Quali sono le 10 città del mondo dove gli stipendi sono più alti? La rivista Forbes ha stilato una classifica calcolando la retribuzione media oraria lorda, netta, l’incidenza delle tasse e i giorni di ferie, eccola. Continue Reading
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Economia dei lavoretti, gig economy o schiavismo?
Lo sciopero dei fattorini di Foodora ricorda quanto avvenuto questa estate a Londra, dove a scioperare sono stati i lavoratori di Deliveroo e UberEats. La gig economy, tra riproposizione del “vecchio” e elementi di novità.
Sabato 8 ottobre una cinquantina di lavoratori di Foodora, impresa attiva nel settore della consegna cibo tramite fattorini in bicicletta, sono scesi in piazza a Torino per protestare contro le condizioni di lavoro imposte dall’azienda. La vicenda ha avuto molto risalto mediatico e diversi quotidiani hanno parlato dell’azione dei lavoratori di Foodora come del primo sciopero in Italia della cosiddetta sharing economy. Continue Reading
La menzogna dei MiniJob alla tedesca
Che cosa sono i MiniJob? Qual è la funzione e lo sviluppo di queste forme di lavoro atipico? Spesso tirati in ballo, anche da Renzi. Ma le informazioni che arrivano in Italia sono sempre deformate. Vediamo perchè.
I MiniJobs nell’ordinamento del mercato del lavoro tedesco, sono paragonati alla tipologia dei lavori atipici. Attraverso l’introduzione dei MiniJobs si sono si creati, in Germania, due milioni e mezzo di posti di lavoro per bassi salari. Ma per contrappeso sono stati eliminati 340 mila posti di lavoro stabili a tempo pieno, causando gravi danni al sistema di sicurezza sociale per i bassi introiti della contribuzione per la cassa malattia.
I MiniJob rientrano tra le forme di lavoro subordinato etichettate con il nomen iuris di geringfügige Beschäftigung, ossia di lavori atipici, conosciuti nell’ordinamento tedesco sin dal 1977. Grazie alla riforma Hartz dal primo di aprile 2003 sono stati introdotte modifiche legislative creando nuove tipologie di MiniJobs (piccoli lavori).
Il numero di coloro che vivono soltanto di un MiniJobs è rimasto pressoché costante dal 2003 fino ai giorni nostri (4,9 milioni) mentre ad essere aumentato, o meglio ad essere pressoché raddoppiato è il numero dei cd. nebenjobber, ossia di coloro che uniscono ad un lavoro a tempo determinato o indeterminato anche un MiniJobs (si tratta di circa 2,7 milioni di persone).
L’aspetto positivo pare essere la riduzione del lavoro in nero e la disoccupazione: i MiniJobs, al pari del lavoro interinale e del lavoro part-time, hanno notevolmente contribuito a ridurre l’allarmante disoccupazione tedesca. Il Minijobbers senza un ulteriore impiego risulta disoccupato e più precisamente “lavoratore marginale” e può chiedere un lavoro più stabile all’ufficio del lavoro.
La critica diffusa per cui i Minijobber avrebbero salari orari da fame, a volte perfino inferiori ai 2 euro l’ora, sembra essere quanto mai demagogica. Come raccontava ai primi di ottobre la Frankfurter Allgemeine Zeitung, si tratta di casi limite, che si verificano più che altro nell’Est della Germania e contro i quali l’Agenzia federale del lavoro (BA) sta combattendo con un certo successo, viste le recenti pronunce dei tribunali del lavoro che hanno definito sittenwidrig, ossia contrario al buon costume, un salario così basso. I MiniJobs sono principalmente utilizzati nel settore commerciale da negozi, grandi magazzini, hotel e ristoranti, tutti i settori dove occorrono implementazioni temporanee del personale, ma anche in genere alle PMI.
