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Suicidi per crisi: Dall’inizio dell’anno 121 casi, il doppio rispetto al 2012

suicidi per crisi

Nei primi sei mesi del 2015 sono già 121 le persone che in Italia si sono tolte la vita per motivazioni economiche. Il dato è il più tragico dal 2012, anno in cui l’Università di Roma ha istituito l’Osservatorio “Suicidi per crisi economica”.

L’aggiornamento semestrale dell’Osservatorio sui suicidi diretto dal sociologo Nicola Ferrigni dell’Università Link Campus di Roma mostra dati allarmanti: quasi il doppio dei suicidi rispetto a 3 anni fa, escalation delle tragedie soprattutto nel Mezzogiorno e nel Nord-Est, aumento dei casi tra gli imprenditori, abbassamento dell’età media, crescita dei tentati suicidi di quasi il 50% rispetto al stesso periodo 2014.

Salgono così complessivamente a 560 i suicidi (e 320 i tentati suicidi) registrati in Italia per motivazioni economiche dall’inizio del 2012 a giugno del 2015. Dopo l’aumento esponenziale del numero di suicidi tra i disoccupati registrato lo scorso anno, il fenomeno (111 gli uomini che si sono tolti la vita, 10 le donne) sembra essere tornato ad interessare con maggiore forza gli imprenditori, che tornano a essere le prime vittime della crisi economica con 53 suicidi (nel semestre 2014 erano 46). Quarantatré i casi tra i disoccupati, cifra triplicata rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, 19 tra i dipendenti, mentre 3 sono i pensionati.

Schermata 2015-07-24 alle 16.32.42I primi sei mesi del 2015 registrano un vertiginoso aumento dei suicidi nel Mezzogiorno e nel Nord-Est, rispettivamente con 37 casi (erano 27 lo scorso anno) e 35 casi (contro i 26 del 2014). Calano di poco gli episodi al Centro (22 contro 23) e in maniera più significativa al Nord-Ovest (20 contro 26) mentre sono quasi dimezzati i casi nelle Isole (7). Dall’analisi emerge che, dal 2012 a oggi, il numero più elevato di vittime tra imprenditori e titolari d’azienda si riscontra nel Nord-Est con 83 casi (a seguire il Nord-Ovest, 53), mentre nelle regioni meridionali prevale il numero di vittime tra i disoccupati, con 61 casi (segue il Centro con 50). Nel complesso, dal 2012 a oggi, il maggior numero di suicidi legati alla difficile situazione economica si registra soprattutto nel Nord-Est (146); a seguire il Sud (126), il Centro (120), il Nord-Ovest (108) e le Isole (59). Tra le regioni, il Veneto è ancora una volta l’area più colpita e con il maggiore incremento: da sola rappresenta in questo primo semestre il 23,1% del totale dei casi (lo scorso anno era al 14,8%), seguita dalla Campania, che supera la Lombardia e raggiunge un’incidenza del 15,7% (4,4 punti in più rispetto al 2014).

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Service tax: Il piano sfratti del Governo

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Nell’ultimo anno sono stati ben 15 i suicidi di persone che, non potendo più pagare l’affitto, si sono viste mettere per strada. Su 10 sfratti 9 ormai sono per morosità. Ora arriverà dal 1 gennaio la “service tax” a peggiorare ulteriormente la situazione ed a gravare sulle spalle degli inquilini. 

