Si chiama tramadolo cloridrato ed è il principio attivo di un potente antidolorifico (in Italia venduto sotto il nome di Contramal) che nel ciclismo (come nel calcio e nel rugby) sta diventando un vero problema di salute. Lo scopo? Combattere, anestetizzandolo invece che imparando a sopportarlo, il dolore.
Il problema è che il tramadolo è un derivato oppioide, ma non inserito nella categoria degli stupefacenti. E degli oppiacei può avere anche alcuni effetti collaterali: tremori nervosi, attacchi epilettici, disturbi della personalità. Fatti gravi, specie se succedono in corsa.
Spiega Antonio Calignano, professore ordinario di farmacologia all’Università degli Studi di Napoli, al Fatto Quotidiano: “In una scala da uno a tre, abbiamo sul gradino più basso analgesici e antinfiammatori, su quello più alto gli oppiacei forti come la morfina. In mezzo ci sono gli oppiacei deboli: il tramadolo è molto più forte del sempliceparacetamolo e molto più debole (ma più facilmente reperibile) della morfina.
L’assunzione durante la pratica elimina gli effetti della fatica: meno dolori muscolari o cervicali, niente crampi. Non migliora la prestazione in potenza, ma permette sforzi che altrimenti non sarebbero possibili”. I ciclisti che lo prendono pedalano in uno stato confusionale molto pericoloso. Che potrebbe anche essere la causa di tante cadute in gruppo, apparentemente banali e inspiegabili.
A dispetto di questo, il tramadolo non è stato inserito dalla Wada nella lista dei prodotti dopanti e, quindi, non viene cercato nei controlli nonostante le ripetute richieste dell’Uci (Unione Ciclistica Internazionale) o della Cadf (Fondazione Anti-doping ciclismo).