MiniJobs del settore commerciale: retribuzione, orari e tutele sociali. Si tratta di lavori con uno stipendio massimo di 450 euro mensili e con un limite di ore (almeno formalmente) di circa 15 ore settimanali. Tuttavia, non esistendo in Germania un salario minimo gli accordi tra le parti possono sono diversi e il Minijobbers trovarsi a lavorare più ore delle 15 canoniche. Dal punto di vista giuslavoristico in genere per MiniJobber valgono le stesse regole di il settore commerciale comprende tutti i processi che non sono esercitati in case private – tradotto letteralmente dal tedesco – “per le quali si applica la famiglia cosiddetta check-procedu lavoro “normali”. Il MiniJobber ha diritto alla continuazione del pagamento del salario in caso di malattia e di ferie.
Costi per il datore di lavoro: paga il 2% al fisco e il 28% alla previdenza sociale (il 15% al fondo pensioni e il 13% per la malattia), più altri contributi di minor importi e i premi per l’assicurazione contro gli infortuni da determinarsi caso per caso). Per MiniJobber applica la stessa protezione contro il licenziamento delle lavoratrici dipendenti a tempo pieno (Protection Act) compresa la legge sulla protezione della maternità ai sensi della quale ha diritto anche a prestazioni economiche. Più precisamente, sono a carico del datore di lavoro contributi di cui le aliquote contributive sono le seguenti:
- 13% della assicurazione sanitaria obbligatoria (non si applica ai sanitari assicurati mini-cottimisti privati) e
- 15% dell’assicurazione pensionistica obbligatoria (il tasso di contribuzione dipendente contribuisce anche 3,9 punti).
L’importo a carico dei contributi del datore di lavoro:
- 0,7%prelievo U1 (rimborso delle spese per il mantenimento di retribuzione in caso di malattia) dopo la legge sulla compensazione delle spese;
- 0,14%prelievo U2 (rimborso delle spese di maternitàedivieti di occupazione durante la gravidanza), dopo la legge sulla compensazione delle spese (7);
- 0,15% prelievo U3 (contributi previdenziali insolvenza) dopo il terzo libro del codice sociale.

Escludendo l’imposta forfettaria del 2% il datore di lavoro in aggiunta al salario deve spendere 30.99% dello stesso salario.
Il prelievo U1 in Germania è un contributo obbligatorio per alcuni datori di lavoro volto a finanziare la solidarietà della compensazione per le spese del datore di lavoro per assicurare la retribuzione ai lavoratori in caso di malattia. Alla ripartizione partecipano quei datori di lavoro che occupano più di 30 dipendenti. Con questo metodo cosiddetto U1-metodo si evita che i datori di lavoro più piccoli siano troppo oberati finanziariamente per soddisfare le rivendicazioni salariali dei loro dipendenti in merito alla retribuzione durante la malattia.
Il prelievo U2 è un metodo attraverso il quale i datori di lavoro compensano gli oneri finanziari della tutela della maternità. La base giuridica è la legge sul risarcimento delle spese del datore di lavoro per il pagamento continuato del salario. Il prelievo U2 è obbligatorio dal 1 Gennaio 2006 per tutti i datori di lavoro mentre in precedenza, i datori di lavoro più grandi erano esclusi dal pagamento dei contributi e delle prestazioni.
Il prelievo U3 (assegnazione dei fondi di insolvenza) in Germania è un metodo di compensazione per finanziare il fondo di insolvenza.
In realtà l’utilizzo esteso dei Minijobs potrebbe divenire una bomba a orologeria contro il sistema pensionistico a causa del minore ammontare dei contributi versati. Stando a un rapporto del Ministero del Lavoro tedesco, le contribuzioni per la previdenza pubblica degli impiegati dei Minijobs, daranno loro diritto solo a 3,11 euro di pensione al mese per ogni anno di lavoro che moltiplicati, ad esempio per 37 anni, danno una pensione mensile di euro 115,07. Se questo ancora può valere per i Minijob nelle abitazioni private (sempreché il lavoratore rinunci al versamento della propria quota), l’impatto sulle future pensioni dei Minijobber del settore commerciale sembra essere meno devastante.
