Socializzare i guadagni delle banche e non solo le loro perdite si può. È accaduto martedì in Ecuador, dove alla chiusura di una giornata parlamentare davvero animata, il Congresso ha approvato una legge di ridistribuzione della spesa sociale che prevede un aumento delle tasse per le banche private in favore delle famiglie più povere.
La riforma, fortemente voluta dal presidente Correa e sottoposta al parlamento con il carattere di “urgenza in materia economica”, impone un aumento dell’Iva dallo zero al dodici per cento sui servizi finanziari delle banche e, al tempo stesso, elimina i benefici fiscali che governanti compiacenti avevano concesso agli istituti di credito nei decenni passati.
Per evitare che questi costi vengano trasferiti sui risparmiatore, il provvedimento prevede inoltre severi controlli da parte della Sovrintendenza delle banche, l’organo preposto a sorvegliare l’operato degli istituti di credito.
In tal modo il governo stima di poter recuperare circa 300 milioni di dollari all’anno da destinare a un aumento del cosiddetto “buono di sviluppo umano”, un assegno che lo Stato ecuadoriano garantisce a quasi due milioni di persone in condizioni di povertà estrema.
Il sussidio passerà così da 35 a 50 dollari mensili che, facendo un raffronto con il costo della vita in Italia, corrispondono a circa 150 dei nostri euro. Una cifra che certamente non risolve del tutto i problemi strutturali delle famiglie più povere ma che aiuterà il 15 per cento della popolazione ecuadoriana ad arrivare a fine mese.
Una ridistribuzione in piena regola dunque che impone alle banche un maggior apporto contributivo alle casse dello stato e il cui obiettivo principale è quello di far crescere i consumi delle famiglie e mantenere viva, anche in questa fase di crisi internazionale, un’economia tra le più floride del continente con tassi di crescita ben al di sopra della media regionale.
La legge approvata con il voto favorevole di quasi tutti i partiti, ad esclusione dei conservatori social-cristiani che hanno abbandonato l’aula, ha anche allentato le maglie del segreto bancario, per migliorare la lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio di denaro sporco, e ha imposto una tassazione dello 0,25 per cento mensile sui capitali all’estero, percentuale che sale allo 0,35 per cento quando i capitali sono custoditi in paradisi fiscali.
Un nuovo successo dunque per Correa, anche in vista delle prossime elezioni presidenziali di febbraio dove parte da favorito assoluto. Appena rientrato da un viaggio in Europa che lo ha visto anche a Milano incontrare gli studenti dell’università Bicocca e i migranti ecuadoriani, il presidente si è detto soddisfatto dell’approvazione della legge e ha punzecchiato le banche che “da oggi – dice – guadagneranno un po’ meno, ma le loro entrate continueranno a essere comunque abbastanza”.
Nei giorni che hanno preceduto la discussione del progetto di legge in parlamento, l’atteggiamento di Correa nei confronti delle banche era stato molto più duro. “Se ai banchieri questa riforma non andrà a genio – aveva intimato il presidente – non ci sono problemi, siamo disposti a comprarci le loro banche e nazionalizzarle”. E visti i precedenti, c’è da credergli.
Tancredi Tarantino
(Fonte recommon)
La trappola. Come banche e finanza mettono le mani sui nostri soldi ( e come non farsi fregare dalla crisi). Chissà se c’è ancora qualcuno convinto che lo tsunami finanziario non lo riguardi. Roba per élite di ricconi. O per i cervelloni di Wall Street, ma per fortuna qui è tutta un’altra storia. Perché se ancora qualcuno lo pensa si sbaglia, e di grosso. Siamo noi che abbiamo subito i danni del grande crac. E chissà per quanto andrà avanti.