“Una stangata media da circa 1000 euro (da una nostra stima prudenziale) rischia di abbattersi a partire dal prossimo anno sugli inquilini. Non è ancora chiaro nei dettagli il meccanismo, ma è evidente che, a partire dal 2014, saranno a carico degli inquilini la maggior parte degli oneri relativi alla nuova tassa che, di fatto, anche negli importi, sostituirà sostanzialmente l’intera IMU oggi pagata dai proprietari. Il Governo fa finta di non sapere che l’80% degli inquilini ha un reddito lordo inferiore ai 30 mila euro (fonte Banca d’Italia), che già oggi il 90% delle circa 70.000 sentenze annue di sfratto sono per morosità (fonte ministero interno) ed infine che il Italia sono 650 mila le famiglie che hanno diritto ad una casa popolare avendone i requisiti certificati dai Comuni. In tale contesto, la sostanza è, pertanto, uno spostamento di imposizione fiscale dalla proprietà agli inquilini. Un bel regalo alla rendita immobiliare, come il taglio dell’IMU sule case invendute dei costruttori che, invece di abbassare i prezzi o offrirle alla locazione a prezzi compatibili, si vedono offrire un vantaggio fiscale iniquo salvaguardando la speculazione. Non basta per dare una parvenza di equità il maquillage di un misero intervento di rifinanziamento sul fondo sociale per gli affitti per le famiglie in difficoltà (l’1,5% del costo dell’intero provvedimento sull’IMU). Ricordiamo che lo stanziamento statale del fondo sociale per gli affitti 15 anni fa, in una situazione economica e sociale del tutto differente da oggi, era 5 volte superiore. Oggi siamo alla mancia. Consideriamo una importante affermazione della mobilitazione di questi anni, dai picchetti anti sfratto, alle mobilitazioni nelle città, alle ripetute denunce, che per la prima volta in un provvedimento statale si assuma il problema degli sfratti per morosità. Anche in questo caso, il governo, però, ha deciso di intervenire, con una misura tampone: l’introduzione di un altro fondo sociale, finanziato, tra l’altro, in maniera del tutto inadeguata, con 40 milioni di euro, insomma spiccioli. Serve tutta un’altra impostazione: la riduzione fiscale a carico della proprietà va condizionata a un reale abbattimento degli affitti, in modo da ridurre, così, strutturalmente anche il fenomeno travolgente degli sfratti per morosità, intervenendo a monte del problema e non a valle con interventi di carattere assistenziale. Un vero piano casa, misura assolutamente necessaria e urgente, dovrebbe affrontare il cuore del problema della sofferenza abitativa in Italia che è, oltre il livello troppo elevato degli affitti privati, quello della assoluta carenza di abitazioni sociali. Serve il finanziamento e il varo di un piano per 700 mila alloggi a canone sociale da realizzare attraverso una seria politica di recupero e riuso del patrimonio esistente.” Walter De Cesaris presidente dell’Unione inquilini

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Rapporto Osservasalute 2012: Italiani più longevi ma “malati” di crisi economica

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Nonostante i pessimi stili di vita della popolazione e l’aumento dei suicidi dovuti alla crisi economica, gli italiani godono ancora di buona salute. È questa in estrema sintesi la situazione che emerge dalla decima edizione del Rapporto Osservasalute (2012), un’approfondita analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane. Giunto alla sua decima edizione il Rapporto è frutto del lavoro di 184 esperti di sanità pubblica, clinici, demografi, epidemiologi, matematici, statistici ed economisti, distribuiti su tutto il territorio italiano, che operano presso Università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali.

La salute degli abitanti del Belpaese sembra per molti aspetti migliorare nonostante la crisi e i cattivi stili di vita adottati, comportamenti dannosi come sedentarietà e consumo smodato di alcolici: è questo il “paradosso degli italiani”, evidenziato anche dal trend in aumento della speranza di vita (dal 2007 al 2011 i maschi hanno guadagnato 0,7 anni e le femmine 0,5 anni), in particolare per gli uomini che riducono la distanza rispetto alle donne (trend in atto dal 1979). Continua la diminuzione del rischio di morte per le malattie circolatorie (2007-2009: la diminuzione maggiore si riscontra per entrambi i generi nella classe di età 19-64 anni, -4,65% per gli uomini e – 8,46% per le donne), tumori (2007-2009: la classe di età dove la riduzione è maggiore è 65-74anni, -6,97% per gli uomini e -8,71% per le donne), apparato digerente (2007-2009: la riduzione maggiore si riscontra per entrambi i generi nella classe di età 19-64 anni con -4,03% per gli uomini e – 8,62% per le donne)e respiratorio (2007-2009: la diminuzione maggiore tra gli uomini si riscontra nella classe di età 65-74 anni e nelle donne nella classe di età over-75 anni con valori, rispettivamente, di -3,55% e -0,55%).

Riguardo agli stili di vita, emerge un quadro in chiaro scuro: da un lato, aumentano coloro che non consumano alcolici (+3,3 punti percentuali dal 2008 al 2010) e diminuiscono i fumatori (nel 2010 fumava il 22,8% degli over-14 nel 2011 è il 22,3%), dall’altro aumentano le persone in sovrappeso e obese (dal 2002 al 2011 le persone in sovrappeso aumentano del 6,9% e quelle obese del 17,6%; nel 2011 sono rispettivamente il 35,8% e il 10% della popolazione) e i giovani che adottano comportamenti a rischio.