E se i Minijob li potessero utilizzare le nostre PMI? Dunque, il costo totale di un Minijobbers del settore commerciale di aggira intorno circa ad euro 7.080 annui. Ad esempio, prendiamo il costo del lavoro di un’azienda di servizi italiana anno 2014, con 7 addetti di cui 2 impiegate e 5 operai (più 4 soci lavoratori), pari a € 229.228,00 (senza conteggiare quello che alcuni ritengono il costo per IRAP) di cui € 31.590,00 imputabili al sig. Rossi e € 31.013,00 per il sig. Verdi, entrambi operai con mansioni esecutive però agevolmente sostituibili con 4 Minijobbers con orario di lavoro pari a circa 15-20 ore settimanali ciascuno. Abbiamo assunto come costo del singolo Minijobbers € 7.080 annui che moltiplicato per 4 è pari a € 28.320. Il sig. Verdi e il sig. Rossi costavano complessivamente alla nostra azienda (€ 31.013,00 + € 31.590,00) e € 62.603,00 mentre i 4 Minijobbers costerebbero € 28.320. La nostra azienda conseguirebbe un risparmio di € 62.603,00 – € 28.320,00 = 34.283,00. In percentuale la nostra azienda risparmierebbe ben il 14,95% del costo del lavoro attuale (34.283,00/229.228,00 x 100).
Il sistema pensionistico in Belgio, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia
Qual è la situazione attuale del “sistema pensioni” in Europa? Vediamo come si comporta il Belgio, la Danimarca, la Finlandia, la Norvegia, i Paesi Bassi e la Svezia.
Belgio. Il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia è pari a 65 anni (per i minatori, i marittimi ed il personale di volo dell’aviazione civile sono previsti requisiti anagrafici inferiori). Riguardo all’istituto della pensione anticipata, una riforma approvata nel dicembre del 2011 ha previsto il progressivo elevamento – con i nuovi valori a regime dal 1° gennaio 2016 e fatte salve alcune norme transitorie – del requisito anagrafico da 60 a 62 anni e di quello di anzianità contributiva da 35 a 40 anni (per i dipendenti pubblici, quest’ultimo requisito per la pensione anticipata – anch’esso interessato dal suddetto elevamento – era in precedenza pari a 5 anni); tuttavia, il requisito anagrafico resta pari a 60 anni in caso di un’anzianità contributiva di almeno 42 anni ed è pari a 61 anni nell’ipotesi di un’anzianità contributiva compresa tra i 41 e i 42 anni. Il cumulo del reddito da lavoro e del trattamento pensionistico non è illimitato; oltre un determinato importo del reddito da lavoro, viene operata una riduzione del trattamento pensionistico. Tuttavia – in base ad una modifica legislativa che necessita, al momento, ancora di un decreto attuativo -, a partire dal 2013, i soggetti che abbiano almeno 42 anni di contribuzione e 65 anni di età hanno diritto al cumulo integrale di pensione e reddito da lavoro. Il calcolo della pensione di vecchiaia avviene mediante il coefficiente di 1/45 del 60% della retribuzione di riferimento per ogni anno di contribuzione; tuttavia, l’aliquota percentuale suddetta è pari al 75% (anziché al 60%) nel caso in cui il lavoratore abbia il coniuge a carico (vi sono disposizioni particolari per i dipendenti pubblici, i marittimi ed i minatori). La retribuzione di riferimento summenzionata si calcola sulla base della media delle retribuzioni dell’intera vita lavorativa; ai fini del computo in oggetto, sono stabiliti valori minimi e massimi di tale media. Infatti, la pensione di vecchiaia minima garantita per una carriera completa (45 anni di contribuzione) ammonta, per i lavoratori dipendenti, a 13.313,61 euro annui o, in caso di coniuge a carico, a 16.636,77 euro (valori aventi decorrenza dal 1° dicembre 2012) . Il calcolo avviene in proporzione, qualora la carriera effettiva sia pari ad almeno i due terzi della carriera completa. La pensione massima (sempre con 45 anni di contribuzione) corrisponde a 25.278 euro o, in caso di coniuge a carico, a 31.597,56 euro (valori aventi decorrenza dal 1° dicembre 2012).
