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Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo

Bertrand-Arthur-William-Russell

“Cari concittadini (lavoratori, studenti, pensionati, disoccupati…) giustamente stufi e al limite della sopportazione,

Condividendo la preoccupazione di chi è sceso in piazza ed evitando considerazioni personali sul colore delle manifestazioni (fermo restando il rifiuto della violenza, aspetto che vogliamo ribadire), vorremmo solo condividere alcune riflessioni con voi.

Siamo pienamente in sintonia con le motivazioni alla base della protesta (corruzione e sbando della classe politica, globalizzazione, finanza e mercato selvaggi e senza limiti che strangolano il piccolo commercio locale, etc), riteniamo, tuttavia, che un’alternativa migliore debba partire da noi e che il cambiamento di questo sistema economico deve essere attuato con azioni concrete.

Con il massimo rispetto e pienamente consci della diversità delle situazioni che ognuno sta vivendo e dei drammi personali, vogliamo porre – anche in maniera provocatoria – alcune domande. Perché il punto fondamentale è chiedersi quale futuro (e quale modello di società) auspichiamo.

Commercianti, artigiani, piccoli imprenditori,

è evidente quanto la crisi che stiamo vivendo si sia abbattuta su di voi con violenza; ma vi chiediamo, quando chiudete il vostro negozio la sera, dove andate a comprare il pasto duramente sudato? All’ipermercato o in un piccolo negozio a km0 o magari da un gruppo di acquisto solidale che si rifornisce da piccoli contadini? Sapete che buona parte delle arance e dei pomodori che trovate nei supermercati sono raccolte da persone in condizioni di schiavitù, vendute ad un prezzo ridicolo dal produttore alla grande distribuzione che poi le rivende negli ipermercati vicino a casa?

Cittadini e lavoratori,

anche noi, seppure sosteniamo la riduzione della giornata lavorativa (“lavorare meno, lavorare tutti”), l’autoproduzione e la riduzione dei consumi, abbiamo bisogno di andare a lavorare, ci scontriamo con la precarietà e abbiamo il timore che i soldi che ci vengono versati in contributi non li vedremo mai; ma quando chiamiamo un elettricista o andiamo dal barbiere, chiediamo la ricevuta fiscale? Abbiamo il coraggio di spendere 20 euro in più o di rinunciare a qualche consumo – magari superfluo – scegliendo di pagare “il giusto” e premiare chi paga le tasse e contribuisce a sostenere le scuole, gli ospedali e il nostro sistema previdenziale?

Scegliamo di orientare i nostri consumi verso chi paga le persone rispettando i diritti? Se scopriamo che il pub dove andiamo regolarmente paga i suoi baristi in nero, siamo disposti a cambiare per andare in un posto dove magari la birra costa 0,50€ in più ma dove la legalità è di casa? E se quei 50 centesimi in più fossero un problema sareste disposti a far massa critica con altre persone e chiedere insieme un prezzo più basso e/o competitivo?! Non cadiamo nel qualunquismo del “tutti rubano, tutti se ne fregano…”. Alzi la mano chi è disposto a comprare dell’olio da un gruppo di acquisto solidale pagandolo 3-4 euro in più al litro, invece di quello della grande distribuzione che, seppure prodotto in Italia, è ottenuto da olive che vengono da fuori l’Europa, mentre i nostri contadini sono allo stremo!

A tutti coloro che ritengono come noi che la finanza sta distruggendo l’economia reale e le banche siano istituzioni corrotte e spesso immorali chediamo: dove avete posto i vostri risparmi? Avete pensato di investirli nell’economia reale, nelle banche etiche o in mille altri luoghi dove non saranno oggetto di speculazione? Certo, non avremo il 3-4% di interesse come promettono (e probabilmente mantengono) alcune banche on-line… vi siete chiesti cosa se ne fanno dei vostri soldi?

Anche noi, che nella vita di tutti giorni siamo presi dalle nostre difficoltà, speranze e mille impegni, vorremmo che la politica desse risposte ai nostri problemi. Ci piacerebbe vedere nei programmi politici come punti fondamentali diritti, ambiente, lotte alle speculazioni, alle mafie e tutti coloro che impediscono alle persone di poter realizzare il diritto a vivere senza patimenti e liberi di poter perseguire la propria felicità.

Dopodiché se questo non accade, dobbiamo imparare dalla frase di Ghandi “sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Le cose possiamo cambiarle anche noi dal basso e subito senza chiedere niente a nessuno (senza per questo rinunciare al nostro diritto di manifestare e urlare la nostra rabbia se necessario).

Domani forse inizia un altro giorno di proteste.

Ma possiamo anche provare a informarci di più, cambiare le nostre abitudini e costruire un nuovo futuro a partire da noi stessi e dalle nostre scelte. Ora!” Circolo MDF di Torino

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Noi Forconi

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“Abbiamo provato a farci ascoltare, abbiamo tentato ad incontrarli, abbiamo aspettato ore ed ore all’ingresso di Montecitorio. Il premier non c’era, il premier era impegnato, il premier era all’estero, il ministro era sempre occupato. Allora abbiamo pensato che per noi c’era solo la forca per salvarci dallo strozzinaggio di Equitalia e dalle banche. Da li l’idea de “I Forconi”. Così con queste motivazioni, con quest’ansia, con questa frustrazione siamo nati noi “Forconi”. Il nostro intento non è quello di scardinare lo stato, tantomeno di iniziare una rivoluzione tra fratelli d’Italia, bensì quello di farci ascoltare e di chiedere con forza a chi ingiustamente ci rappresenta di aiutarci a non sprofondare nelle viscere dell’usura, del fallimento, dell’oblio e del suicidio. Noi piccoli imprenditori vogliamo una mano vera dallo stato, desideriamo pagare il giusto allo stato.. perché è giusto che paghiamo. E’ giusto contribuire ai bisogni dello stato ma in equa misura, non possiamo più avere sul groppone un socio passivo che assorbe il 70% delle nostre risorse attive e quando c’è da pagare ci lascia sempre da soli. Con questa nostra discesa sulle strade a manifestare chiediamo con forza di aiutarci non riusciamo a portare un pezzo di pane alle nostre famiglie, non riusciamo più a pagare le tasse, non riusciamo più a lavorare perché lavoro non ce né. L’unica cosa che siamo riusciti a trovare è “una forca” dopo nulla più.” Il Popolo dei Forconi

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