Cna Emilia Romagna, in collaborazione con Centro Studi Sintesi, ha effettuato un’analisi dettagliata, sui Comuni colpiti dal terremoto del 2012, delle principali variabili sociali ed economiche, con riguardo all’intera area investita dal sisma e alla zona più ristretta e maggiormente danneggiata (il cosiddetto “cratere”): infatti, delineare la valenza sociale ed economica di questo territorio è fondamentale al fine di comprendere pienamente gli effetti diretti ed indiretti per famiglie e imprese.
Ad un anno dal sisma che il 20 e 29 maggio 2012 ha duramente colpito 33 comuni dell’Emilia Romagna, è tempo di un primo bilancio. Un anno non è passato invano e la ricostruzione, pur tra mille difficoltà è avviata. C’è voglia di ripartire tra gli imprenditori, di ricominciare. Ma non è facile. Nell’area colpita vivono quasi 540.000 persone (circa il 13% della popolazione regionale) e vi sono concentrate migliaia di attività produttive, commerciali e di servizio e il 2% dei lavoratori dipendenti dell’industria: è un territorio che vale il 2% del Pil.
Nell’area interessata sono localizzate 51.000 imprese, di cui poco meno di 8.000 attive nel settore manifatturiero, che rappresentano il 12,4% della realtà produttiva regionale e che impiegano circa 190.000 addetti. Una realtà economica gravemente ferita: alle aziende che hanno subito danni gravissimi, vanno infatti aggiunte quelle imprese che, pur non danneggiate direttamente dal sisma, hanno subito l’impatto del terremoto o con il calo di commesse e ordini (una riduzione media del fatturato stimabile in un 30%) o perché obbligate a delocalizzare in quanto la loro attività si è trovata nelle zone “off limits”. È stato stimato che il valore aggiunto perso a causa del sisma sia pari a 3,1 miliardi di euro.
Banca d’Italia stima che nel comparto industriale siano stati circa 2.400 (il 20% del totale regionale) i posti di lavoro dipendente perduti nel 2012. L’unica eccezione è rappresentata dal settore edile che, grazie all’avvio del processo di ricostruzione, è invece aumentato di circa 1.000 unità, in controtendenza con quanto avviene nei Comuni non colpiti dal sisma e nel resto della regione (dove le costruzioni continuano a registrare una crisi pesantissima ormai da qualche anno). Significative ricadute occupazionali si registrano anche negli altri comparti dell’economia: sempre Banca d’Italia stima la perdita di 4.800 posti di lavoro dipendente. Tra i settori che nell’area del sisma hanno subito gravi contraccolpi, vi sono sicuramente il commercio, e poi artigianato e industria.
Ripartire è stato ed è difficile: i motivi sono diversi e nessuno di questi è dipeso dagli imprenditori. Innanzitutto, l’assenza di una legge sulle calamità naturali e la mancanza di esperienza nella gestione di un terremoto che avesse come riferimento una delle aree a più alta intensità produttiva e industriale del Paese. Si è dovuto letteralmente “inventare” tutto dalla A alla Z, facendo i conti con la burocrazia italiana: infatti, nonostante vi sia una legge nazionale sulle “decertificazioni”, il nostro apparato burocratico fatica ad accettare le autocertificazioni e i controlli ex post. Così, ciò che dovrebbe essere semplice, ad esempio come disporre un Durc in tempo reale, è diventato per molte imprese un dramma. Si è cercato di dare risposta a questo problema con un protocollo di intesa che attiva la collaborazione applicativa fra gli Enti interessati.
Situazione difficile, dunque, che tuttavia si muove. Per la ricostruzione delle imprese sono state presentate 117 domande, sull’ ordinanza 57 (per più di 83 milioni), 615 per imprese site in edifici a destinazione mista, 386 sul fondo per lo sviluppo rurale. Le microimprese che hanno chiesto contributi per la delocalizzazione temporanea sono 1.057. Per il bando Inail sono state presentate 157 domande (per oltre 70 milioni). Per lo sviluppo sono state presentate 241 domande (15 milioni). Le coperture del mondo assicurativo sono andate oltre le nostre previsioni: dai primi dati risulta un impegno complessivo di oltre 1 miliardo di euro, ma naturalmente potremo trarre un bilancio compiuto solo in una fase più avanzata. Sono stati risolti con il decreto n. 43 alcuni problemi quali le proroghe dello stato di emergenza alla fine del 2014 e la riapertura dei termini per gli adempimenti fiscali delle imprese danneggiate fino al 30 settembre 2013.
Tuttavia, altri problemi restano ancora aperti: è necessaria l’approvazione di alcuni emendamenti al decreto n. 43, a partire dall’estensione a tutto il 2013 dei termini per gli adempimenti fiscali delle imprese danneggiate e l’inclusione fra i beneficiari delle imprese con danni economici, proseguendo con l’ estensione della possibilità di utilizzare i fondi Inail anche per le imprese senza dipendenti e la proroga per la verifica di sicurezza delle costruzioni collegata all’ integrazione delle mappe di scuotimento, inefficace per gran parte del territorio ferrarese.
E gli imprenditori cosa pensano? Qual è il loro stato d’animo? C’è sicuramente e c’è stata sin dall’inizio, una volta fatta la conta dei danni, una gran voglia di ricominciare; una volontà che non è mai venuta meno neppure di fronte ai tempi lunghi della ricostruzione, alla burocrazia e ai provvedimenti tutt’altro che snelli per ricevere finanziamenti e nulla osta. Le lungaggini hanno in qualche modo generato anche rabbia verso i tempi della politica, ancora una volta sfasati rispetto alle necessità delle imprese e dei cittadini. Per questo CNA ha promosso una costante iniziativa, volta a sbloccare situazioni, rendere più chiare le norme e velocizzare i tempi. Vanno in questo senso alcune richieste. Relativamente al bando con finanziamenti derivati dall’Inail, è indispensabile ottenerne l’allargamento alle imprese senza dipendenti, con una modifica legislativa. L’anno 2012 deve essere considerato fiscalmente “franco”.
Per questo Rete Imprese Italia, il TRI e Confindustria hanno chiesto che per gli studi di settore non siano applicati criteri di analisi induttiva a tutto il 2012. Accanto all’accoglimento di queste richieste, lo snellimento burocratico: ci sono, infatti, come lamentano le imprese, alcuni colli di bottiglia che vanno rapidamente rimossi. Da qui la necessità di rendere più veloce ed adeguato il lavoro dei tecnici e quello di alcuni uffici comunali. C’è bisogno di rafforzare i nuclei di valutazione affinché le domande presentate siano esaminate più rapidamente; per fare tutto questo si può, ad esempio, incrementare il personale dedicato, spostandolo da altri incarichi a questo impegno assolutamente prioritario.
“I dati ci confermano che il sisma di un anno fa ha colpito una parte del motore economico e produttivo dell’Emilia Romagna e del Paese”, spiega Lalla Golfarelli responsabile politiche sociali di Cna Emilia Romagna . La ripresa economica e l’uscita dalla crisi passa anche attraverso quest’area e dall’importante contributo in termini occupazionali e fiscali. Purtroppo le Amministrazioni locali si trovano ad affrontare e gestire la fase della ricostruzione post-sisma in un quadro di finanza locale perennemente incerto e penalizzante. L’esclusione di alcune spese dal Patto di stabilità interno è senz’altro positiva, così come lo sblocco dei pagamenti ai fornitori che nei Comuni colpiti dal sisma vale 14 milioni di euro. Tuttavia, c’è ancora molto da fare, sia a livello procedurale, sia in termini di sburocratizzazione a tutti i livelli”.