euro e a volte non vengono proprio retribuiti, con la scusa che il lavoro svolto costituisca un apprendistato. In alcuni casi, questi ragazzi sono anche vittime di sfruttamento sessuale o coinvolti in attività illegali come lo spaccio di sostanze stupefacenti.
I minori non accompagnati albanesi sono al secondo posto per numero di presenze tra le nazionalità più rappresentate in Italia, con 1.453 ragazzi (12,5% sul totale). Si tratta di un dato in crescita rispetto allo scorso anno, dovuto probabilmente alla recente abolizione dei visti di entrata nei Paesi Schengen. Sono ragazzi provenienti da famiglie disgregate con forti difficoltà economiche o con forti disagi nelle figure genitoriali. Le loro principali mete sono l’Emilia-Romagna e la Toscana. Sono a rischio di sfruttamento in attività illegali, spesso anche a causa del contatto con adulti che li fanno diventare preda di atti di bullismo, fino a circuirli e a spingerli a commettere piccoli furti, ricettazioni e spaccio.
Per la prima volta, il dossier approfondisce il profilo non solo delle vittime, ma anche degli “offender”, cioè gli sfruttatori. Il profilo degli sfruttatori è molto vario e va dal singolo fino alle organizzazioni criminali, che gestiscono la tratta di persone come attività propedeutica e funzionale a traffici illeciti più lucrativi, come ad esempio quello di droga. I gruppi transnazionali più complessi hanno cellule in tutta Europa e riescono a spostare e gestire un numero notevole di persone, arrivando a muoverle da un Paese all’altro del continente, a seconda della domanda di lavoro forzato o di prostituzione che si creano di volta in volta.
Per i viaggi via mare, tra le altre figure tipiche del traffico di persone, vi è quella dello scafista. Come riportato sia dai minori egiziani che da quelli afgani, si può trattare addirittura di loro pari costretti ad adempiere a questo compito per pagarsi una parte del viaggio. L’utilizzo dei minori per la traversata garantisce ai trafficanti di non esporsi al pericolo del viaggio via mare o al rischio di venire arrestati e incriminati dalle autorità italiane. Le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta di persone perseguono invece lo scopo specifico dello sfruttamento e assoggettamento delle vittime, al fine di trarne dei benefici economici o altri vantaggi. Questi modelli organizzativi son ben inseriti nel territorio italiano: è il caso dei boss nigeriani che, in accordo con le mafie locali, gestiscono oggi importanti segmenti del traffico e dello spaccio di droga tramite una elevata capacità di controllo sul territorio e sulle persone.
Nel rapporto, l’Organizzazione delinea una serie di raccomandazioni chiave per garantire una più rapida emersione, identificazione e assistenza ai minori vittime di tratta e sfruttamento e la piena attuazione dei loro diritti. “Finalmente è stato approvato in Italia il primo Piano Nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani; ora è indispensabile passare all’attuazione del piano, prevedendo specifici interventi per le vittime minorenni”, afferma Raffaela Milano. “Per prevenire i rischi di sfruttamento chiediamo inoltre al Parlamento di approvare, senza ulteriori indugi, il disegno di legge sul sistema nazionale di accoglienza e protezione dei minori stranieri non accompagnati, che finalmente ieri ha ripreso il suo iter alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dopo un lungo periodo di stallo. Un sistema di protezione organico e diffuso su tutto il territorio nazionale, può rappresentare una risposta concreta per ridurre i rischi di tratta e sfruttamento per i minori in arrivo.”