
Lo sfruttamento dei migranti impiegati nelle nostre aree agricole, che ricevono paghe inferiori del 40% (la paga giornaliera è scesa a 10-15 euro) rispetto al salario italiano minimo, pur lavorando un numero di ore molto maggiore. Una delle piaghe che affligge quasi 21 milioni persone nel mondo; vittime di una sistematica violazione dei basilari diritti umani.
Lo dicono le stime di organizzazioni internazionali (ILO) ed europee (Eurostat) e diverse ricerche condotte anche in Italia. Lo confermano infine, gli esiti della ricerca condotta dalla Caritas Italiana a conclusione del primo anno di attività del progetto Presidio, l’iniziativa che opera in favore dei lavoratori stranieri irregolarmente impiegati in agricoltura, in 10 territori italiani nei quali il fenomeno appare più radicato.
Grazie all’impegno delle diocesi coinvolte (Acerenza, Caserta, Foggia, Melfi – Rapolla – Venosa, Nardò – Gallipoli, Oppido M. – Palmi, Ragusa, Saluzzo, Teggiano – Policastro, Trani – Barletta – Bisceglie), è stato possibile raccogliere le storie, ricostruire il profilo, individuare le principali criticità segnalate da lavoratori non solo in termini di violazioni di diritti collegati alla prestazione lavorativa, ma anche, più in generale, dei diritti della persona.
Nato per monitorare la situazione emergenziale che soprattutto d’estate riversa nelle nostre campagne migliaia di lavoratori stranieri, il Progetto Presidio:
– ha permesso di far emergere la condizione di sfruttamento di ca. 1.300 lavoratori (al 31.12.2014, già aumentati fino a 2.000 in base all’ultima rilevazione di giugno 2015), in poco più di 6/12 mesi di attività. Mai prima di ora era stato raccolto un volume così significativo di persone illegalmente impiegate, soprattutto in agricoltura, ma anche in diversi altri ambiti (costruzioni, estrazione, confezionamento prodotti alimentari);
– numerose le nazionalità coinvolte (Burkina Faso, Ghana, Marocco, Tunisia, Romania, Bulgaria ecc.), quasi sempre provenienti da aree rurali dei rispettivi paesi, e con un livello di istruzione medio basso; una ridotta conoscenza della lingua italiana e una ancora più scarsa consapevolezza della normativa italiana e dei diritti da questa riconosciuti;
– oltre alle nazionalità subsahariane, sta sempre più emergendo la componente dei cittadini comunitari, rumeni e bulgari, che in alcuni territori sono particolarmente coinvolti nel lavoro gravemente sfruttato. All’interno delle suddette comunità si registra una significativa presenza di donne;
– le donne sono meno rappresentate nella banca dati di Presidio (erano solo 44 al 31.12.2014, ma sono arrivate a 200 al 30.06.2015) non perché non vi siano, ma per le ancora più difficili condizioni di vita e di lavoro cui vengono sottoposte, caratterizzate spesso e in misura maggiore che per gli uomini, da segregazione, violenza, sfruttamento sessuale e persino pratiche chirurgiche (finalizzate, ad esempio, a interventi abortivi);
– mediamente le persone prese in carico dal progetto Presidio sono prevalentemente uomini giovani (20/30 anni), provenienti dall’Africa subsahariana, spesso da aree rurali dei rispettivi paesi; hanno un livello di scolarizzazione medio-basso (corrispondente alla nostra scuola elementare – media).
– prima di arrivare in Italia svolgevano già un’attività lavorativa nel loro paese o in quello di transito;
– per arrivare in Italia e passare la frontiera, il 72% ha contratto un debito, prevalentemente con persone appartenenti alla loro cerchia familiare/parentale;
– il debito è col datore di lavoro e con il caporale per l’anticipo di somme di denaro, per la messa a disposizione di servizi di trasporto, di ristorazione, di alloggio.
– Le condizioni alloggiative sono molto critiche: 1 su 3 vive in una abitazione/struttura di accoglienza (parrocchie, canoniche..); 2 su 3 hanno invece una sistemazione del tutto precaria (tende, casolari diroccati, all’addiaccio..);
– Molto diffusa è la condizione di sovraffollamento: solo il 12% del campione vive da solo. Per il resto:
- il 48% coabita con un numero di persone compreso fra 1 e 10;
- il 40% coabita un numero di persone compreso fra 11 e 50;
- 15 tra i soggetti intervistati convivono con oltre 50 persone
– Agli operatori di Presidio la maggior parte delle persone ha chiesto un intervento sotto forma di:
- aiuto nella ricerca di una sistemazione alloggiativa adeguata (1 su 3 );
- orientamento sulla propria condizione e verso i servizi del territorio;
- aiuto sanitario;
- aiuto legale/amministrativo
I dati aggiornati al 30 giugno attestano una netta prevalenza, in questo ultimo periodo, di:
- orientamento sulla propria condizione e verso i servizi del territorio;
- erogazione di beni di prima necessità.
Quanto alla condizione lavorativa da Presidio è emerso che:
– si registra una sistematica violazione dei diritti del lavoro riconosciuti dall’ordinamento italiano, a partire dalla paga, dal mancato diritto al riposo, alla sicurezza sul lavoro;
– lo sfruttamento è realizzato con le più diverse pratiche: dall’utilizzo obbligatorio del mezzo di trasporto predisposto dal datore di lavoro o dal caporale, all’alloggio forzato, fino al trattenimento dei documenti;
– diffusa è anche la pratica del grigio, che dà alla prestazione lavorativa solo una veste di apparente rispetto della normativa, violandola nella sostanza, attraverso la mancata corresponsione della retribuzione indicata in busta paga, ovvero la sostituzione dell’identità del lavoratore (es: si stipula un contratto di lavoro per far figurare formalmente l’esistenza di un rapporto di lavoro, ma la prestazione è effettuata anche da persone diverse da quella titolare del contratto)
Non si può più solo parlare di stagionalità. I dati raccolti attraverso Presidio in determinate realtà dimostrano che il fenomeno è presente ormai tutto l’anno, grazie al sempre più ampio ricorso alle coltivazioni in serra e alla diffusione delle pratiche di sfruttamento in settori nascosti, in ambiti e ambienti poco visibili.
Ciò avviene in particolare nel territorio del Presidio di Trani, di Teggiano, di Ragusa, dove la presenza di immigrati vittime di sfruttamento lavorativo è radicata e stanziale, senza che per questo le condizioni lavorative siano migliori. Anzi.
Peraltro preoccupa ancora di più che le nazionalità più stanziali e più segregate sono le comunitarie: rumeni e bulgari vivono nascostamente la loro condizione di sfruttamento.
Lo stato di cittadini comunitari anziché favorirli li penalizza: vengono segregati perché non emerga la loro condizione. Una vergogna per l’Italia e per l’Europa. Ma Presidio vuole squarciare anche questo velo.