Paesi ricchi, bambini poveri: Uno su cinque non ha da mangiare

povertà bambini nel mondo

Secondo l’ultimo Report Card dell’UNICEF – Centro di Ricerca Innocenti, intitolato Costruire il futuro – I bambini e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile nei paesi ricchi, un bambino su cinque nei Paesi ad alto reddito vive in povertà economica relativa e in media uno su otto si trova ad affrontare problemi di insicurezza alimentare (1 su 5 nel Regno Unito e negli Stati Uniti e a 1 su 3 in Messico e Turchia). I bambini stanno male e soffrono anche nei Paesi più ricchi e sviluppati.

Il rapporto valuta le condizioni dei bambini in 41 Paesi ad alto reddito in relazione agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) identificati come i più importanti per il loro benessere, stila una classifica dei Paesi in base alla loro performance ed elenca le sfide e le opportunità che le economie avanzate affrontano per raggiungere gli impegni globali a favore dei più piccoli.

Secondo i dati della Report card, circa un bambino su 10 nei Paesi ad alto reddito vive in famiglie in cui nessun adulto possiede un impiego: questo numero aumenta a circa un bambino su 7 in Bulgaria, Ungheria, Nuova Zelanda, Spagna e Regno Unito e a circa uno su 5 in Irlanda. Fra i giovani fra i 15 e i 19 anni nei paesi ad alto reddito, circa 1 su 13 non lavora, non studia e non segue un programma di formazione (NEET). La quota di questi giovani inattivi è molto più alta in Europa meridionale e in America Latina, mentre i tassi più bassi si riscontrano nell’Europa settentrionale e centrale. Le misurazioni delle competenze di base nella lettura, nella matematica e nell’alfabetizzazione scientifica indicano che un quindicenne su 3 non raggiunge un livello di competenze basilare.

Nei paesi ad alto reddito, nel 2012, il suicidio è stato la principale causa di morte tra i giovani tra i 15-19 anni di entrambi i sessi, avendo provocato il 17,6% di tutti i decessi. Almeno 1 bambino su 10 nei paesi esaminati è regolarmente vittima di bullismo.

Tutti i Paesi ricchi hanno già ridotto i propri tassi di mortalità neonatale al di sotto del traguardo globale di 12 morti per 1.000 nati vivi. La Slovenia ha più che dimezzato il proprio tasso di mortalità neonatale tra il 2005 e il 2015. Nei Paesi esaminati nel rapporto diminuiscono anche la frequenza dell’ubriachezza fra gli adolescenti e il tasso di fertilità adolescenziale.

“Per alcuni indicatori – disuguaglianza di reddito, salute mentale autodichiarata degli adolescenti e obesità – il trend mostra motivi di preoccupazione nella maggior parte dei paesi ricchi”, spiega l’Unicef nella presentazione del rapporto. “In due terzi degli Stati esaminati le famiglie più povere con bambini si trovano oggi ancora più penalizzate rispetto alla media del 2008. Il tasso di obesità tra i giovani tra gli 11 e i 15 anni e il numero di adolescenti che hanno riportato di soffrire di 2 o più sintomi psicologici ogni settimana sta aumentando nella maggior parte dei paesi. Sebbene molti paesi abbiano compiuto grandi progressi su diversi indicatori, rimangono ancora profonde differenze in altre aree”.

Vediamo adesso alcuni dati che riguardano il nostro Paese. L’Italia è al 24esimo posto su 41 Paesi Ue/Ocse nella tabella generale di confronto relativa ai nove Obiettivi di sviluppo sostenibile; ricopre una posizione di eccellenza in “Pace, giustizia e istituzioni efficaci” (secondo posto) e ottiene il suo risultato peggiore nell’Obiettivo “Eliminazione della povertà” (31esimo posto). In Italia il 25,1% dei bambini vive in povertà reddituale relativa e il 51% in povertà multidimensionale (il 5° tasso più alto).

L’Italia con l’11,2% dei 15-19enni che non lavora, non studia e non segue un programma di formazione (NEET) si colloca nell’ultimo terzo della classifica per questo obiettivo (30°); il 9,7% dei minorenni vive in famiglie senza lavoro. L’Italia ha la più alta percentuale di bambini e adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 15 anni che riferiscono di soffrire di due o più sintomi psicologici più di una volta alla settimana (36,5%). Il nostro Paese, infine, ha il quarto tasso di ubriachezza più basso tra i bambini di età compresa tra 11 e 15 anni, pari al 4,4%.

