Un gruppo di ricercatori ha scoperto che la nostra riservatezza potrebbe essere messa a rischio. Come? Dallo sviluppo di dispositivi per la lettura del pensiero, già sul mercato a pochi dollari. Un gruppo di ricercatori ha scoperto che la nostra riservatezza potrebbe essere messa a rischio. Come? Dallo sviluppo di dispositivi per la lettura del pensiero, già sul mercato a pochi dollari. La ricerca apre scenari inquietanti, ben pochi dei quali sono presenti nella mente di utenti e legislatori.
Con una ricerca intitolata “On the Feasibility of Side-Channel Attacks with Brain-Computer Interfaces” un gruppo di ricercatori delle università di Ginevra, Berkeley e Oxford hanno aperto scenari inquietanti sul futuro impiego di un nuovo tipo d’interfaccia basata sul principio dell’elettroencefalografia (EEG).
Sul mercato sono già disponibili da qualche tempo a prezzi che variano dai 200 ai 300 dollari e permettono di gestire i programmi di un personal computer (ma anche di videogame e altri dispositivi) usando la mente. Strumenti come il P300 Emotiv di Epoc o il MindWave di Neurosky hanno poco da invidiare agli apparecchi professionali a disposizione dei medici, ma un costo estremamente contenuto. Tutti sfruttano i loro elettrodi per leggere l’insorgenza delle onde P300, che sono onde ERP (potenziale evento-correlato), che il nostro cervello emette a fronte di particolari stimoli. La loro presenza non si registra a causa di un attributo fisico dello stimolo (forma, colore, ecc…) ma a causa della reazione di una persona allo stimolo. In particolare, la P300 si considera riflettere in un processo che concerne la valutazione e la categorizzazione di uno stimolo (Wikipedia).
Con una serie di esperimenti i ricercatori hanno scoperto che questi dispositivi possono, e sicuramente in futuro anche di più, essere usati per un vero e proprio hacking del cervello di chi le impiega. Operazione resa particolarmente semplice dal fatto che questi dispositivi sono arricchiti da programmi scaricabili come le normali app e, come le normali app, questi programmi sono costruiti in modo da offrire allo sviluppatore la possibilità di trarre informazioni e dati dal loro uso, non diversamente da quanto accade per decine di altri programmi, che in cambio del loro servizio pretendono una finestra aperta sulle attività degli utenti, solo che in questo caso la finestra si apre direttamente sul cervello di chi impiega questi dispositivi.
Secondo i ricercatori questo canale può essere utilizzato da malintenzionati per “leggere la mente” degli utenti attraverso un sistema tutto sommato semplice, che misura le reazioni dei soggetti agli stimoli prodotti dallo stesso programma. I ricercatori hanno così predisposto degli esperimenti impiegando il prodotto di Epoc, per ora considerato solo come interfaccia per i videogiochi.
I risultati sono inquietanti, già ora che la tecnologia è lontana dall’essere matura gli scienziati sono riusciti a carpire indicazioni utili a ricostruire dettagli come Il mese di nascita, la zona d’abitazione, la conoscenza di altre persone, numeri PIN e anche il nome delle banche impiegate dai volontari sottoposti ai test il nome della carta di credito preferita. Tutte informazioni che, sapendo come fare, possono essere stimolate e spedite a chi le raccoglie senza commettere alcun illecito e senza che la vittima possa minimamente accorgersene. I segnali sono anche in grado d’identificare univocamente gli utenti dei dispositivi. Espediente non infallibile, e in effetti i ricercatori non hanno ricavato questi dati “in chiaro” e completi, ma le sequenze apparentemente incoerenti si sono presto trasformate in un aumento deciso delle probabilità di “indovinare i dati” con percentuali di successo molto elevate. Non male per il primo esperimento del genere, che ha dimostrato come sia possibile ottenere risultati dirimenti leggendo la presenza e l’intensità dei soggetti a stimoli familiari attraverso il monitoraggio delle onde P300, che crescono d’intensità quando la persona si trova di fronte a dati o immagini già familiari, segnalandone la presenza con picchi d’intensità che le macchine sono in grado d’intercettare e registrare.
“Nello specifico , siamo interessati a capire con che facilità questa tecnologia possa essere usata contro gli utenti per carpire loro informazioni private. informazioni che non condividerebbero coscientemente o volontariamente” spiegano i ricercatori. Esperimento che nelle conclusioni ha dimostrato come oggi sia molto facile. Il che significa che in un prossimo domani sarà facilissimo e che probabilmente questi dispositivi ed i programmi per farli funzionare, evolveranno fino a diventare molto più accurati, al punto di permettere la lettura a distanza del contenuto del cervello degli utenti.
Una pericolosa opportunità che oggi come oggi sfugge completamente alla comprensione di legislatori, anche nei paesi più avanzati, ma che non sfuggirà loro a lungo. Gli autori della ricerca hanno fatto presente che le loro scoperte aprono prima di tutto e fin da ora una strada promettente, quella del loro impiego da parte di giudici e forze dell’ordine. Che così si ritrovano tra le mani uno strumento già oggi più versatile, capace ed economico di qualsiasi “macchina della verità” da impiegare negli interrogatori al fine di “indovinare”, ad esempio, se un soggetto abbia avuto relazioni con oggetti o persone, anche quando lo neghi.