Greenpeace, ad aprile 2012, ha analizzato i capi d’abbigliamento di venti famose case di moda. In questa pagina riporto alcuni esempi di cosa hanno trovato, come l’uso diffuso di nonilfenoli etossilati che a contatto con l’ambiente si trasformano in composti tossici che alterano il sistema ormonale dell’uomo. Le analisi chimiche eseguite da Greenpeace su 141 articoli dei 20 principali brand di moda (Benetton, Jack & Jones, Only, Vero Moda, Blažek, C & A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H & M, Zara, Levi, Victoria ‘s Secret, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl) dimostrano il collegamento tra gli impianti di produzione tessile, principali responsabili dell’avvelenamento dei corsi d’acqua, e la presenza di sostanze chimiche pericolose nei prodotti finali.
E’ importante sottolineare che per i livelli di sostanze chimiche trovati nei vestiti non è noto se costituiscano un rischio diretto per la salute di chi li indossa. Quando vengono rilasciate nell’ambiente, però, queste sostanze possono avere effetti pericolosi sulla salute dell’uomo e di altri organismi. Per risolvere il problema, le grandi aziende della moda devono eliminare completamente queste sostanze dai tessuti e trovare delle alternative sicure per produrre i propri capi d’abbigliamento.
“Vendendo prodotti contaminati da sostanze chimiche pericolose, le marche più famose del fashion ci stanno trasformando in vittime inconsapevoli della moda che inquina. Le sostanze trovate da Greenpeace, infatti, contribuiscono all’inquinamento dei corsi d’acqua in tutto il mondo, sia durante la produzione che nel lavaggio domestico” – ha spiega Li Yifang, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Asia orientale.