“La Report Card 14 è un campanello d’allarme, che ci ricorda che anche nei paesi ad alto reddito il progresso non va a beneficio di tutti i bambini,” ha dichiarato Sarah Cook, direttrice dell’UNICEF Innocenti. “Redditi più alti non portano automaticamente a condizioni migliori per tutti i bambini, possono anzi aggravare le disparità. I governi di tutti i paesi devono agire per assicurare che le differenze vengano ridotte e che si effettuino progressi per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per i bambini”.

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Carceri, ogni sette giorni un suicidio

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Quando si parla di suicidi in carcere i numeri colpiscono sempre. Un’epidemia di cui nessuno parla. Pochi dati mettono il luce il disagio delle carceri come quello dei suicidi, un dramma che coinvolge sia i detenuti che gli agenti di custodia. Oltre al ministero, anche l’associazione per i diritti dei detenuti Ristretti orizzonti tiene traccia di questa statistica. Entrambe le fonti segnano una riduzione successiva al contenimento del sovraffollamento. Negli anni di massimo sovraffollamento, tra 2009 e 2011, si sono suicidati quasi 60 detenuti ogni anno, nel 2015 sono scesi a 39. Continue Reading

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Muore d’infarto dopo una cartella di Equitalia da mezzo milione

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Negli ultimi anni l’italiano medio è stritolato da tasse, bollette, more e ingiunzioni di pagamento. Un sistema vigliacco quello che Equitalia attua, e che sempre più spesso porta al suicidio a causa di tale persecuzione fiscale. L’ultima vittima, raccontata da Libero, è un’anziana di Feltre (comune del Bellunese) morta, in questo caso d’infarto dopo una cartella esattoriale da 528 mila euro. Ora il figlio, intervistato dal giornalista Alessandro Gonzato, disperato, sostiene che la mamma è stata vittima di un sistema spietato. Ne ricorda i sacrifici e l’impegno per la famiglia. Non ha retto alla mazzata del Fisco.

L’uomo, orfano anche di padre, ha 45 anni ed è disoccupato. Fino al 2008 era stato il contabile della ditta di famiglia. Poi, per la crisi, tutto è naufragato. L’azienda, che lavorava nel settore tessile, nei momenti migliori era arrivata ad avere quasi 150 dipendenti. Il fallimento è stato un disastro per tutti. La madre percepiva una pensione di 1.130 euro al mese, soldi che provenivano dalla propria pensione e da quella di reversibilità del marito. Secondo il figlio i conti dell’Agenzia delle Entrate sarebbero superiori ai debiti accumulati “ma questo non mi interessa, non so che conti abbiano fatto ma non sono neanche andato a litigare. Con loro non voglio avere niente a che fare”.

Dunque, al momento, non è chiaro se si tratti o meno di una cartella pazza. È soprattutto contro la sproporzione tra le modeste entrate e la richiesta da parte di Equitalia che l’uomo punta il dito: “Potevano evitare di accanirsi contro una signora che riceveva una cifra simile. Certo, mi avevano proposto una rateazione ma non ce l’avrei fatta nemmeno in dieci vite”.

Per colpa dello shock l’uomo è precipitato nel vortice della depressione, fino al ricovero nel reparto di neurologia dell’ospedale di Feltre. L’attacco a Equitalia è diretto, ma l’uomo non nega le responsabilità dell’azienda e del padre. Ammette errori di gestione e precisa che sapeva dell’esistenza di qualche debito, ma evidenzia che prima di chiudere l’attività si era premurato di liquidare tutti i lavoratori. Aveva messo la dignità e l’orgoglio davanti a tutto. Ma adesso tutto si è polverizzato attorno a lui, che cerca disperatamente un impiego che gli permetta di vivere.

Mi chiedo se questo è un Paese normale. Equitalia deve essere denunciata per stalking e induzione al suicidio. Un gesto simbolico che molti cittadini dovrebbero fare:

Laddove il contribuente moroso, depredato di ogni suo avere e della propria dignità, abbia scelto di farla finita con l’estremo gesto del suicidio a causa della persecuzione fiscale si può ravvisare una violazione dell’articolo 580“. L’articolo 580 del codice penale è proprio quello che fa riferimento ad Istigazione o aiuto al suicidio.

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