Danimarca. Nell’ordinamento danese, la pensione ATP costituisce un secondo livello di pensione pubblica, che si aggiunge ad un primo livello (folkepension), il quale ultimo non è connesso ad una contribuzione previdenziale. La copertura complessiva dei due livelli è, peraltro, piuttosto limitata sotto il profilo quantitativo e, in genere, essa è inferiore ad un tasso di sostituzione del 40%, in rapporto alla retribuzione media (nel Paese sono molto sviluppate le forme di previdenza complementare). Entrambi i trattamenti di pensione pubblica sono subordinati ad un requisito anagrafico di 65 anni (nel periodo 2019-2022, il requisito è progressivamente elevato fino a 67 anni). I lavoratori dipendenti rientrano obbligatoriamente nel suddetto schema previdenziale ATP, qualora abbiano tra i 16 e i 67 anni di età e lavorino più di 9 ore la settimana; per i lavoratori autonomi, invece, l’adesione a tale istituto è facoltativo (in caso di mancata opzione per il medesimo, resta naturalmente applicabile il primo livello summenzionato di pensione pubblica). Il differimento della richiesta di liquidazione della pensione ATP è incentivato, in quanto l’importo del trattamento aumenta esponenzialmente per ogni anno di ritardo (per esempio, dell’8 per cento per 1 anno e del 130 per cento per 10 anni). La misura del trattamento non è invece influenzata dal livello della retribuzione o del reddito, in quanto i contributi sono di importo fisso; essi variano soltanto in relazione al numero di ore lavorate. La contribuzione relativa ai periodi di fruizione dei congedi parentali e dell’indennità di disoccupazione è accreditata figurativamente, secondo un criterio peculiare: in base ad esso, tali periodi sono computati in misura doppia, ai fini in esame, rispetto alla loro durata reale. In base ad una disciplina valida esclusivamente per i soggetti nati prima del 1959, si può optare per uno schema di pensionamento anticipato (parziale) al compimento dei 60 anni di età, in caso di riduzione delle ore di attività lavorativa, con prosecuzione di quest’ultima: nel caso di lavoratori autonomi, per un numero di ore settimanali pari a 18,5; nel caso di lavoratori dipendenti, per un numero di ore settimanali compreso tra le 12 e le 30 (l’orario di lavoro settimanale deve essere ridotto di almeno 7 ore o di un quarto). L’importo della pensione parziale è pari a 1/37 dell’importo base per ogni ora di riduzione dell’orario settimanale (per i lavoratori autonomi, la misura della pensione parziale è pari ad un 1/37 dell’importo base moltiplicato per 18,5).
Finlandia. Nell’ordinamento finlandese, è possibile chiedere una liquidazione del trattamento pensionistico a partire dai 63 anni di età oppure a decorrere dai 62 anni, con una conseguente riduzione, in quest’ultimo caso, dell’importo, riduzione pari allo 0,6% per ogni mese mancante (al momento della decorrenza iniziale del trattamento) al compimento dei 63 anni. Tali requisiti devono, tuttavia, essere valutati anche alla luce dei criteri di calcolo del trattamento, in quanto gli eventuali periodi di contribuzione precedenti il pensionamento e compresi tra i 63 ed i 68 anni di età sono considerati in modo particolare. Infatti, alla base di calcolo – costituita dalla retribuzione annua (o dal reddito annuo da attività autonoma) – si applica una percentuale variabile a seconda dell’età anagrafica in cui si inquadra il relativo periodo. In particolare, il coefficiente annuo è pari a: 1,5% per i periodi compresi tra i 18 ed i 52 anni; 1,9% per i periodi compresi tra i 53 ed i 62 anni; 4,5% per i periodi compresi tra i 63 ed i 68 anni. Tuttavia, qualora si tratti di attività lavorativa svolta dopo la liquidazione del trattamento pensionistico, il coefficiente annuo è pari all’1,5%. La normativa prevede, inoltre, la possibilità di una liquidazione anticipata e parziale del trattamento, a decorrere dai 60 anni di età (per i soggetti nati prima del 1953, tale limite minimo era pari a 58 anni). La possibilità è subordinata alla condizione del passaggio ad una forma di lavoro a tempo parziale, con una riduzione della retribuzione precedente compresa tra il 35% ed il 70%, al requisito dello svolgimento di un lavoro a tempo pieno per almeno 12 mesi nei 18 mesi precedenti (oppure nei 24 mesi, per alcune fattispecie di sospensione del rapporto di lavoro) ed al requisito di 5 anni di attività lavorative nel corso dei 15 anni precedenti. La misura della pensione parziale in oggetto è pari al 50% della retribuzione che si perde con il passaggio al lavoro a tempo parziale.