Un fenomeno emergente negli ultimi anni nel nostro Paese è rappresentato dallavvio precoce al consumo di alcol e dal “binge drinking” e dal consumo di alcol fuori pasto. Il dato che desta maggiore preoccupazione è quello relativo al progressivo e costante abbassamento dell’età media di avvio all’uso dell’alcol (11-12 anni, la più bassa in Europa) e il riscontro di oltre 300 mila minori di 11-15 anni di età che usano l’alcol secondo modalità rischiose e fonte di danni per la salute. Aumentano anche le fasce di popolazione a rischio, a causa del noto processo d’invecchiamento (dal 2002 al 2011 si registra un aumento del 4,7% degli anziani tra 65-74 anni e del 28,7% per gli over-75) e della presenza di una discreta quota di popolazione straniera immigrata (gli stranieri residenti in Italia sono oltre 4,5 milioni pari al 7,5% del totale dei residenti). Aumenta anche, con la complicità dell’attuale fase di complessità sociale ed economica, la sofferenza mentale degli italiani, che ricorrono sempre più di frequente al farmaco per “sedare” angosce e disagi sempre più spesso confusi con un franco disturbo depressivo: anche quest’anno prosegue, infatti, il trend di aumento del consumo di farmaci antidepressivi, come già visto nel precedente Rapporto. Il volume prescrittivo dei farmaci antidepressivi mostra un continuo aumento negli ultimi 10 anni: nel 2011 il consumo (in DDD/1000 ab die) di farmaci antidepressivi è di 36,1, contro un consumo di 8,18 nel 2000. Il trend dell’utilizzo dei farmaci antidepressivi difficilmente vedrà un’inversione di tendenza. “Ma non solo la popolazione è a rischio – avverte il professor Walter Ricciardi – il pericolo investe anche la tenuta dello stesso Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Infatti, per quanto il Ssn stia lentamente migliorando la sua efficienza economica, anche in risposta alle sempre più pressanti richieste di razionalizzazione e più di recente alla spending review, il rischio è che all’aumento dell’efficienza non corrisponda un aumento di efficacia delle cure e quindi un miglioramento degli esiti delle stesse.

La ricerca di efficienza, attuata con tagli all’offerta, in prospettiva, potrebbe comportare dei rischi per quanto riguarda l’accessibilità alle cure e di conseguenza l’efficacia del sistema nel produrre salute”. “Un dato positivo è che diminuisce la mortalità evitabile, ovvero i decessi imputabili a errori o inapproprietezze delle cure prestate dal Ssn. Nel periodo considerato nel Rapporto, tra 2006 e 2009, si è assistito a una lieve riduzione del tasso di mortalità riconducibile ai servizi sanitari: si è passati, difatti, dal 63,86 (per 100.000) del 2006 al 61,69 (per 100.000) del 2009. Queste cause di morte riguardano soprattutto gli uomini” – prosegue il professore. “Le Regioni che sul fronte della mortalità evitabile presentano la peggiore performance in tutti gli anni considerati sono Calabria (dove si è passati dal 69,95 per 100.000 del 2006 al 69,13 del 2009), Campania (dove si è passati dal 77,49 per 100.000 del 2006 al 75,68 – valore peggiore in Italia – del 2009) e Sicilia (dove si è passati dal 73,36 per 100.000 al 75,32 del 2009)”.

Continua il trend in aumento per i suicidi, sono gli uomini a togliersi più spesso la vita. Nel biennio 2008-2009, il tasso medio annuo di mortalità per suicidio è pari a 7,23 per 100.000 residenti dai 15 anni in su. Nel 77% dei casi il suicida è un uomo. Il tasso di mortalità è pari a 12,05 (per 100.000) per gli uomini e a 3,12 per le donne. Dopo il minimo storico raggiunto nel 2006 (quando sono stati registrati 3.607 suicidi) si evidenzia una nuova tendenza all’aumento negli ultimi anni di osservazione (con 3.870 suicidi nel 2009). L’incremento registrato osservato negli anni più recenti si deve pressoché esclusivamente a un aumento dei suicidi tra gli uomini per i quali il tasso è passato da 11,70 (per 100.000) nel 2006 e nel 2007 a 11,90 (per 100.000) nel 2008 e 12,20 (per 100.000) nel 2009. L’aumento della mortalità per suicidio riguarda soprattutto gli uomini tra 25 e 69 anni.

