
Mandare le armi in Iraq ci costerà la bellezza di 1,9 milioni di euro. Lo ha riferito al Parlamento la ministra della Difesa, Roberta Pinotti. Nel 2013, abbiamo spedito in giro per il mondo armamenti per 3 miliardi di euro.
“È autorizzata per l’anno 2014, la spesa di euro 1.965.886 per il trasporto degli aiuti umanitari a favore della popolazione civile irachena effettuato nel mese di agosto, nonché per il trasporto del materiale di armamento ceduto, a titolo gratuito, alla Repubblica dell’Iraq”. È questo il testo dell’emendamento del governo presentato in aula alla Camera, sugli aiuti militari ai peshmerga curdi nell’ambito della crisi in Iraq. Dunque, solo per il trasporto delle armi si prevede una spesa di 1,9 milioni di euro. La consegna inizierà al termine della prima decade di settembre.
L’Italia ha intenzione di consegnare ai militanti curdi:
- 100 mitragliatrici 42/59 calibro 7,62 con 100 treppiedi con 250mila munizioni
- 100 mitragliatrici M-2 Browning calibro 12.7 con 250mila munizioni
- 1.000 razzi per Rpg 7
- 1.000 razzi per Rpg 9
- 400mila proiettili calibro 7,62 per mitragliatrici di fabbricazione sovietica (confiscati dall’autorità giudiziaria durante un sequestro in mare avvenuto anni fa, nel corso del conflitto nei Balcani)
Il ministro ha sgombrato il campo dai dubbi circa la legittimità della fornitura ai curdi e l’efficienza del materiale assicurando che “le armi sono funzionanti e c’è una norma che dice che possono essere usate a fini istituzionali, dunque non vedo dove sia il problema”. La copertura finanziaria dell’emendamento viene individuata con la riduzione di spesa prevista per le missioni italiane in Afghanistan.
Rimangono però in sospeso due dubbi. La prima è chi controllerà in che mani finiscano le armi italiane, visto sia la presenza di diverse milizie curde sia perché i miliziani dello Stato Islamico hanno invaso il Nord Iraq con le armi comprate da occidentali e arabi per i ribelli “moderati” siriani, gli stessi che avrebbero venduto Steven all’Isis, il secondo giornalista americano decapitato dai miliziani.
La secondo, più grave, e che dare armi ai Curdi e dargliele direttamente, significa riconoscere il nostro coinvolgimento in un conflitto che è difficile non chiamare guerra. In poche parole, con questa mossa, siamo ufficialmente in guerra contro lo Stato Islamico. Preparaci dunque alle possibili rappresaglie islamiste che potrebbero assumere la forma di atti terroristici. L’Isis, si combatte isolandola in modo chirurgico, senza regalargli e dare per scontata nessuna alleanza, e combattendola contemporaneamente sul piano culturale, economico-logistico, e militare.