Norvegia. Il sistema pensionistico norvegese è stato oggetto di una recente riforma complessiva, con decorrenza dal 1° gennaio 2011. La riforma concerne i soggetti nati dal 1954 in poi; per quelli nati nel periodo 1954-1962, il trattamento pensionistico sarà liquidato mediante l’applicazione, secondo un sistema proporzionale misto, del regime vecchio e di quello nuovo. La riforma prevede un sistema di pensionamento flessibile, con un limite anagrafico minimo di 62 anni di età e con un importo variabile a seconda dell’età di pensionamento. In caso, per esempio, di pensionamento a 62 anni di età, l’importo è ridotto del 40% rispetto alla soglia di riferimento dei 67 anni (si ricorda, infatti, che quest’ultima soglia costituiva il requisito anagrafico nel regime previgente). Qualora, invece, il soggetto vada in pensione oltre i 67 anni, v’è un incremento della misura del trattamento; la misura dell’incremento è crescente fino ad un’ipotesi di collocamento in quiescenza all’età di 74 anni (oltre tale limite, non v’è incremento ulteriore). Per ogni coorte di soggetti, la misura del trattamento pensionistico è definita in base al livello della speranza di vita rilevato quando essi hanno 61 anni di età (per i medesimi soggetti, i successivi incrementi della speranza di vita non rilevano ai fini della misura del loro trattamento). La pensione è cumulabile senza limiti con redditi da lavoro e può essere liquidata anche in misura parziale (in base a possibili quote del 20%, del 40%, del 50%, del 60% e dell’80%), al fine della liquidazione di un importo maggiore della restante quota in base ai summenzionati criteri.
Paesi Bassi. Nell’ordinamento dei Paesi Bassi, occorre distinguere l’istituto della pensione di vecchiaia (AOW), che è una prestazione di base a carico della finanza pubblica, legata esclusivamente alla residenza nel Paese (a prescindere dallo svolgimento di attività lavorativa), dalle prestazioni previdenziali in senso stretto. Queste ultime fanno capo a diverse casse professionali, i cui regimi pensionistici possono essere obbligatori o facoltativi. In particolare, i settori professionali che presentano un regime pensionistico obbligatorio sono: l’industria metallurgica, il settore delle costruzioni, il settore della tinteggiatura, l’agricoltura, le industrie grafiche, la ristorazione, il trasporto su strada, la marina mercantile, la pesca marittima, l’industria tessile e il settore sanitario. Riguardo alla summenzionata prestazione di base (AOW), il requisito anagrafico è interessato, a decorrere dal 2013, da un progressivo elevamento da 65 anni a 66 anni – soglia che sarà raggiunta nel 2019 – e, successivamente, a 67 anni – soglia che sarà raggiunta nel 2023 -; a decorrere dal 2024, ci saranno successivi adeguamenti in base all’evoluzione della speranza di vita. Al momento, in base al dibattito politico, appare peraltro probabile che i termini temporali della progressione da 65 a 67 anni siano modificati (con una nuova riforma legislativa) secondo una cadenza più stretta. La misura della stessa prestazione AOW è “completa” solo qualora il soggetto abbia risieduto costantemente nei Paesi Bassi nei 50 anni precedenti il compimento del requisito anagrafico. La misura “completa” è diversa a seconda della situazione familiare sottostante. Per un pensionato che viva da solo, l’importo “completo” netto è pari al 70% del salario minimo garantito; nel caso di coppie – coniugi o conviventi -, l’importo “completo” netto è pari, per ciascun soggetto, al 50% del salario minimo garantito (qualora uno dei due soggetti non abbia ancora diritto alla prestazione, l’altro percepisce un’indennità complementare).
