L’Italia ha bisogno di lavoro, non di carri armati e missili

 lobby delle armi

In questi giorni la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha iniziato a occuparsi del decreto della presidenza del consiglio che deve decidere la ripartizione di 46 miliardi di un fondo di investimenti (previsti fino al 2032) che la scorsa legge di bilancio aveva stanziato per sostenere interventi in tanti ambiti: trasporti, ricerca, periferie, difesa del suolo, lotta al dissesto idrogeologico, edilizia scolastica, bonifiche, informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria, ecc. ecc.

Di Difesa e armi non si parlava. Invece nella tabella del decreto in distribuzione si legge che 9.988.550.001 (il 22% del totale) saranno destinati al ministero della Difesa. Un aumento di circa 800 milioni l’anno per il budget della Difesa. Continue Reading

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#F35diteciperché spendere 14 miliardi di euro

#F35diteciperché-Governo-Renzi-caccia-F35

Nei prossimi giorni la Camera dei Deputati tornerà a discutere, con possibilità di decidere, sulla questione dei caccia F35. La società italiana è divisa su molti temi ma sugli F-35 ha mostrato un’opinione se non unanime, almeno ampiamente condivisa e trasversalein grandissima parte pensa che portare avanti il programma di acquisto degli F-35 sia un errore. Oggi più che mai abbiamo bisogno di pace e di non guerra, di servizi sociali e non di armi, di sicurezza sociale e non di missioni militari. La società italiana reclama democrazia, riforme tangibili e scelte coraggiose: chiede di cambiare verso in modo chiaro, senza ambiguità, senza esitazioni e nella direzione giusta.

Con questo appello la campagna “Taglia le ali alle armi” intende sostenere tutte le iniziative parlamentari finalizzate a bloccare tale scelta sbagliata, puntando alla cancellazione definitiva di questo programma.

“Si taglia su tutto ma non sulle spese militari. Se proprio dobbiamo fare dei tagli facciamo quelli giusti! Eliminiamo i veri sprechi: rinunciamo agli F-35. Cancellare il programma di acquisto degli F-35 sarebbe uno dei modi migliori per dimostrare che le promesse di cambiamento vengono mantenute, che la distanza tra la società e chi la governa può ridursi, che una volta tanto i diritti della maggioranza dei cittadini possono prevalere sugli interessi e i privilegi delle caste militari e delle aziende che producono strumenti di morte.

Cancellare il programma di acquisto degli F-35 sarebbe oggi una scelta davvero popolare ma dal Governo e dal Parlamento arrivano segnali discordanti e contraddittori, dichiarazioni e prese di posizione che un giorno sono incoraggianti e il giorno dopo riconfermano gli errori degli ultimi anni.

Chiediamo al Governo e al Presidente del Consiglio di non tergiversare e fare una scelta chiara: dicano No agli F-35, scelgano di far decollare il lavoro e di mettere le ali ai diritti sociali.

La Campagna Taglia le ali alle armi, rinnovando la richiesta di un incontro urgente sulla questione al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e al Ministro della Difesa Roberta Pinotti, chiede di conoscere i motivi per cui il nostro Governo mantiene aperta l’ipotesi di acquisto dei caccia F-35 quando ne sono chiari i problemi nei seguenti dieci ambiti:

  1. ETICAMENTE: in un momento di acuta crisi economica i fondi pubblici andrebbero spesi per lavoro, scuola, welfare, sanità e non per armamenti
  2. COSTITUZIONALMENTE: si tratta di un cacciabombardiere pensato principalmente per l’attacco in profondità, non di uno strumento votato alla difesa aerea
  3. ECONOMICAMENTE: la spesa per i caccia già oggi ammonterebbe a 14 miliardi complessivi, senza contare i costi di mantenimento
  4. SOCIALMENTE: la sicurezza degli italiani non può derivare dall’aiuto alle lobby armiere ma deriva dalla soluzione dei problemi sociali
  5. TECNOLOGICAMENTE: il programma non è maturo e affidabile, i problemi e gli incidenti recenti lo dimostrano, eppure il nostro Governo sta procedendo ai primi acquisti
  6. POLITICAMENTE: sondaggi d’opinione e prese di posizione sui territori (anche da parte di Enti Locali) dimostrano la contrarietà dell’opinione pubblica a questi caccia
  7. INDUSTRIALMENTE: i favoleggiati ritorni tecnologici per l’Italia non si concretizzeranno mai e saranno residuali
  8. OCCUPAZIONALMENTE: i posti di lavoro derivanti da così tanti miliardi sono pochi e molto meno di quanti promessi: non è la maniera più efficiente per usare fondi pubblici
  9. MILITARMENTE: il programma F-35 non assolve ad alcuna necessità di difesa territoriale e ci mette sotto lo scacco di un paese estero in qualsiasi esigenza operativa futura
  10. STRATEGICAMENTE: il programma JSF è servito ad indebolire l’Europa e le sue prospettive di politica estera e di difesa comune

La Campagna invita tutti a sostenere la protesta e a premere sul Governo con un’azione anche sui social network, utilizzando l’hashtag #F35diteciperché”.


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L’invio delle armi in Iraq ci costerà 2 milioni di euro

Renzi-Iraq

Mandare le armi in Iraq ci costerà la bellezza di 1,9 milioni di euro. Lo ha riferito al Parlamento la ministra della Difesa, Roberta Pinotti. Nel 2013, abbiamo spedito in giro per il mondo armamenti per 3 miliardi di euro.

“È autorizzata per l’anno 2014, la spesa di euro 1.965.886 per il trasporto degli aiuti umanitari a favore della popolazione civile irachena effettuato nel mese di agosto, nonché per il trasporto del materiale di armamento ceduto, a titolo gratuito, alla Repubblica dell’Iraq”. È questo il testo dell’emendamento del governo presentato in aula alla Camera, sugli aiuti militari ai peshmerga curdi nell’ambito della crisi in Iraq. Dunque, solo per il trasporto delle armi si prevede una spesa di 1,9 milioni di euro. La consegna inizierà al termine della prima decade di settembre.

L’Italia ha intenzione di consegnare ai militanti curdi:

  • 100 mitragliatrici 42/59 calibro 7,62 con 100 treppiedi con 250mila munizioni
  • 100 mitragliatrici M-2 Browning calibro 12.7 con 250mila munizioni
  • 1.000 razzi per Rpg 7
  • 1.000 razzi per Rpg 9
  • 400mila proiettili calibro 7,62 per mitragliatrici di fabbricazione sovietica (confiscati dall’autorità giudiziaria durante un sequestro in mare avvenuto anni fa, nel corso del conflitto nei Balcani)

Il ministro ha sgombrato il campo dai dubbi circa la legittimità della fornitura ai curdi e l’efficienza del materiale assicurando che “le armi sono funzionanti e c’è una norma che dice che possono essere usate a fini istituzionali, dunque non vedo dove sia il problema”. La copertura finanziaria dell’emendamento viene individuata con la riduzione di spesa prevista per le missioni italiane in Afghanistan.

Rimangono però in sospeso due dubbi. La prima è chi controllerà in che mani finiscano le armi italiane, visto sia la presenza di diverse milizie curde sia perché i miliziani dello Stato Islamico hanno invaso il Nord Iraq con le armi comprate da occidentali e arabi per i ribelli “moderati” siriani, gli stessi che avrebbero venduto Steven all’Isis, il secondo giornalista americano decapitato dai miliziani.

La secondo, più grave, e che dare armi ai Curdi e dargliele direttamente, significa riconoscere il nostro coinvolgimento in un conflitto che è difficile non chiamare guerra. In poche parole, con questa mossa, siamo ufficialmente in guerra contro lo Stato Islamico. Preparaci dunque alle possibili rappresaglie islamiste che potrebbero assumere la forma di atti terroristici. L’Isis, si combatte isolandola in modo chirurgico, senza regalargli e dare per scontata nessuna alleanza, e combattendola contemporaneamente sul piano culturale, economico-logistico, e militare.

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