Allarmi per il futuro. Il Rapporto Osservasalute fotografa la condizione di salute degli italiani e quella del Ssn in un contesto di profonda crisi economica e di crescente incertezza per il futuro. Tali condizioni potrebbero produrre gravi conseguenze sulla salute dei cittadini, come già accaduto in altri paesi europei in profonda sofferenza come Grecia, Spagna e Portogallo, anche in considerazione dei ripetuti interventi di contenimento della spesa sanitaria attuati negli ultimi anni. Infatti negli ultimi anni il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale è cresciuto con un ritmo decisamente inferiore a quello del passato (nel 2012 +0,8 rispetto al 2011 contro una crescita del +3,4% del 2009, +2% del 2010, +1,3% del 2011). In prospettiva le Regioni stimano che gli interventi del Governo Centrale causeranno una riduzione del finanziamento, un aumento dei tagli alla spesa delle entrate da ticket per un valore complessivo di 8 miliardi a partire dal 2013 fino ad arrivare a 11 miliardi nel 2015. In più, sempre nel 2012, si è assistito a una sensibile riduzione delle strutture e dei posti letto negli ospedali (da circa 270 mila del 2004 a circa 251 mila del 2010). “L’attuale quadro di sofferenza economica che il nostro Paese sta vivendo minaccia di compromettere i progressi fatti nel corso degli anni in tutte le dimensioni del benessere della popolazione – dichiara il dottor Alessandro Solipaca, Segretario scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica di Roma – e le misure di austerità programmate per far fronte alla crisi, a livello centrale e locale, introducono pesanti tagli alla spesa pubblica, in particolare alla spesa sanitaria e sociosanitaria, minando la già precaria sostenibilità del settore. I tagli previsti potrebbero diminuire i livelli di tutela del sistema, indebolendo la sua funzionalità proprio in un periodo di recessione economica. Lo scenario prospettato si inserisce in una realtà italiana già caratterizzata da evidenti svantaggi, sia in termini di salute che di accessibilità alle cure mediche delle fasce di popolazione di livello socio-economico più basso e di forti sperequazioni territoriali che, specie per le cosiddette ‘Regioni in Piano di Rientro’, rappresentano una costante già da prima del 2008, anno in cui la crisi economica ha cominciato a sortire i suoi effetti negativi”.

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Giorni di ordinaria follia…Equi-Italia?


Dall’inizio dell’anno sono 32 i suicidi tra gli imprenditori  a livello nazionale. Questo tristissimo conteggio, seppur approssimativo e ancora provvisorio, è stato realizzato dalla CGIA di Mestre.  La Regione più colpita da questo  dramma è il Veneto: in questi primi 4 mesi del 2012, ben 10 piccoli imprenditori hanno deciso di togliersi la vita a seguito delle difficoltà economiche  incontrate in questi ultimi anni di grave crisi economica. L’ episodio di ieri a Bergamo che ha visto Luigi Martinelli fare irruzione nella sede dell’Agenzia delle Entrate armato, fortunatamente si e’ concluso senza conseguenza ma i problemi sociali rimangono e sono evidenti. Aveva un debito di solo 1000 euro, quindi non giustificabile la disperazione che lo ha portato a questo gesto dimostrativo? Bene, il punto non sono le 1000 euro ma e’ la stanchezza, l’esasperazione-disperazione della gente comune.

Con il governo Monti, da qui al 2014, pagheremo 87,3 miliardi di tasse in più, dall’ Imu fino all’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero, dalla tassa annuale sulle barche al contributo di solidarietà a carico delle pensioni superiori ai 200 mila euro. Dall’aumento di 2 euro sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aerei al taglio della deducibilità fiscale delle auto aziendali. E naturalmente all’aumento delle accise sulla benzina. Senza contare il previsto aumento dell’iva a partire dal 1 ottobre, che potrebbe far incassare allo Stato, e togliere a noi, 13 miliardi nel 2013 e 16 nel 2014.  “Ormai rischiamo di rimanere soffocati dalle tasse – afferma Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – E’ vero che il Governo Monti è  stato costretto ad intervenire in maniera molto decisa per salvare il Paese dal fallimento. Ma è altrettanto vero che si è agito solo ed esclusivamente sul fronte delle entrate. Nel salva Italia, ad esempio, l’effetto complessivo della manovra è costituito per l’81,3% da nuove entrate e solo il 18,7% da tagli alla spesa.”

Eppure, dalla sciagurata ipotesi, di introdurre un’imposta sugli sms per coprire i costi di eventuali disastri naturali, all’idea di imporre una tassa sulle bibite gassate, fino ai 100 euro chiesti a chi vola sugli aerotaxi, sembra che il governo non trovi di meglio che inventarsi una nuova imposta al giorno. E questo avviene in un Paese dove la richiesta di tagliare le spese pubbliche e gli sprechi e’ diventato un urlo, le banche che non prestano un euro e un Fisco che pretende tutto e subito.

E ci stupiamo di un giorno di ordinaria follia? Cara equitalia a buon intenditor…..

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