Svezia. Nell’ordinamento svedese, la pensione di vecchiaia costituisce un secondo livello di pensione pubblica, che si combina, in vario modo, con un primo livello (garantipension), il quale ultimo non è connesso ad una contribuzione previdenziale. La misura di quest’ultimo trattamento si riduce – fino, eventualmente, all’azzeramento – nel caso in cui il soggetto percepisca anche la pensione di vecchiaia. Quest’ultima è calcolata sui contributi versati durante tutta la vita lavorativa. La base imponibile contributiva è costituita da tutti i redditi lordi da lavoro superiori ad una determinata soglia (pari a 18.612 corone svedesi annue nel 2012), senza alcun limite massimo. Esiste, invece, un limite alla retribuzione rilevante per il calcolo del trattamento pensionistico: la fascia eventualmente superiore a tale limite (pari a 409.500 corone svedesi annue nel 2012) non rileva al fine suddetto, pur essendo assoggettata alla relativa contribuzione. La misura dei contributi è pari al 18,5 per cento del reddito imponibile. Nell’àmbito di tale quota, l’equivalente di 16 punti percentuali è iscritto in un conto individuale, peraltro soltanto figurativamente, in quanto le somme relative vengono impiegate, secondo il principio della ripartizione, per pagare i trattamenti dei soggetti che sono già in quiescenza. Gli importi così accumulati vengono rivalutati annualmente, secondo un indice che segue l’evoluzione generale dei redditi. La pensione viene calcolata dividendo il capitale virtuale accumulato per un denominatore basato sull’aspettativa di vita media nella rispettiva coorte di età, identico per uomini e donne, nonché su una crescita economica presunta dell’1,6 per cento annuo. La prestazione pensionistica può essere richiesta a partire dai 61 anni, ma può essere posticipata senza limiti (fino all’età di 67 anni, il dipendente rientra nell’ordinaria tutela contro i licenziamenti). Il pensionamento con età meno elevata rispetto ai 65 anni comporta, per il meccanismo summenzionato, una riduzione del trattamento, in quanto l’aspettativa di vita è maggiore; tuttavia, a partire dai 65 anni di età, il denominatore rimane identico. La restante quota contributiva di 2,5 punti percentuali è effettivamente accantonata in conti individuali; le risorse sono investite secondo alcune indicazioni dell’interessato. Anche la liquidazione del trattamento derivante da tale quota contributiva – denominato premiepension – può essere chiesta a partire dal compimento dei 61 anni di età; si può optare per una rendita variabile, collegata al valore del fondo in cui si sia investito, oppure per la trasformazione del capitale in una rendita vitalizia di importo fisso. Sia la pensione di vecchiaia sia il trattamento suddetto di premiepension possono essere liquidati – sempre a decorrere dai 61 anni di età – in misura solo parziale, di un quarto, di un mezzo o di tre quarti – al fine di una successiva liquidazione di un importo più elevato della restante quota, in base ai meccanismi summenzionati -. Riguardo alla premiepension, il coniuge può trasferire i diritti pensionistici maturandi all’altro coniuge (purché entrambi siano residenti in Svezia), con una riduzione attualmente pari all’8 per cento; di norma, i diritti vengono trasferiti dai mariti alle mogli (anche in relazione alla maggiore speranza di vita delle donne). Il sistema pensionistico descritto è diventato operativo in tutte le sue componenti dal gennaio 2003. Tuttavia, vige un complesso regime transitorio: i nati prima del 1938 sono soggetti integralmente al precedente regime pensionistico; i nati fra il 1938 e il 1953 ricevono una pensione calcolata secondo una combinazione dei due sistemi; i nati dal 1954 sono integralmente soggetti al nuovo regime, sopra descritto.